È atteso a fine anno il decreto di adeguamento pensionistico sulla base delle nuove aspettative di vista Istat per il 2027-2028: quali sono le novità?
In Italia, i requisiti per l’accesso alla pensione vengono aggiornati ogni due anni in base alle variazioni dell’aspettativa di vita, sulla scorta dei dati forniti dall’ISTAT. Questo meccanismo è regolato da un processo amministrativo che si conclude con l’emissione di un decreto direttoriale congiunto da parte del Ragioniere Generale dello Stato e del Direttore Generale della Previdenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
L’adeguamento biennale dei requisiti pensionistici è direttamente legato all’andamento della longevità della popolazione. Per il biennio 2027-2028, il decreto che recepisce gli eventuali aumenti dovrà essere adottato entro il 31 dicembre 2025, tenendo conto dei dati ISTAT aggiornati. In assenza di un provvedimento legislativo che ne sospenda l’applicazione (ad esempio una norma inserita nella prossima Legge di Bilancio), l’adeguamento seguirà un iter automatico.
Sebbene non vi sia ancora certezza assoluta sulla sua adozione, è attualmente previsto che il decreto venga emanato su iniziativa congiunta del Ministero dell’Economia e del Ministero del Lavoro. L’adozione è infatti obbligatoria per legge qualora gli indicatori demografici mostrino un aumento della speranza di vita; tuttavia, se questa dovesse diminuire o restare stabile, i requisiti rimarrebbero invariati.
I primi dati provvisori relativi al 2024 sembrano indicare un incremento della speranza di vita, il che suggerirebbe un adeguamento dei requisiti di circa tre mesi. Sarà comunque necessario attendere i dati definitivi a fine 2025 per una conferma ufficiale. Il Governo ha già espresso l’intenzione di valutare la possibilità di sospendere l’adeguamento, come avvenuto nel 2019 con un intervento normativo ad hoc: il sottosegretario al Lavoro Durigon ha infatti paventato l’ipotesi di “sterilizzare” l’aumento previsto.
In termini pratici, se confermato, l’adeguamento porterebbe a un innalzamento dell’età per la pensione di vecchiaia da 67 anni a 67 anni e 3 mesi, e a un aumento della contribuzione necessaria per la pensione anticipata ordinaria da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 10 mesi a 42 anni e 1 mese per le donne.
Anche altre forme pensionistiche verrebbero interessate. La pensione contributiva anticipata passerebbe da 64 anni a 64 anni e 3 mesi (con almeno 20 anni di contributi e un assegno pari a 2,8 volte l’assegno sociale). La pensione di vecchiaia contributiva (per chi ha contributi solo dal 1996 in poi) da 71 anni a 71 anni e 3 mesi, con almeno 5 anni di contribuzione effettiva.
C’è da dire che non tutte le categorie di lavoratori subiranno questi adeguamenti allo stesso modo. In passato, lavoratori addetti a mansioni gravose o usuranti (come operai edili, infermieri turnisti, facchini, conducenti di mezzi pesanti) e lavoratori precoci (che hanno iniziato a lavorare prima dei 19 anni con almeno un anno di contributi effettivi in giovane età) sono stati esclusi dagli adeguamenti. È plausibile che anche per il biennio 2027-2028 venga mantenuta questa deroga.
Al contrario, dipendenti pubblici (ad esempio insegnanti e impiegati amministrativi), lavoratori autonomi (ad esempio liberi professionisti, medici) e gli iscritti alla Gestione Separata dell’INPS saranno probabilmente soggetti all’adeguamento, salvo nuovi interventi legislativi.
Storicamente, sono state previste anche clausole di salvaguardia per chi è già prossimo al pensionamento e per le categorie fragili, ma l’eventuale applicazione dovrà essere confermata da provvedimenti futuri.
Le previsioni ad oggi si basano esclusivamente su precedenti analoghi (es. 2019, 2021). L’effettiva adozione del decreto dipenderà dall’evoluzione demografica e dalle decisioni del legislatore nei prossimi mesi. L’orientamento attuale lascia intendere che, in assenza di uno veto normativo, l’adeguamento entrerà verosimilmente in vigore; ma il quadro resta aperto e da monitorare.