Le ultime novità di Six Days In Fallujah non risolvono i suoi problemi

L’importante aggiunta dei compagni gestiti dall’AI aiuta parzialmente a risolvere il problema delle lobby vuote, ma i problemi tecnici rimangono evidenti.

 

 

Six Days In Fallujah è uno di quei titoli sui quali gli appassionati di simulazioni militari ripongono grandi speranze, ma dal momento del suo debutto in early access i miglioramenti sono stati molto limitati e diluiti nel tempo. Il team di sviluppo Highwire Games sta chiaramente lavorando sul suo titolo, ma serve molta pazienza per vedere arrivare sul campo quanto necessario per rendere Six Days In Fallujah un titolo davvero godibile.
Oltre ad aver iniziato a rilasciare le prime missioni legate alla campagna, la più recente introduzione è quella, tanto attesa, dei nostri compagni gestiti dall’AI: finalmente è possibile affrontare le missioni generate proceduralmente con altri fucili oltre al nostro quando ci sono pochi giocatori online. L’idea è ottima, ma l’implementazione deve però essere parzialmente rivista.

Per impartire gli ordini, invece di aprire un menu radiale come accade nella maggior parte dei giochi rilasciati negli ultimi anni o di assegnare un tasto ad ogni istruzione, standard affermato da decenni, in Six Days In Fallujah gli sviluppatori hanno deciso di associare una non modificabile serie di combinazione di tasti che rende disagevole il controllo dei nostri compagni; si può rimappare ad esempio il comando di corsa o di azione, ma per indirizzare i compagni occorre premere insieme più tasti (oltre a quello specifico per l’AI), obbligandoci spesso a spostare la mano sulla tastiera. Una modalità davvero discutibile e non intuitiva, che porta a chiedersi per quale motivo sia stata scelta questa intricata e scomoda soluzione.

 

 

Il gioco sicuramente presenta delle unicità in grado di rendere ogni volta differente la stessa identica missione: rispetto al nostro test iniziale, ora la generazione degli edifici e la dislocazione delle unità nemiche, sempre diverse, permettono a Six Days In Fallujah di garantire non solo una sfida sempre diversa, ma soprattutto ampiamente configurabile con parametri scelti dal giocatore.

Lascia però da pensare anche il fatto che una buona parte delle legnosità di Six Days In Fallujah, che abbiamo evidenziato nelle nostre prime impressioni, siano ancora presenti a un anno e mezzo di distanza dalla prima uscita del gioco. È assurdo che non si sia ancora data priorità al tasto della corsa, ed occorra invece tuttora abbassare manualmente la mira prima di poter essere liberi di sprintare. E sempre parlando di corsa, la differenza di velocità di movimento è ancora minima e misera: sembra che il nostro soldato stia costantemente trasportando un sacco da 50kg di pietre.

 

 

Non si può negare che sul motore grafico le novità ci siano state ed i miglioramenti siano evidenti. Ora il gioco gira molto più fluidamente anche a settaggi più assetati di risorse, e gli scatti che affliggevano le prime versioni del gioco sono quasi sempre alle spalle. Rimane però il fatto che ci siano dei fastidiosi bug irrisolti, a partire dal fatto che se si preme qualche tasto sbagliato durante i filmati introduttivi della missione, il gioco passa in modalità finestra interrompendo talvolta l’aggiornamento dello schermo, e per ripristinare completamente la situazione può occorrere qualche minuto. Poi ci è capitato di essere impossibilitati a cambiare il caricatore o accendere la torcia se non si è in puntamento, e talvolta abbiamo avuto l’impressione che, ricaricata la missione, il nostro fucile sparasse a salve.

 

 

C’è ancora molto da lavorare su Six Days In Fallujah: le potenzialità ci sono, e sono enormi. Il problema è che il ritmo di sviluppo del gioco e la poca reattività di Highwire Studio nel risolvere le magagne legate alla giocabilità stanno indicando ai videogiocatori di rimanere in finestra, invece di avvicinarsi ad un titolo unico nel suo genere.

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