Kinmen 1949: la battaglia che salvò Taiwan

Nel 1949, una piccola isola davanti alla costa cinese diventa il fulcro di uno scontro decisivo tra comunismo e nazionalismo cinese.

 

 

Nel 1949, la Cina vive uno dei momenti più critici della sua storia moderna. Dopo oltre due decenni di instabilità, guerra e divisioni interne, il conflitto tra il Partito Comunista Cinese (PCC), guidato da Mao Zedong, e il partito nazionalista Kuomintang (KMT), sotto la guida di Chiang Kai-shek, giunge al culmine. Quella che era iniziata come una fragile alleanza tra comunisti e nazionalisti contro l’invasione giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale si è rapidamente trasformata, a partire dal 1946, in una guerra civile su vasta scala. Gli Stati Uniti appoggiano il KMT, fornendo aiuti militari e logistici, mentre l’Unione Sovietica sostiene, seppur in modo più cauto, i comunisti cinesi; tuttavia, nonostante il supporto esterno, le forze del Kuomintang si rivelano incapaci di arginare l’avanzata comunista, minate dalla corruzione interna, da un’amministrazione inefficiente e da un esercito demoralizzato e logorato da anni di guerra.

Il 1º ottobre 1949, Mao Zedong proclama ufficialmente la nascita della Repubblica Popolare Cinese (RPC) a Pechino, annunciando al mondo la vittoria del comunismo sulla Cina continentale. Le truppe del PCC hanno conquistato città strategiche come Nanchino, Shanghai e Canton, ponendo fine al controllo del governo nazionalista sul territorio continentale. Chiang Kai-shek, insieme ai suoi più stretti collaboratori e a ciò che resta dell’esercito del KMT, si ritira sull’isola di Taiwan, portando con sé circa 1,5 milioni di rifugiati, funzionari governativi e militari. Lì riorganizza il governo della Repubblica di Cina (ROC), continuando a rivendicare la legittimità su tutta la Cina. La frattura si fa immediatamente profonda: sia Pechino che Taipei si considerano il solo governo legittimo del popolo cinese, e ciascuno rifiuta l’esistenza dell’altro. La nascita della RPC, dunque, non pone fine alla guerra civile, ma la trasforma in una situazione di stallo politico e militare, che perdura ancora oggi.

Taiwan, in questo periodo, non è ancora l’enclave stabile e fortificata che diventerà negli anni successivi. Il trasferimento del governo è infatti caotico, l’economia è debole, e la possibilità di un’invasione da parte delle forze comuniste rappresenta una minaccia concreta e percepita come imminente. La leadership della ROC sa che la difesa dell’isola passa anche attraverso il controllo delle isole minori che si trovano vicino alla costa continentale, come Matsu, le isole Penghu e soprattutto Kinmen (Quemoy), che dista appena una decina di chilometri dal Fujian. Queste isole sono di importanza strategica: per la RPC rappresentano un trampolino naturale verso Taiwan; per la ROC, un baluardo difensivo da cui impedire sbarchi nemici e mantenere una posizione avanzata di resistenza.

 

 

