Come se servisse una conferma, gli incontri organizzati da Macron sono lo specchio di un vecchio continente giunto al capolinea; intanto Trump incassa risultati concreti.
La foto di rito del vertice ristretto tenutosi lunedì scorso è l’immagine evidente dell’inadeguatezza che oggi governa l’Europa. Con solo otto Nazioni chiamate a partecipare (Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Spagna, Danimarca, Polonia, Olanda), Macron ha tagliato corto su chi ci si aspetta che conti e chi no in Europa e più in particolare nell’Unione Europea. Si, c’erano Ursula Von Der Leyen e Antonio Costa (l’unico a sorridere, in contrasto con gli sguardi spenti o contrariati degli altri presenti) e ovviamente Mark Rutte, Segretario Generale della NATO; ma la semplice rappresentanza, quando si parla di politica internazionale, non basta.
E non basta nemmeno aver convocato un secondo vertice allargato per tentare di salvare la faccia; ormai il danno è fatto, ed è impensabile che i Paesi esclusi, specialmente quelli sulla linea del fronte nord e orientale, possano accettare di buon grado di assumere la parte dei comprimari, dei “secondi”, dei sudditi: si tratta dello stesso schema di potere utilizzato ai tempi del duetto Merkel-Sarkozy, quando Germania e Francia (e fino alla Brexit anche l’Inghilterra), spalleggiate dalle lobby finanziarie, dettavano legge all’interno di una Unione Europea unicamente votata ai mercati, rendendola un ambiente tossico per i Paesi lontano dalle leve decisionali.
Oltretutto, questo vertice di emergenza è stato convocato esclusivamente perchè in pochissime settimane Donald Trump sta accelerando la sua azione, tenendo fede agli impegni presi col suo elettorato e riallacciando i rapporti diplomatici con la Russia, gettando così le premesse per una rapida conclusione della guerra in Ucraina (anche con esiti non graditi all’Ucraina e alla stessa Unione Europea). L’annuncio del vertice di Riad è arrivato quasi come un fulmine a ciel sereno, ma senza sorprendere chi la storia non la dimentica: già nel suo precedente mandato Trump aveva normalizzato i rapporti con la Russia, logorati durante la presidenza Obama (anche in quel caso uno dei dossier più spinosi era quello ucraino). L’esclusione di Ucraina ed Unione Europea dal meeting tenutosi in Arabia Saudita è un chiaro messaggio: voi non contate nulla, a decidere saremo noi grandi superpotenze. D’altronde che in Ucraina si stia combattendo una guerra per procura non è una novità, e in ottica di alta politica internazionale non fa davvero così strano il fatto che, cambiato il vento, l’alleato di ieri venga abbandonato nella polvere. Da questo punto di vista gli USA sono maestri: basti ricordare come sono stati abbandonati a sé stessi gli sciiti dopo la prematura fine della Prima Guerra del Golfo o la vecchia classe politica italiana dopo il crollo del muro di Berlino, o ancora gli afghani sotto l’amministrazione Biden.
Donald Trump sta poi scaricando l’Europa: dal suo punto di vista è legittimo dichiarare unilateralmente che il vecchio continente debba pensare da solo a difendersi, come è corretta la sua affermazione sul fatto che il conflitto in Ucraina si poteva evitare (basterebbe ricordare la sequenza storica di eventi).
Quello che invece non si può evitare di notare è il fatto che Trump utilizzi affermazioni anche sbagliate (scientemente false?) per far presa sul suo elettorato: se è vero che spesso le sue esternazioni sono state abilmente estrapolate dal contesto o manipolate per mettergli in bocca concetti non detti, in questi giorni l’attacco diretto a Zelensky, che viene accusato di aver iniziato la guerra, di essere un dittatore e di non volere libere elezioni, ha i connotati scomposti di chi mente sapendo di mentire. Non si può non pensare ad un accordo sottobanco tra il magnate statunitense e Vladimir Putin: parlano la stessa lingua, ragionano in modo simile, sono cinici e spietati con la differenza che Trump è ancora frenato in certi suoi eccessi vivendo in una democrazia. In questo caso, probabilmente il Presidente USA sta alzando i toni, come è solito fare ultimamente, per mettere spalle al muro l’interlocutore di turno (Zelensky, non Putin) e costringerlo alla capitolazione, evento che tramite la restaurazione delle sfere d’influenza normalizzerebbe l’economia internazionale.
In fondo i fatti gli stanno dando ragione; e questo probabilmente perchè siamo entrati in un’epoca diversa, dove alla politica negoziata è subentrata quella della forza e dei muscoli. Trump sta costringendo al termine due conflitti (oltre all’Ucraina va considerata la questione Israelo-Palestinese), sta preparando un piano economico per contrastare la Cina e contemporaneamente punta a costringere i suoi vecchi alleati a sganciar moneta (non che Biden abbia agito in modo diverso: uno dei suoi obiettivi era costringerci a comprare dagli USA le quote di gas precedentemente acquistate dalla Russia).
L’Europa, che si tratti di Unione Europea o di singoli Stati, si svegli dal torpore che l’avvolge da quando la CEE si è trasformata in un’ameba politica a nome UE; già oggi siamo insignificanti sul piano internazionale, continuando così domani saremo un vassallo economico di USA, Russia o Cina.