Dakar 18: la recensione

Sabbia, terra, pioggia e fango: queste le componenti di ogni gara fuoristrada. Dakar 18 riesce a ben rappresentare le sfide del genere, garantendo divertimento agli appassionati dei raid e dei rally.

 

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Il mondo del fuoristrada e’ un mondo particolare, difficilmente comprensibile appieno da chi non si sia mai avvicinato alle gare ed alle caratteristiche difficolta’. Le sfide sono totalmente differenti rispetto alle classiche gare di velocita’ su asfalto: la prima regola e’ di arrivare vivi, e possibilmente integri, al traguardo. Chi vi scrive ha una modesta seppur consistente esperienza nell’enduro motociclistico, e posso assicurare che anche alle basse velocita’ le gare in fuoristrada sono particolarmente pericolose. Nella realta’, ogni anno alla Dakar si contano numerose fratture, qualche ferito grave e purtroppo, a volte, qualche morto.

 

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Dakar 18 e’ la trasposizione del piu’ famoso rally raid al mondo, che da qualche anno si corre in Sud America a causa del pericolo islamico in Africa (e che nel 2020 si spostera’ in Arabia Saudita – la partenza e’ domani 4 Gennaio).
Lo scopo degli sviluppatori e’ stato quello di trasportare all’interno del gioco la gara nella sua interezza, pur dovendo venire a patti con alcune ovvie limitazioni: su tutte, rappresentare le enormi distanze percorse in ogni tappa. Ci sono riusciti? Vediamolo insieme.

 

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Nei raid le prove cronometrate avvengono su tappe lunghe diverse centinaia di chilometri, e dove la navigazione ha un peso ben maggiore della velocita’, che comunque conta tantissimo. Il mondo di gioco e’ stato riprodotto in scala ma in modo piuttosto fedele, cosi’ da permettere al giocatore di calarsi in pieno nell’atmosfera del raid. Le ambientazioni quindi variano da tappa a tappa: dalle dune sabbiose del Peru’, incubo della navigazione, ai passi di montagna Boliviani, alle veloci pianure Argentine: tutto e’ riprodotto in modo decisamente buono, tanto da lasciare senza fiato quando si scende a tutta birra lungo i pendii montagnosi o si fila velocissimi all’interno di stretti canyon rocciosi. Meno buona la resa all’interno dei ruscelli parzialmente in secca o quanto si vede nella terza tappa, percorsa su strade desertiche, dove alcune texture sembrano essere state messe nel gioco in fretta e furia e stonano parecchio. Resta il fatto che per ogni tappa e’ stata realizzata una mappa di gioco di decine e decine di chilometri quadrati liberamente percorribili, ammesso che si voglia deliberatamente perdersi per ammirare l’incredibile lavoro fatto dai programmatori nel preparare zone che nessuno mai probabilmente incrocera’.

 

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Il roadbook, strumento fondamentale per raccapezzarsi e capire quale direzione prendere, e’ preso pari pari da quello ufficiale 2018; e la sua comprensione, sebbene non impossibile, richiede un minimo di pratica. Fortunatamente avremo un copilota in grado di leggercelo e darci qualche indicazione durante la guida (a parte quando si guida una moto, ovviamente), ma questo non e’ sufficiente per rimanere sempre sulla giusta direzione; sta a noi intepretarlo e cogliere appieno quando e dove girare (“gira alla roccia per 212 gradi” puo’ mettere in difficolta’ chiunque quando di rocce ce ne sono diverse o quando occorre tenere una direzione in gradi per svariati chilometri nel mezzo del nulla). Ma il bello e’ anche qui: rallentare a volte significa non solo non danneggiare il veicolo, ma anche trovare il punto corrispondente del roadbook e poter procedere rapidamente al prossimo, senza perdere tempo o incorrere in penalita’ per aver saltato il waypoint… o ancora peggio perdersi nel mezzo del nulla.

 

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Navigare con la moto e’ un vero incubo; occorre costantemente tenere gli occhi sulla strada (o meglio sul terreno che percorriamo) e contemporaneamente al roadbook. In certe sezioni la cosa e’ veramente problematica, e perdersi e’ questione di un attimo. Il gioco non e’ crudele fino in fondo: se non siamo in grado di tornare sulla retta via, possiamo farci trasportare all’ultimo waypoint trovato con successo subendo una penalita’ di 20 minuti (comunque tantissimi) e riprendere da la’. Come qualcuno suggerisce sui forum, la prima Dakar giocata servira’ per prendere confidenza con gli ostacoli ed i punti piu’ critici, inclusa la navigazione; quindi saremo in grado di essere competitivi solo dalla seconda gara… tenendo conto che ogni tappa dura una media di un’ora, possiamo capire come l’apprendistato sia piuttosto lungo, ma per esperienza diretta vedere i progressi sulla propria pelle appaga tantissimo.