Proprio Kinmen diventa un punto nevralgico nell’ottobre del 1949, quando il comando dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) decide di lanciare un’offensiva per conquistarla. L’operazione si fonda su una valutazione errata: i comunisti ritengono che le truppe nazionaliste presenti sull’isola siano demoralizzate, scarsamente equipaggiate e in numero ridotto. Inoltre, confidano nella sorpresa e nel fatto che il morale delle truppe del PCC, galvanizzato dalle recenti vittorie, sia sufficiente a compensare eventuali difficoltà logistiche. Il piano prevede uno sbarco notturno con circa novemila uomini della 28ª armata comunista, provenienti dal Fujian, su tre diversi punti di approdo sulla costa nord-occidentale dell’isola. Nella notte tra il 25 e il 26 ottobre 1949 l’operazione prende il via, ma sin dai primi momenti l’attacco incontra gravi difficoltà. Il mare è agitato, le condizioni meteorologiche non sono favorevoli e molti dei mezzi di sbarco, composti in gran parte da giunche e imbarcazioni leggere requisiti o improvvisate, affondano o si arenano prima ancora di raggiungere la riva. Le truppe comuniste che riescono a sbarcare si trovano immediatamente isolate dal resto dell’esercito: il rifornimento via mare diventa impossibile a causa dell’intervento della marina nazionalista e dell’artiglieria costiera. Inoltre, le forze del KMT sull’isola sono molto più organizzate e determinate di quanto previsto. Il generale Hu Lien, comandante della guarnigione, ha fortificato l’isola, posizionato cannoni, blindati e difese di fanteria in punti strategici, e ha ottenuto il supporto della popolazione locale, ostile all’occupazione comunista.

I combattimenti durano tre giorni e si svolgono in un clima di intensità estrema. I villaggi si trasformano in teatri di battaglia, i campi di riso diventano trappole mortali per i soldati del PLA, che combattono senza rifornimenti, senza copertura e senza speranza di rinforzi. I nazionalisti riescono a concentrare le forze disponibili e a lanciare contrattacchi coordinati, sfruttando la superiorità logistica e la conoscenza del territorio. Molti soldati comunisti, intrappolati e senza vie di fuga, si arrendono o vengono uccisi. Alla fine degli scontri, oltre cinquemila uomini del PLA sono morti o fatti prigionieri. I nazionalisti riportano perdite più contenute, anche se comunque rilevanti. La vittoria è totale: Kinmen resta sotto controllo della ROC, e l’invasione comunista viene respinta con decisione.

La battaglia di Kinmen ha conseguenze strategiche, militari e simboliche molto significative. Sul piano militare, rappresenta il primo grave insuccesso dell’Esercito Popolare di Liberazione dopo una lunga serie di vittorie. Dimostra che l’occupazione di Taiwan e delle sue isole non è un’operazione semplice né alla portata immediata della RPC, che dovrà rivedere i propri piani d’invasione. Sul piano politico, rafforza la posizione del governo nazionalista a Taiwan, dimostrando che la resistenza è possibile e che non tutto è perduto, nonostante la fuga dal continente. La vittoria diventa anche un simbolo di legittimità e determinazione per la ROC, sia all’interno dell’isola sia a livello internazionale.
A livello geopolitico invece, Kinmen si inserisce nel più ampio contesto della Guerra Fredda, che in quel momento comincia a prendere forma in Asia: Nel giugno del 1950, quando scoppia la guerra di Corea, gli Stati Uniti, temendo che la Cina comunista possa invadere Taiwan o estendere la propria influenza, decidono di intervenire direttamente nella regione. Il presidente Truman ordina alla Settima Flotta della Marina statunitense di pattugliare lo stretto di Taiwan, impedendo ogni tentativo di invasione e trasformando di fatto Taiwan in un protettorato americano. Il conflitto interno cinese diventa così parte di una contrapposizione globale tra il blocco sovietico-comunista e quello occidentale, congelando la situazione e impedendo per decenni qualsiasi riunificazione.

 

 

Questa battaglia, decisamente non enorme o combattuta con ingenti forze, rappresenta comunque un punto di svolta fondamentale: non solo perché impedisce una possibile invasione immediata di Taiwan da parte della RPC, ma anche perché segna l’inizio di una divisione politica e territoriale che dura fino a oggi. Le due Cine, nate dallo stesso trauma storico, proseguono su binari divergenti: una, la Repubblica Popolare, si sviluppa come Stato socialista a partito unico e diventa nel tempo una superpotenza mondiale; l’altra, la Repubblica di Cina a Taiwan, evolve in una democrazia liberale con una propria identità politica, economica e culturale sempre più distinta.

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