Il piccolo Stato della Città del Vaticano ricopre ancora oggi un ruolo strategico fondamentale sullo scenario geopolitico internazionale per l’influenza che ha sui fedeli.
La Città del Vaticano è lo Stato sovrano più piccolo al mondo, con una superficie di soli 0,44 km² e una popolazione di circa 800 abitanti, ma vanta un ruolo determinante all’interno dello scacchiere geopolitico globale. La presenza millenaria sulla scena internazionale e il ruolo storico e politico di questo Stato, sono ancora oggi segni del proprio status di potenza.
Con la recente scomparsa di Jorge Mario Bergoglio, al secolo Papa Francesco, si accendono ulteriori riflettori sul piccolo Stato incastonato nel quadrante centrale di Roma. Il futuro Papa sarà Capo di Stato di un esiguo numero di cittadini ma impersonificherà la guida spirituale di quasi un miliardo e mezzo di persone in tutto il mondo; sta nello sconfinato bacino di fedeli su cui la Chiesa Cattolica può contare il peso politico della Città del Vaticano, .
La diffusione della Chiesa Cattolica permette ai pontefici di giocare un ruolo di primaria importanza all’interno di scenari che coinvolgono potenze globali e conflitti attuali; il Vaticano è un attore che dialoga costantemente con attori come Russia, Cina, Israele e Stati Uniti, e il proprio indirizzo politico è sempre tenuto in considerazione nelle agende di queste ed altre potenze. Le posizioni del Vaticano sotto il pontificato di Papa Bergoglio hanno complicato i rapporti con Mosca e Tel-Aviv, che comunque faticano a fare a meno del dialogo con la Santa Sede, mentre Pechino esercita crescenti pressioni sulla Chiesa Cattolica, in particolare riguardo all’accordo per la nomina dei vescovi in Cina siglato nel 2018 e prorogato recentemente.
Nei suoi dodici anni di pontificato, Papa Francesco ha provato a indicare ulteriori direzioni per la geopolitica della Città del Vaticano: una maggiore attenzione è stata riservata alla cosiddette “periferie” del mondo, privilegiando l’attenzione su contesti geografici prima ritenuti marginali come l’Africa Centrale e il Sud-Est Asiatico, e con una visita a Lampedusa chiaro segnale sul fenomeno migratorio. Non è un caso che il Conclave che a Maggio si riunirà per eleggere il nuovo Pontefice sia il più geograficamente eterogeneo che si sia mai visto: la compagine europea resta la più rappresentata ma la percentuale di Cardinali provenienti da Africa e Asia è aumentata notevolmente rispetto a dodici anni fa.
Il Vaticano nella propria politica estera attua delle strategie diverse rispetto agli altri Stati, cercando di non interessarsi al dibattito politico-militare ma privilegiando questioni etiche globali. La diplomazia orientata a soluzioni di pace è l’obiettivo che il Governo di San Pietro si prefigge, e i fedeli distribuiti nel mondo sono l’arma di pressione con la quale tale obiettivo viene perseguito.
Non esiste Stato occidentale che non debba interfacciarsi con il Vaticano per questioni di primaria importanza sulla scena internazionale, e la presenza di oltre centosettanta delegazione ai funerali di Papa Francesco sono la dimostrazione di come i rapporti diplomatici con la Santa Sede siano vitali per quasi tutti i Paesi del mondo.
Non è scontato prevedere quale direttrice strategica prenderà il prossimo pontificato; l’elezione del nuovo Papa sarà fondamentale per capire la futura geopolitica vaticana. In questo momento le relazioni internazionali sono molto frammentate e un approccio più sobrio del nuovo Pontefice potrebbe accelerare la lacerazione del multilateralismo a cui stiamo assistendo; contrariamente, la pressione esercitata dal Vaticano potrebbe essere utile su molti tavoli negoziali che dall’Ucraina al Medio Oriente interessano le potenze occidentali.