Un Godzilla di altri tempi, intento a vedersela con la razza umana, viene rielaborato e supportato da un mondo di teorie scientifiche estreme.
Questo è un lavoro che si discosta dalle ultime proposte cinematografiche e televisive per riproporre una lotta tra l’umanità ed i kaiju, ovvero le gigantesche e mostruose creature delle storie giapponesi. Un ritorno al passato che si avvicina decisamente di più alla vecchia filmografia nipponica dedicata a Godzilla.
Yun e Habero sono due tecnici della Otaki Factory, una piccola azienda che si occupa un po’ di tutto. I ragazzi vengono chiamati per risolvere un problema all’interno di una vecchia villa: si è iniziata a sentire una canzone, ma non si capisce da dove proviene. I due scoprono una stanza segreta in cui una vecchia apparecchiatura trasmette da remoto la canzone; inizia così una folle indagine che porterà i due ragazzi ad affrontare misteri oltre ogni immaginazione.
Nella stessa sera, la medesima canzone è emessa dalle apparecchiature di una ex base militare. Il responsabile contatta immediatamente un professore per indagare sull’accaduto; lo scienziato affida l’incarico ad una brillante studentessa di nome Mei. La ragazza, che ha una passione per gli esseri immaginari in grado di violare le leggi fondamentali della natura, si ritrova tra le mani un mistero scientifico di livello apocalittico.
La trama principale è studiata per indagare una serie di misteri e di enigmi pseudo-scientifici e per conquistare l’attenzione dello spettatore generando curiosità. I nostri protagonisti brancolano nel buio per una gran parte della serie, cercando in tutti i modi di trovare un filo logico conduttore per gli eventi che si susseguono in maniera tambureggiante. Sono snocciolate una serie di teorie al limite del credibile per creare quell’imbastitura misteriosa che chiameremo per comodità: la Supercazzola!
La Supercazzola è un nuovo elemento che viola le leggi naturali, fisiche e scientifiche. Il caos, le teorie quantistiche e chi più ne ha più ne metta, sono usati per giustificare l’impiego di questo elemento che permette all’umanità di poter ipotizzare scenari futuri. La scoperta fatta è folle ed ineluttabile: Godzilla. Pare che il nostro lucertolone troppo cresciuto non sia altro che un punto fermo nel destino dell’umanità.
Vi fa già male la testa? Rincuoratevi, è solo l’inizio! Per me tanto è bastato per smettere del tutto di provare a capirci qualcosa ed accettare passivamente lo scorrere della serie rimanendo stupito della follia dilagante. Se seguire la trama scientifica è complicato, non vi preoccupate perché arriva in soccorso Jet Jaguar! Un assurdo robot che concentra su di sé la parte comica della serie e che si contrappone all’architettura pseudo-scientifica della Supercazzola. Insomma una valvola di sfogo per alleggerire il racconto fin troppo cervellotico.
L’animazione è un ibrido interessante e di buona qualità. La realizzazione dei disegni è evidentemente fatta a mano, con una cura nella qualità e nel dettaglio di un certo livello. L’animazione in computer grafica è riservata ai movimenti delle mostruose creature che si susseguono durante la stagione; anche in questo caso la qualità è buona. In confronto a molte animazioni spigolose che ho visto di recente (Ultraman e Kengan Ashura su tutti), Godzilla – Punto Di Singolarità sembra aver trovato un giusto equilibrio tra uso del computer e tradizionali disegni animati.
La serie vale la pena di essere vista? Di certo è un prodotto particolare che può sorprendere in positivo tanto quanto deludere in negativo. Per lo meno è qualcosa diverso dal solito che quindi merita almeno lo sforzo iniziale per capire se può piacere o meno. Posso dire che a me, nel complesso, la serie è piaciuta; certo ho tralasciato volontariamente la comprensione della Supercazzola per evitare di avere il cervello ingrippato e di farmi uscire il classico fumo dalle orecchie.