Tra rivalutazione delle vecchie infrastrutture e realizzazione di nuove, l’Iran sta spostando sempre più il proprio baricentro economico verso l’Oceano Indiano.
I porti dell’Iran rivestono un’importanza strategica assimilabile a quella delle proprie centrali nucleari. L’analisi della loro funzione e della loro posizione permette di comprendere strategie e obiettivi di Teheran. La centralità dell’apparato portuale iraniano può essere desunta dalla grande quantità di sanzioni economiche che hanno colpito operatori e società marittime presenti nei porti iraniani: dal 2018 ad oggi le sanzioni hanno provocato una contrazione dell’export petrolifero del 66% e una diminuzione drastica del flusso di container. L’economia marittima della Repubblica Islamica non è però rimasta al palo delle sanzioni: chiusesi le porte dell’Occidente le prue iraniane hanno impostato una nuova rotta che porta ad Oriente.
Nel luglio 2021 è stato inaugurato il porto di Jask, nell’Iran meridionale, in corrispondenza del Golfo di Oman. Questa infrastruttura rappresenta il primo porto iraniano per il commercio di greggio costruito al di fuori dello Stretto di Hormuz. Questa caratteristica è la più importante da considerare: prima di Jask, infatti, il commercio di petrolio era gestito completamente all’interno del Golfo Persico, condizione che limitava l’Iran sotto il duplice aspetto strategico-securitario. Il prodotto petrolifero arriva al porto-terminal di Jask grazie alla Goreh-Jask Pipeline, oledotto di circa 1.000 chilometri con una capacità di trasporto di 350.000 barili di petrolio al giorno. Il porto di Jask ha un altissimo potenziale di rendimento: l’oleodotto Goreh-Jask è infatti ancora in fase di costruzione e può raggiungere una capacità di trasporto massima di un milione di barili di petrolio al giorno.
La prima spedizione salpata dagli ormeggi di Jask è avvenuta in un momento cruciale: nell’estate 2021 la tensione nel Golfo di Oman era massima a causa di alcuni attacchi perpetrati a danno di alcune petroliere che navigavano in acque internazionali; Stati Uniti e Israele hanno puntato subito il dito contro le milizie iraniane, le quali non hanno fatto un granché per smentire le accuse. L’inaugurazione del porto di Jask ha rappresentato una dimostrazione di forza da parte della Repubblica Islamica che ha permesso da un lato di sminuire la narrazione occidentale sull’inadeguatezza dell’expertise ingegneristico di Teheran, dall’altro il Paese mediorientale ha spostato il proprio asse geopolitico verso Oriente, in direzione di Cina ed India.
Proprio Cina ed India sono coinvolte nello sviluppo di un’altra infrastruttura portuale iraniana, il porto di Chabahar. Questo è un porto oceanico situato nella regione del Sistan e Baluchestan a poche centinaia di chilometri dal famoso porto pakistano di Gwadar. Con quest’ultimo Chabahar ha iniziato negli ultimi anni un duello per l’egemonia commerciale del Mar Indiano Occidentale. A contendersi l’avamposto iraniano ci sono appunto India e Cina. Nuova Delhi è quella che fino ad ora ha investito maggiormente sull’infrastruttura con il desiderio di aprirsi al Medio Oriente bypassando il rivale Pakistan. Ritardi protratti nei finanziamenti hanno però aperto le strade ai fondi cinesi. Pechino ha manifestato l’intenzione di includere Chabahar nella Nuova Via della Seta e punta a questo hub per espandersi verso Emirati Arabi ed Africa Orientale.
Come possiamo vedere gli interessi nei confronti delle infrastrutture portuali iraniane sono molteplici. La Repubblica Islamica in questo caso starebbe cercando di trarre il massimo vantaggio da questa situazione seguendo quella che è stata definita la “legge dell’equilibrio”: l’Iran manterrebbe quindi una posizione equidistante per sfruttare opportunità tanto dalla Cina quanto dall’India, cercando comunque un bilanciamento strategico che tenga sotto controllo l’asimmetria di potere nei confronti delle due potenze asiatiche che potrebbe rilegare l’Iran alla stregua di un partner commerciale di secondo piano ed insignificante. India e Cina hanno dimostrato all’Occidente di non curarsi delle sanzioni imposte all’Iran e, anche nei momenti di maggior tensione, hanno mantenuto con metodi più o meno palesi, i loro commerci con Teheran. Il recente ingresso del Paese mediorientale nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai conferma sempre di più la tendenza di Teheran ad aprirsi verso Oriente. L’Occidente per ora resta a guardare.