Andor – Stagione 2: la recensione

La seconda stagione di Andor è caratterizzata da una tensione crescente; un viaggio tra dubbi, silenzi e scelte che segnano la nascita della ribellione.

 

 

La seconda stagione di Andor non riparte da dove si era conclusa la prima e soprattutto non ha un andamento narrativo regolare nella sua narrazione: la struttura si articola in tre blocchi temporali distinti, ambientati a distanza di mesi, talvolta anni, che nel complesso delineano un racconto esteso su un arco di circa un quinquennio. Questa costruzione porta gradualmente lo spettatore alle soglie degli eventi narrati in Rogue One: A Star Wars Story, il film da cui questa serie prende spunto.

In questa seconda stagione seguiamo Cassian Andor mentre percorre il suo cammino verso la ribellione. I tre blocchi narrativi lo vedono coinvolto in operazioni diverse: infiltrazioni, sabotaggi e missioni sotto copertura che lo spingono sempre più vicino alla sua futura identità di combattente della Resistenza. Parallelamente, i movimenti interni all’Impero si fanno più minacciosi, mentre la Ribellione si frammenta tra cellule indipendenti e obiettivi divergenti. A muovere i fili nell’ombra rimane Luthen Rael, mentre figure come Mon Mothma e Syril Karn cercano, ciascuno a modo proprio, di influenzare il destino della galassia.

La scelta di suddividere la stagione in tre blocchi temporali netti non si rivela particolarmente felice. Le singole storie sono scritte in modo solido e ricco di componenti interessanti, riuscendo alla fine ad ottenere l’obiettivo di collegarsi a Rogue One; tuttavia, i passaggi da un segmento all’altro creano alcune zone d’ombra, lasciando solo intuire, nel corso della visione, quello che non viene narrato apertamente e generando una certa confusione che non giova al coinvolgimento.

 

 

A dare forza a questa stagione c’è senza dubbio l’atmosfera: una tensione costante e palpabile avvolge ogni episodio. I personaggi si muovono in un clima segnato dalla stanchezza, dalla disillusione e dalla fatica, ma anche da una determinazione ostinata. Che si trovino tra le fila della ribellione o tra quelle dell’Impero, tutti sembrano lottare contro un mondo che si sfalda. Le discussioni, spesso accese, generano fratture, conflitti e alleanze in bilico. In questo contesto nervoso e fragile si muove con coerenza il personaggio di Luthen Rael, interpretato con grande intensità da Stellan Skarsgård (Will Hunting – Genio Ribelle, Ronin, City Of Ghosts, King Arthur, Thor, Dune), che continua a manipolare nemici e alleati con freddezza calcolata.

Cassian, interpretato da Diego Luna (The Terminal, Milk, Flatliners, Rogue One: A Star Wars Story, Narcos: Messico), pur avvicinandosi sempre più al cuore della Ribellione, resta un battitore libero, restio a seguire gli ordini. L’attore mantiene il livello interpretativo solido e misurato già visto nella prima stagione; eppure, anche in questo secondo capitolo, il personaggio dà l’impressione di essere trascinato dagli eventi più che guidarli. Le decisioni cruciali, come accadeva già in passato, vengono spesso prese da altri, lasciandolo a subirne le conseguenze.

Numerosi sono i personaggi secondari che trovano spazio in questi dodici episodi; alcuni emergono per complessità, altri semplicemente allargano il quadro. Questo affollamento di voci e prospettive, se da un lato indebolisce un po’ il ruolo dei due personaggi principali (Cassian e Luthen), dall’altro arricchisce il racconto di sfumature e prepara con coerenza il terreno per Rogue One; tuttavia, mancano quei monologhi incisivi, quei discorsi memorabili che avevano dato forza emotiva alla prima stagione. Solo Mon Mothma, tra i personaggi storici, tenta di risvegliare le coscienze, ma con esiti piuttosto spenti: il suo intervento, più che infiammare, scivola via come una brezza in un pomeriggio afoso.

 

 

Sul piano tecnico, però, c’è poco da dire. Gli effetti speciali sono di buon livello e contribuiscono a restituire un’ambientazione viva e coerente. La colonna sonora, senza picchi, accompagna adeguatamente ogni momento, mantenendosi al servizio della narrazione senza rubare la scena.

In definitiva, la seconda stagione di Andor fa il suo dovere ma si ferma lì: svolge un compitino ben costruito ma poco ispirato. La gestione narrativa non convince fino in fondo, lasciando la sensazione che sceneggiatori e produttori abbiano preferito la prudenza all’azzardo. Si sarebbe potuto osare di più, coinvolgere maggiormente, e magari spingersi fino a mostrare i primissimi istanti di Rogue One; invece ci si ferma poco prima, mantenendo una distanza che in fin dei conti non ha senso. Manca quel guizzo, quel coraggio che avrebbe potuto rendere Andor un capitolo importante nell’universo di Star Wars.

 

Andor – Stagione 2, 2025
Voto: 5,5
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