L’introspezione in Neon Genesis Evangelion ed il finale contestato

Il capolavoro di Hideaki Anno punta molto sull’analisi dell’intimo dei protagonisti e degli spettatori; una scelta che solo i fan più sensibili hanno capito.

 

 

Quando la serie animata Neon Genesis Evangelion arrivò alla sua conclusione, nel 1995, produsse in patria un gran clamore. Se la serie si stava affermando per quel mostro sacro che poi si sarebbe rivelata, diversi motivi portarono alla produzione di due episodi finali che spiazzarono completamente gli appassionati, deludendo molti di loro e lasciandoli insoddisfatti.

Neon Genesis Evangelion è una serie basata su azione e mistero, un mistero che basa le sue fondamenta sui testi religiosi più antichi del cristianesimo e della tradizione giudaica. Attraverso questi riferimenti, Hideaki Anno è riuscito a costruire una storia estremamente affascinante e degna di essere posta allo stesso livello delle più importanti opere letterarie. Ma lo stesso Anno, durante la produzione di Evangelion, ha cambiato più volte direzione e modus operandi. Diverse le concause: dalla necessità di stare al passo con i tempi di produzione, all’iniziale freddezza con cui erano state accolte le prime puntate della serie animata, al problema di finanziamenti che non bastavano a supportare il raffinato lavoro necessario per tenere alta la qualità di Neon Genesis Evangelion, passando infine per la trasformazione interiore di Hideaki Anno, il quale virava verso un’analisi più spirituale della vita. E questo ha portato ad un cambio di direzione sensibile sul finire della serie, fino a realizzare i due famosissimi episodi finali tanto contestati.

Negli episodi 25 e 26 di Neon Genesis Evangelion infatti lo stile narrativo subisce un cambio radicale. Dagli eventi sincopati e spettacolari del finale di serie si passa a due episodi dal ritmo lentissimo e dai tratti animati spesso abbozzati o completamente astratti. L’intera narrazione si trasferisce sul piano psicologico, dove i protagonisti si interrogano sulla loro natura e sulle loro scelte di vita; e questo fino a raggiungere una conclusione anche sensata ma completamente inaspettata dai fan e difficilmente comprensibile per chi vedeva la serie come una produzione esclusivamente votata all’azione.

 

 

Oggettivamente lo stacco narrativo dei due episodi conclusivi è forte, probabilmente uno dei più evidenti nel mondo della cinematografia ed assolutamente impareggiabile in quello dell’animazione pura. Le scelte fatte negli episodi 25 e 26 derivano dalle motivazioni esposte sopra, e possono definirsi sperimentali, oniriche e visionarie; qualcosa di difficilmente digeribile se ci si è abituati a tutt’altro stile e non si possiede una mente aperta ed una capacità critica matura e pronta ad affrontare qualcosa di più profondo e diverso dal solito. E nonostante o proprio per questo, la reazione della maggior parte degli appassionati è stata tutto sommato comprensibile, considerando che con questi due episodi un’ampia gamma di intrecci narrativi rimane aperta e, pur essendo possibile immaginare la conclusione per alcuni di loro, molto resta non spiegato e non concluso.

Conoscendo la storia dietro le quinte e le motivazioni che hanno portato a questi due episodi, è possibile anche notare certe soluzioni di comodo utilizzate da Hideaki Anno e dallo Studio Gainax per arrivare ad un risultato nonostante le difficoltà: le lunghe sequenze di parlato animate unicamente da linee che si muovono su di uno sfondo bianco (ma che possono benissimo essere le voci dell’anima: i protagonisti che parlano a se stessi) o un lungo spezzone in fermo immagine di quasi tre minuti dove vediamo il protagonista ed il suo Eva-01 uno di fronte all’altro, con musica classica di sottofondo. Ma anche durante la realizzazione delle puntate intermedie è possibile notare spesso il riutilizzo di spezzoni animati o tracce audio in modo forse un pelo eccessivo. Sotterfugi allo stesso tempo furbi e pacchiani.

 

 

Tornando alla musica classica, questa è in effetti un altro tratto distintivo di Neon Genesis Evangelion: è stata probabilmente la prima volta che in animazione viene usata così bene per evidenziare la gravità di situazioni estreme. Il contrasto tra musiche pacate, elaborate e piene, che toccano le corde giuste nello spettatore ed amplificano l’effetto intimista dell’opera, con situazioni di estrema gravità, pericolo o incognito consente un effetto ottimale, stabilendo uno standard che in molti hanno provato a copiare negli anni successivi in animazione ed in cinematografia senza sfiorare minimamente il livello di grandezza raggiunto in Neon Genesis Evangelion.

