Ladri di Saponette: la recensione

Un soggetto geniale non si trasforma nel miglior film di Maurizio Nichetti, per quanto la pellicola regali spunti di riflessione sul mondo della pubblicità.

 

 

Maurizio Nichetti è una delle più apprezzabili menti del mondo cinematografico italiano degli anni ’80-’90. I suoi primi tre film da regista (Ratataplan, Ho Fatto Splash e Domani Si Balla!) sono dei capolavori poco conosciuti, limitati nella distribuzione dal loro formato molto cerebrale rispetto ad altri film molto più abbordabili che uscirono all’epoca nelle sale.

Ladri Di Saponette è il suo quinto film. Uscito nel 1989, il film vede una realizzazione atipica che mescola Nichetti regista intervistato all’interno del film per presentare proprio il film che stiamo vedendo, Ladri Di Saponette; il tutto è condito dalle solite gag riuscite di Nichetti e da situazioni al limite del surreale. Il film si trasforma in un lungometraggio drammatico in bianco e nero, un evidente richiamo a Ladri Di Biciclette, il famosissimo film di Vittorio De Sica del 1946. La storia è più o meno la stessa fino a quando nello studio televisivo che gestisce la messa in onda avviene un black-out, dopo il quale avviene qualcosa di strano; il mondo del film si mescola con quello della pubblicità e con quello reale, dando vita ad una serie di situazioni fuori di testa come solo Nichetti sa concepire.

 

 

Il problema di Ladri Di Saponette è che il film è lentissimo, e la fase iniziale, quella che ricalca il film di De Sica, è fin troppo lunga. Sebbene questo secondo aspetto sia giustificato dal fatto che per motivi di trama il pubblico deve entrare in sintonia coi personaggi, conoscendone storia e carattere, il risultato è che si assiste ad un film drammatico di media fattura attendendo che accada qualcosa di divertente. Questo di tanto in tanto avviene, ma troppo sporadicamente, ed anche quando la storia prende una svolta decisa ci si accorge di essere ben lontani dall’esplosività del primo Nichetti, sia come attore che come regista.

 

 

Il film non è comunque brutto, anche se va trattato più come una testimonianza dell’epoca, quando le emittenti private iniziarono ad interrompere i film per passare la pubblicità e feroci si levarono le critiche di registi e cinefili (partita persa, purtroppo, fino all’avvento delle pay-tv). Siamo lontanissimi dalla cattiveria, dalla durezza e dallo stupendo smascheramento del mondo della pubblicità che abbiamo visto in Consigli Per Gli Acquisti (di 13 anni più recente), ma certo i germi per quel tipo di critica sono presenti in questo film di Nichetti.

Accanto al poliedrico artista milanese troviamo una sorprendente Caterina Sylos Labini (Drive In, Stefano Quantestorie, Figli Di Annibale, Natale A Rio), il giovanissimo Federico Rizzo (Il Bambino e Il Poliziotto) ed uno dei volti più affidabili di quegli anni, quel Renato Scarpa presente con parti sempre ben ricoperte fin dai primi anni ’70 (Un Sacco Bello, Ricomincio Da Tre, Spaghetti House, Così Parlò Bellavista, Il Mistero Di Bellavista, Volere Volare, Stefano Quantestorie, Sud, Habemus Papam). Camei per Lella Costa, Claudio Fava ed Ernesto Calindri, fantastici nei loro ruoli (e nel non prendersi sul serio).

 

 

Ladri Di Saponette è un film che non va valutato in quanto storia fine a se stessa; non eccezionale come commedia, è utile per capire certi risvolti della società dell’epoca con un mezzo sorriso sulle labbra.

 

Ladri di Saponette, 1989
Voto: 6 (come documento storico)
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