La centesima Giornata Mondiale del Risparmio ha permesso di dare uno sguardo a come gli italiani fanno i conti la gestione delle proprie finanze.
Il report annuale prodotto da ACRI, l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria e delle Casse di Risparmio, in collaborazione con IPSOS, società di consulenza leader nel settore delle ricerche di mercato, ha recentemente presentato un’analisi socioeconomica rispetto alle scelte di investimento e di gestione dei risparmi operate dagli italiani. L’intento era quello di fotografare l’evoluzione degli aspetti economici, sociali e culturali legati al concetto di risparmio e di investimento nelle famiglie italiane, provando ad interpretare i dati raccolti su un campione di intervistati, per tracciare possibili andamenti futuri.
Partiamo da un dato fondamentale: le priorità e gli obiettivi di risparmio delle nuove generazioni non sono più le stesse di quelle precedenti, così come è cambiata la capacità percepita di risparmio del singolo. I motivi sono diversi: si va dall’aumento del costo della vita (secondo il 70% degli intervistati) ad un peggioramento delle condizioni lavorative (60%), passando per un cambiamento radicale delle prospettive e dello stile di vita cui si ambisce (60%). In generale però le aspettative per il futuro degli italiani sembrano essere cautamente positive grazie al rallentamento dei tassi di interesse, all’inflazione in calo e al superamento dello shock dopo la guerra in Ucraina. Un clima più favorevole e una maggiore fiducia allentano la stretta al portafogli, con conseguente miglioramento del tenore di vita delle famiglie, soprattutto rispetto ai livelli pre-pandemia per il 49% degli intervistati rispetto al 44% del 2018, mentre i soddisfatti della propria situazione economica aumentano dal 56% al 64%.
Questi dati fanno emergere un miglioramento dei livelli di fiducia riposta nell’economia mondiale rispetto al biennio precedente, grazie alla percezione di segnali di resilienza dei mercati finanziari globali e alla convinzione di una inevitabile ripresa, a seguito di anni segnati da una pandemia e da due conflitti mondiali che hanno trascinato a fondo l’economia.
Non si può dire lo stesso della fiducia degli italiani verso l’Unione Europea e verso l’Euro, specialmente nelle fasce d’età adulte della popolazione. Tra i giovani (fascia 18-30 anni) al contrario, il 53% mostra segni di entusiasmo le istituzioni europee. A cosa dobbiamo questo scetticismo diffuso? Oltre a fattori già noti, tra i quali una disomogeneità normativa tra gli Stati Membri che non consentirebbe di operare sempre in maniera trasparente e democratica, si aggiungono le tensioni politiche interne all’UE dopo le recenti elezioni, in merito soprattutto alle tematiche di migrazione e di gestione delle frontiere, e la percepita incapacità dell’UE di confermare la propria posizione di forza rispetto ai mutamenti e alle tensioni del contesto geopolitico. Nonostante questo, il 61% degli italiani ritiene che l’uscita dall’Europa e dall’euro possa costituire un grave errore, ma solo il 50% si attende un vantaggio competitivo nel lungo periodo grazie al mantenimento della moneta unica.
Al netto delle aspettative degli italiani verso il futuro e verso l’Europa, il report mette in luce un aspetto fondamentale: restiamo un popolo di accumulatori più che di imprenditori, con il 46% delle famiglie che risparmia ma il 63% che non investe. La cautela negli investimenti in Italia, con due terzi della popolazione che sceglie di non investire, fa parte di una condizione socioculturale antica e nota, in cui la sicurezza del denaro liquido o del bene fisico risulta impagabile rispetto ad investimenti in beni immateriali. Ciononostante, il cambio generazionale sta modificando la propensione degli italiani nella scelta degli investimenti ritenuti “sicuri”, con una lieve crescita dei più propensi al rischio (9% nel 2024 rispetto al 7% nel 2023). Questo si spiega anche grazie ai timori in merito all’esplosione della bolla immobiliare statunitense e a tassi di interesse in discesa per gli strumenti più conservativi, unitamente alla crescita della fiducia verso regole e controlli (39% nel 2024 rispetto al 36% nel 2023).
È evidente, ad ogni modo, che le scelte di consumo, risparmio ed investimento siano perlopiù dettate da timori verso il futuro piuttosto che da reali esigenze nel presente.
Fermo restando un 17% delle famiglie che non riesce ad uscire da una condizione di povertà o sopravvivenza sebbene lavori, la maggior parte delle decisioni di spesa degli italiani dipendono principalmente da valutazioni individuali e soggettive basate soprattutto sulle percezioni personali piuttosto che su una valutazione a livello finanziario rispetto al reale stato di salute del ciclo finanziario.
In fondo questo è anche comprensibile: comprendere il mondo economico di oggi non è una passeggiata.