Tornando ai protagonisti, come accennato in sede di recensione non ci troviamo di fronte a magnifici supereroi imbattibili come nella massima parte delle produzioni animate, ma ci imbattiamo a persone che, sebbene i loro tratti peculiari siano probabilmente accentuati, presentano caratteristiche umane e debolezze caratteriali che influenzano pesantemente il loro comportamento in modo più che verosimile.
Ad ognuno dei personaggi che incontriamo durante la visione della serie è dedicato un approfondimento sulla propria storia, sul proprio carattere e sul suo modo di essere. Ovviamente lo spazio dedicato varia in base all’importanza del personaggio, ma il fatto che ognuno di loro abbia modo di essere visto non come comparsa ma come elemento strutturale del racconto non fa che aumentare la profondità della trama di Neon Genesis Evangelion.

E questo non è certo un caso; Hideaki Anno, durante la sua evoluzione personale avvenuta proprio durante la realizzazione del suo capolavoro, ha voluto anche mettere sotto la lente di ingrandimento le tipicità degli otaku, gli appassionati giapponesi di manga ed animazione, che vivono in una forma di isolamento immaginando e vivendo in un mondo proprio come forma di rifiuto alla realtà esterna; un fenomeno presente sempre di più anche in occidente e che vede coinvolti ormai anche un discreto numero di videogiocatori, e che in Giappone è sfociato nel preoccupante fenomeno degli hikikomori e dei johatsu.

 

 

Hideaki Anno è stato vittima di feroci critiche per le scelte che hanno portato alla realizzazione degli episodi 25 e 26, attacchi personali che hanno visto anche minacce di morte e che lo hanno portato sulla soglia del suicidio. Superato il momento più critico, e grazie agli incassi generati dall’improvviso successo della serie, l’autore ha dato vita ad un finale alternativo che ha preso consistenza prima con il trascurabile Death & Rebirth, che non aggiunge nulla alla trama essendo fondamentalmente un collage di cose già viste; e poi con il lungometraggio The End Of Evangelion, vero finale alternativo della serie, uscito nel 1997 e conosciuto non ufficialmente anche col nomignolo “e allora muoiano tutti!”. In The End Of Evangelion Hideaki Anno ha quasi completamente abbandonato l’approccio di analisi introspettiva, pur mantenendo una forte attenzione alle trame più esoteriche, spostando l’attenzione su azione e conclusione della trama per soddisfare le richieste dei fan meno sensibili e più interessati al lato materiale del racconto.

Anche in The End Of Evangelion è presente un momento di importante autocritica ed analisi, rivolta questa volta proprio ai fan della serie, e piazzata qua e là durante il racconto; ne sono esempi la morbosa scena di Shinji in ospedale nella stanza di Asuka, chiaro riferimento all’ossessione di alcuni fan verso le protagoniste femminili di Evangelion, o le sequenze di vita vera e con filmati presi dal mondo reale e con volti presi nelle sale cinematografiche dove era stato proiettato Death & Rebirth.

Attraverso tutti questi elementi, nella serie e nel lungometraggio finale, Hideaki Anno mostra ai fan tutti gli elementi per far loro comprendere che in realtà Neon Genesis Evangelion vuole essere un racconto sì di fantasia, ma che mira anche ad elevare le persone aiutandole nella loro crescita interiore. Cosa che in realtà non in molti, e non immediatamente, hanno compreso.

 

 

La capacità introspettiva presente in Neon Genesis Evangelion, unita ad una impareggiabile realizzazione tecnica e di sceneggiatura, pone la serie sull’olimpo delle realizzazioni cinematografiche e la rende faro illuminante tra quelle di animazione. Il finale originale è al contempo raffazzonato e troppo avanti per l’epoca; eppure segna un tratto distintivo ed inimitabile di una produzione che, purtroppo, con il Rebuild ha preso una strada completamente commerciale.

La realtà è che i due finali di Neon Genesis Evangelion sono imprescindibili ed indivisibili l’uno dall’altro: pazzesco, profondissimo e criptico quello originale degli episodi 25 e 26; chiarificatore, provocatorio e spettacolare quello di The End Of Evangelion. Insieme, sono una delle caratteristiche principali della grandezza della serie dello studio Gainax.

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