L’Italia inizia subito ad esportare il proprio modello politico-ideologico nell’appena conquistata Albania, usando questo territorio come testa di ponte per future incursioni nei Balcani.
La conquista dell’Albania da parte del Regno d’Italia suscita forti critiche a livello internazionale, ma rientra in pieno in ciò che Mussolini ormai da molti anni dichiara e auspica per il futuro dell’Italia e degli italiani: un impero fascista padrone del mediterraneo centrale. Come nel caso della Germania nazista, la comunità internazionale si dimostra impotente e nessuna concreta azione viene intrapresa per fermare la crescente spavalderia e bellicosità di questi paesi.
La presa e la trasformazione dell’Albania da Monarchia indipendente a Protettorato italiano comporta profondissimi mutamenti all’interno della società, dell’apparato politico, militare ed economico. A livello politico, oltre alla creazione del Partito Fascista Albanese, unica forza politica ammessa e copia di quello italiano, si assiste anche all’insediamento del nuovo Primo Ministro albanese, Shefqet Vërlaci. La figura serve a dare una parvenza di normalità alla nazione, ma di fatto Shefqet è pienamente alle dipendenze dell’Italia e il suo ruolo non è che quello di assicurare una pacifica transizione sociale.
Dopo l’arrivo dei circa ventimila militari italiani facenti parte della forza di spedizione, si assiste a un lento ma costante flusso di coloni italiani che vengono a cercare fortuna nelle nuove terre italiane, grazie anche a qualche piccolo incentivo statale; non sono cifre altissime, dovendo dividere lo stanziamento fra i circa diecimila italiani che decidono di cambiare vita e iniziare da capo dall’altra parte dell’Adriatico. A questi, si aggiunge anche la forza lavoro portata dal regime per trasformare la nuova nazione: l’obiettivo è quello di costruire strade, ponti e altre infrastrutture di carattere pubblico, ma anche sfruttare le risorse albanesi che adesso de facto appartengono al Regno d’Italia.
Sul piano ideologico si assiste a qualcosa di particolare, perché lo statuto degli albanesi, pur essendo conquistati, non decade così tanto. Questo avviene perché l’intenzione degli italiani è quello da un lato di soggiogare la nazione e porsi a capo di una serie di future colonie sul modello albanese, ma nello stesso tempo soffiare sul nazionalismo albanese in chiave anti jugoslava e greca, andando ad alimentare un irredentismo albanese nei Balcani occidentali. Si guarda al quasi milione di kosovari albanesi che popolano proprio quella Jugoslavia così ambita dagli italiani, e si guarda anche all’Epiro greco, così vivido nell’immaginario collettivo italiano per le storie della Roma antica, delle gloriose battaglie contro Pirro, e guarda caso abitata da una minoranza albanese. Stona molto a sentirlo oggi, ma di fatto il regime vuole quasi equiparare albanesi ed italiani, e riesce a farlo soprattutto per quanto riguarda quegli albanesi sparsi in giro per il mondo bisognosi di supporto, e che devono per forza affidarsi al Ministero degli Affari Esteri italiano.
La scarsa resistenza, fin dal principio mal organizzata e poco efficace, è oggetto di diverse azioni italiane supportate dalle milizie albanesi collaboratrici. Si tenta fin da subito di reprimere con la forza il dissenso senza però andare ad alimentare un sentimento anti italiano, ma tentando appunto come detto prima di convogliare i sentimenti di rivalsa verso i vicini balcanici per favorire il gioco degli italiani.
Quando il Regno d’Italia entra in guerra al fianco della Germania nella tarda primavera del 1940, anche l’Albania attraverso i propri organi di governo emette un comunicato che di fatto sancisce, in virtù dell’unione con l’Italia, lo stato di belligeranza con gli Alleati. La decisione di Mussolini di usare proprio il territorio albanese come base per l’attacco alla vicina Grecia incrina i rapporti tra albanesi e italiani nell’autunno dello stesso anno. Il fulmineo attacco italo-albanese, fallito in pochissimi giorni, e la conseguente ritirata in piena autonomia del contingente albanese di supporto agli italiani verso l’interno dell’Albania, diventa motivo di scontro politico e militare tra le due nazioni. Il comando italiano critica aspramente il comportamento delle milizie albanesi e, conscio di non poter fare affidamento su questa forza, la isola in alcuni distretti impervi dell’Albania di modo che non possa intralciare ulteriormente le azioni degli italiani.
La verità è che, sia con e sia senza il supporto albanese, la campagna contro la Grecia è in partenza destinata a un enorme fallimento: le truppe non sono preparate, il terreno appare impervio e viene decisamente sottovalutata la capacità combattiva dei greci, per nulla disposti a piegarsi agli invasori italiani. Il contrattacco greco prende piede e non solo ricaccia gli italiani oltre il confine, ma riesce addirittura a occupare i territori dell’Albania meridionale, prendendo numerose cittadine e villaggi.
Con l’intervento tedesco, che dopo aver conquistato la Jugoslavia decide di aiutare l’alleato italiano e inghiottirsi completamente anche la Grecia, Mussolini inizia a trattare i nuovi confini dei Balcani occupati. Riesce ad annettere la regione del Montenegro all’interno del territorio albanese, seppur con una grande autonomia di questo nuovo territorio. L’Albania inoltre acquisisce i territori irridenti, espandendosi ai danni dei vicini greci e jugoslavi. La faida con i popoli della Jugoslavia e la nuova posizione di forza albanese porta purtroppo anche a numerose deportazioni di serbi, confinati in numerosi campi di concentramento e sottoposti a torture ed esecuzioni sommarie.
L’avventura del Regno d’Italia in territorio albanese si interrompe quasi bruscamente. Le sorti della guerra a partire dal 1942 volgono a sfavore di Germania e Italia, e con lo sbarco Alleato sulle coste italiane la situazione diventa drammatica. Si arriva così al fatidico 8 settembre 1943, con l’armistizio italiano che sgretola tutto il sistema fascista in piedi fino ad allora. La fine del Protettorato albanese coincide appunto con la conquista di questo territorio d’oltre mare da parte dei tedeschi, alleati fino a pochi giorni prima.
Il territorio albanese così come in generale tutto il territorio balcanico diventa, fino alla fine del conflitto, territorio di aspri combattimenti tra formazioni partigiane e unità dell’Asse.