 

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Dakar 18 presenta una serie di veicoli diversi da poter utilizzare, tutte categorie realmente presenti: dalle gia’ menzionate moto e auto ai camion, fino ai recentemente introdotti e certamente meno affascinanti quad e side by side. In ogni categoria sono rappresentati solo poco piu’ di una decina di partecipanti fra i quali poter scegliere il nostro alter ego (non potremo correre col nostro nome…), ed e’ un peccato non vedere i numeri dei partecipanti diminuire tappa dopo tappa, dagli oltre 300 partenti a circa il 50% degli arrivati come nella realta’. Nel gioco non ci sono ritiri e i tempi di percorrenza dell’AI sono piuttosto allineati; inoltre, come se non bastasse avere cosi’ pochi avversari, non vedremo mai altri veicoli oltre a quelli scelti per la nostra categoria, rendendo cosi’ Dakar 18 un mondo bellissimo da vedere ma vuoto, dove la competizione e’ spesso visibile solo gettando un occhio alla classifica dei tempi in alto a sinistra. Andando molto veloci (o lenti) ci capitera’ di incrociare un avversario, ma con solo una quindicina di veicoli in gara la cosa non e’ molto frequente.

 

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Sul discorso tempi occorre aprire un capitolo a parte. Il gioco simula il trascorrere del tempo, ed anche se per noi e’ passata una sola ora e mezza, nel gioco siamo a fine giornata; perdersi e dover allungare la tappa significa fare gli ultimi chilometri di notte, con l’unica luce che arriva dai nostri fari. L’AI intanto viaggia a velocita’ impensabili su tratti estremamente scoscesi o pieni di rocce, punti in cui noi andando a quelle velocita’ danneggeremmo la macchina costringendoci a perdere tempo per le necessarie riparazioni (che l’AI raramente effettua); e nemmeno si perde mai, cosa che paradossalmente ci aiuta quando siamo in difficolta’ di navigazione (basta accodarsi per trovare la direzione giusta). L’AI e’ invece piuttosto lenta sulle strade battute ed ogni tanto capita di veder sbagliare una curva o centrare un ostacolo; tenendo comunque conto che non si parte tutti insieme, la classifica di tappa che vediamo in alto a destra non e’ mai precisissima perche’ si arriva scaglionati sui vari checkpoint.

 

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Giocando ho avuto alcune difficolta’ nel comprendere come meglio impostare le regolazioni della vettura, anche perche’ queste regolazioni sono assurdamente nascoste nella sezione “carriera” e non accessibili direttamente al bivacco (i box). Possiamo cambiare la pressione degli pneumatici o la rigidita’ delle sospensioni in piena corsa, ma almeno per la pressione l’effetto risultante e’ difficilmente tangibile. Le regolazioni sono comunque poche, e trovata quella preferita non metteremo piu’ mano alla chiave inglese.

 

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Ci sono indubbiamente dei bug non risolti: inizialmente il gioco si e’ perso l’impostazione del cambio automatico, senza un reale motivo; all’improvviso, iniziando la tappa, la macchina non entrava in seconda. Si risolve a casaccio, tornando al menu’ principale, ma visto che i caricamenti sono piuttosto impegnativi non e’ certo una cosa gradevole. In un paio di occasioni ho anche avuto dei crash del gioco, parzialmente mitigati dal fatto che c’e’ una funzione di autosave ad ogni checkpoint principale, e quindi non ho perso tantissimo (e poi e’ stata una scusa per guidare di piu’…).

 

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Un altro aspetto parzialmente rivedibile e’ la fisica del gioco; sebbene funzioni bene nella maggior parte dei casi, in specifiche occasioni lascia l’amaro in bocca, a cominciare da quando le nostre gomme sono troppo rovinate per tenere la strada: inizieremo a girarci anche a velocita’ molto basse, e la cosa ridicola e’ che piu’ andremo piano piu’ ci mettera’ la macchina ad arrestarsi completamente, come fossimo sul sapone o sul ghiaccio. Quando poi il nostro veicolo inizia a ribaltarsi si innesca un rotolamento irreale, trasmettendo la sensazione che la nostra auto si sia trasformata in un palloncino che rotola, rotola, rotola galleggiando in aria ad ogni minimo contatto col terreno. Altro caso di fisica atipica e’ l’eccessiva reazione sulle ruote posteriori che si bloccano non appena usiamo i freni, innescando sbandate che dovremo imparare a controllare. Fatta la mano con queste caratteristiche, potremo divertirci a guidare di conseguenza sfruttando anche queste situazioni (e che comunque affliggono anche l’AI).

