Una versione del mitico fumetto di Goscinny e Uderzo senza il faccione di Gerard Depardieu è già una vittoria. E non è tutto qui.
L’idea di creare una serie ispirata all’iconico capolavoro del 1959 che ha generato fumetti su fumetti, film d’animazione e (pessime) trasposizioni nel cinema in carne e ossa è ottima: offre al duo dei registi Alain Chabat e Fabrice Joubert la possibilità di dipanare la trama senza l’ansia dei tempi stretti e con tutto lo spazio narrativo per creare gag attuali e divertenti. Volendo partire dalla fine, l’operazione realizzata dallo studio francese TAT Productions ci sta ma con qualche riserva.
Come si intuisce dal titolo, Asterix & Obelix: Il Duello Dei Capi, i cinque episodi sono tasselli di un mosaico che vuole restituire un’interpretazione moderna della settima storia dell’albo del 1966: Roma, dominata da Giulio Cesare, vuole furiosamente conquistare l’ultimo villaggio indipendente della Gallia, appunto quello dei due amici galli che resistono grazie alla pozione magica di Panoramix. Quando il druido perde la memoria in un incidente avvenuto nella foresta, però, i nostri antenati imperiali intravedono la possibilità di chiudere per sempre l’annosa questione.
Rispetto all’opera originale, tanti aspetti sono resi più moderni con grandi effetti scenici e risate sicure. I divi di allora, Cesare e Cleopatra, camminano a loro agio sui red carpet mentre i paparazzi del tempo scolpiscono in fretta la loro immagine sul marmo. I personaggi minori (e quindi reiventati in questa uscita) si chiamano con nomi come Metadata, Fast & Furious o Wikipedia. I duelli hanno telecronache che ricordano molto Lele Adani e Fabio Caressa. Queste sono le cose che tanto piacciono ai bambini; i genitori, invece, si godono la nostalgia di un mondo di fantasia che ha colorato la loro infanzia. Ma è su questo pubblico che qualcosa non eccelle.
Nonostante la trasposizione 3D sia buona e l’animazione scorra fluidamente, il racconto rischia di essere una mezza truffa. Perché? Perché ci sono citazioni del fumetto anni sessanta che sono veri e propri virgolettati che le persone conoscono così bene da citarle a memoria. Poi arrivano altri momenti che sono presi da altre storie, cosa che passa in sordina per i più giovani ma che è terribile per gli anzianotti dalla memoria buona. L’effetto finale è che il tutto sembra un piatto buono ma del giorno dopo, cioè tipo quelli dove metti insieme ingredienti rimediati qua e là per portare a casa il pasto.
Questo rende il prodotto mediamente alto come qualità ma non eccelso, non del tutto a fuoco. Ovviamente nessuno di noi potrà mai conoscere gli accordi contrattuali tra Netflix e i transalpini, ma la sensazione è che si trattasse di un colpo secco dove sono state giocate tutte le carte possibili per superare le visualizzazioni necessarie a nuove uscite. Per completezza d’informazione, va detto che, qualora fosse quello l’obiettivo, il risultato è stato portato a casa. Il titolo è fisso tra i primi dieci posti delle serie più viste del momento e bene informati parlano già di nuove uscite. Considerata la partenza, sarebbe bello se uscissero storie nuove sia per i piccoli che per i grandi un po’ come ha fatto la Panini recentemente.
Intanto ci godiamo tutti il personaggio della mamma di Giulio Cesare, caustica e acida come solo una vecchia zia può essere.