Donald Trump: mire espansionistiche o messaggio politico?

Le parole di Donald Trump su Canada, Panama e Groenlandia come riportate dai media sono forse montate ad arte, ma un problema internazionale esiste davvero.

 

 

Che Donald Trump sia famoso per le sue dichiarazioni forti e talvolta scioccanti non è certo una novità; ma non lo è nemmeno il fatto che spesso e volentieri le sue parole vengano mal riportate, distorte o estratte dal contesto per dar loro un peso diverso dal significato originale. È stato il caso, negli ultimi giorni della recente campagna elettorale, delle sue presunte affermazioni sullo “sparare sulla stampa”, e lo è oggi in seguito alla sua conferenza stampa legata alla politica estera.

Chi voglia ascoltare la conferenza stampa di Trump si renderà facilmente conto di come il futuro Presidente degli Stati Uniti abbia voluto lanciare, sicuramente col suo stile eccessivamente graffiante e fuori dalle righe, un chiaro messaggio: gli USA non sono più disposti ad essere, come successo nell’attuale mandato Biden, un Paese di secondo piano nello scacchiere internazionale, e quindi vuole attuare delle misure che tutelino la salvaguardia della nazione. Il fatto di non poter escludere alcuna misura, come da lui affermato, è diverso dal voler attuare ogni misura per raggiungere i suoi obiettivi; ora, tra un affermazione che comunque non può non far alzare qualche sopracciglio ed un’invasione armata di Groenlandia, Panama e Canada ce ne passa.

La volontà di controllare la Groenlandia non è una novità per gli Stati Uniti. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il territorio danese diventò un protettorato americano dopo l’invasione della Danimarca da parte della Germania, e da allora rimane un territorio chiave sia come piattaforma di supporto per i collegamenti militari fra America del Nord ed Europa sia come prima linea in caso di escalation nucleare o convenzionale con la Russia. Inoltre la Groenlandia possiede vasti giacimenti di terre rare, quei minerali grezzi dalla scarsa disponibilità a livello planetario fondamentali per la produzione di chip e componenti tecnologici. Questi materiali, dei quali la Cina ha attualmente un quasi monopolio a livello globale, finora non sono stati qui estratti per lo spesso strato di ghiaccio a coprirli; ma con lo scioglimento dei ghiacci in corso e le nuove tecnologie che si stanno rendendo disponibili, il territorio artico diventa molto appetibile.

 

 

Il canale di Panama è un altro elemento caldo: qui l’attenzione è rivolta al governo panamense, che negli ultimi anni ha stretto accordi commerciali con la Cina tali da impensierire non solo Donald Trump ma l’intero entourage militare USA. Oltre ad essere uno dei più importanti elementi dell’economia navale a livello mondiale, il canale di Panama è un passaggio obbligato che a livello militare ha pochi pari al mondo. Si è visto di recente il caos generato dalla doppia chiusura del canale di Suez, prima per un incidente navale poi per la minaccia Houti; se il canale di Panama fosse controllato da elementi ostili agli USA, la crisi avrebbe ricadute simili se non peggiori per la Nazione a stelle e strisce, sia economicamente sia militarmente (si pensi al passaggio delle flotte statunitensi dall’oceano Atlantico al Pacifico e viceversa).
Infine il Canada, una Nazione storicamente legata agli USA per una evidente vicinanza territoriale più che culturale, ma che un certo mondo statunitense vede come una colonia. In realtà, il cardine della vicenda potrebbe vertere sul fatto che il Canada è un forte esportatore di petrolio (il 60% di quello importato dagli USA arriva da qui), di acciaio, alluminio e uranio; ed anche qui, come nel caso della Groenlandia, si tratta di uno dei pochi territori al mondo dove sono presenti terre rare in buona quantità.

Trump utilizza una dialettica dai toni eccessivi, brutali e priva di dipolomazia, cosa  che lo mette evidentemente in una posizione di distanza da chi cerca il dialogo; ma dietro le sue parole ci sono spesso motivazioni e ragioni comprensibili (sul condivisibili, che ognuno abbia la propria idea) dettatate, per lo meno in capo internazionale, da logiche chiare che seguono una propria linea conduttrice. Di certo le sue ultime affermazioni, condite con l’aut aut per i Paesi NATO di aumentare al 5% del proprio PIL nazionale le spese per la difesa, hanno come principale effetto quello di allontanare e rendere più complesse le trattative diplomatiche tra USA e le altre Nazioni.

Trump sembra iniziare il suo quadriennio entrando a gamba tesa ed in modo scomposto sulle principali vicende internazionali; resterà da capire se le sue uscite pubbliche saranno efficaci, dal suo punto di vista, per ottenere quello a cui mira: rimettere gli Stati Uniti al vertice della politica internazionale.

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