 

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Da quanto detto si potrebbe pensare di trovarci di fronte ad un gioco non all’altezza; ed invece Dakar 18 e’ clamorosamente intrigante, affascina ed appaga una volta capito. E’ un gioco che richiede un apprendistato intenso e prolungato; come detto la prima Dakar la passeremo a capire il nostro veicolo, a come usare il roadbook, a come affrontare le difficolta’ del terreno. Stiamo parlando di circa una decina di ore passate ad acclimatarsi col gioco, un tempo enorme che spiega come mai il gioco non ha avuto un grande successo e come in molti lo abbiano abbandonato dopo poco (ed infatti gli sviluppatori non hanno prodotto un seguito). Eppure esiste una schiera di appassionati innamorati dello stile di gioco e dei meravigliosi panorami che si possono apprezzare in movimento. Da questo punto di vista il gioco ha dei punti di contatto con Euro Truck Simulator 2: le grandi distanze, il paesaggio che scorre; qui pero’ ci troviamo in gara, e ci possiamo distrarre molto meno. Giocando con un volante (praticamente d’obbligo) le vibrazioni trasmesse sono talvolta difficilmente governabili (anche se possiamo ovviamente regolare il force feedback), regalandoci momenti di sana tensione sfrecciando a quasi 200 km/h sui tratti dritti ma accidentati; c’e’ poi il momento del terrore di aver sbagliato la direzione nel waypoint precedente, di non essere sicuri di aver cambiato direzione nel posto giusto, e di dover aspettare chilometri per verificare se il prossimo waypoint coincide col roadbook, rischiando di perdere preziosi minuti in una gara che dura ore ma i cui scarti fra concorrenti si contano sulle decine di minuti.

 

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Non nascondo che avere la conferma di aver girato al momento giusto sprigiona dentro un entusiasmo clamoroso (i miei vicini apprezzeranno le mie urla) quando ti stai giocando la posizione ed un paio di minuti in meno o decine in piu’ fanno tutta la differenza del mondo. Ci sono poi quelle volte che il navigatore non conferma ma tu sei (quasi) sicuro della direzione; cosa fare, tornare indietro o continuare? Si possono infatti saltare i waypoint secondari, quelli di navigazione pura, e se per qualche motivo si riesce a ritrovare la strada si puo’ puntare ai waypoint di controllo senza subire penalita’ di tempo.

 

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Abbiamo gia’ detto della possibilita’ di danneggiare la propria vettura in seguito a scontri, cappottamenti o salti troppo alti (tipo quando si scavalla una duna a tutta velocita’, le sospensioni ringraziano). Non tutte le componenti della macchina sono riparabili, e quelle che lo sono richiedono dei “punti” ottenuti ogni volta che troviamo un waypoint. Se nella prima gara e’ ovvio che massacrerete il vostro veicolo (tanto da rischiare di finire i punti a disposizione), impratichendovi riuscirete a limitare i danni – anche perche’ riparare il veicolo durante la tappa significa avere delle penalita’ sul tempo che fanno sensibilmente la differenza.

 

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Un altro modo per perdere tempo e’ rimanere impantanati nel fango (non mollate mai il gas quando ci entrate!) o incastrati su qualche roccia. In questo caso occorre scendere e mettere dei supporti sotto le gomme, poi risalire e dare gas per tentare di trarci fuori dall’impaccio. La situazione riprende quanto avviene realmente in ogni tappa a tutti i concorrenti; qui e’ molto semplificata, ma e’ quel tocco in piu’ che arricchisce l’esperienza di gioco.

La guida e’ sempre frenetica ed adrenalinica, che si tratti di un misto veloce in terra battuta o di una navigazione nella pianura senza riferimenti, o di dune sabbiose da scavallare senza cappottarci; c’e’ costantemente tensione e finire una tappa e’ sempre fisicamente faticoso – e proprio per questo appagante al massimo.

 

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Gli sviluppatori hanno poi realizzato due DLC, totalmente gratuiti ed inaspettati, dove sono incluse due ulteriori gare, raid ufficiali dove i veri piloti tentano di qualificarsi per la Dakar. Anche qui si tratta di estesi territori di gioco completamente esplorabili, contenuti aggiuntivi che hanno richiesto impegno e tempo. C’e’ poi una modalita’ di caccia al tesoro, dove seguendo alcune indicazioni generiche dovremo trovare degli oggetti sparsi per la mappa, ed il multiplayer, oggettivamente di difficile gestione sia per la lunghezza delle tappe che per la bassa quantita’ di giocatori online. La piccola comunita’ si e’ organizzata sul canale Discord ufficiale del gioco, ed un paio di gare sono state corse fornendo sulla fiducia i propri tempi… roba cavalleresca degna dei primi anni della Dakar, quando si correva in Africa con veicoli tutt’altro che specializzati.

 

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Dakar 18 e’ un gioco che si ama o si oda; a causa delle sue imperfezioni e del suo target ristretto e’ rimasto un prodotto di nicchia, eppure una volta entrati nella sua mentalita’ si rivela un capolavoro; completare le 14 tappe e’ un’impresa che richiede notevoli sforzi di concentrazione e fisici, e che drena le energie di chi ci gioca.
Gli sviluppatori avrebbero potuto effettuare delle scelte diverse in alcuni casi, ma a loro va dato atto di aver lavorato per parecchi mesi su patch consistenti per raffinare il modello di guida e per aver regalato due DLC importanti.

 

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Fino a che un titolo analogo e piu’ profondo non arrivi sul mercato, Dakar 18 sara’ il punto di riferimento per gli appassionati del genere, e un mio personale periodico appuntamento per affrontare la piu’ grande sfida motoristica di sempre.

 

Dakar 18, 2018
Voto: 8.5
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