Quando la bravura rappresentava l’unico elemento di scelta; cosa è cambiato nella MotoGP e perché.
Ogni anno nei campionati a squadre quali calcio, moto, Formula Uno e molti altri c’è il cosiddetto “mercato” degli atleti che si spostano appunto da una squadra all’altra. E sì, virgolettato perché onestamente a me questa parola ha sempre dato fastidio, anche se in realtà il termine significa il punto di incontro tra domanda e offerta.
Ma sui mercati si scambiano le merci, si acquista. E pensare che una persona ancorchè un atleta sia venduto o ceduto e comprato da qualcun altro mi urta un po’. Certo questo è anche ciò che vuole l’atleta stesso, che vede finalizzato il lavoro svolto su stesso con riconoscimenti importanti che ovviamente non sono meramente economici, ma la sensazione è che a muovere queste scelte sia spesso una serie di fattori che poco hanno a che vedere con la bravura ed il talento.
Ma più che fare un elenco nudo e crudo dei team 2021 quest’anno come mai il mercato piloti si è chiuso con larghissimo anticipo, soprattutto in alcuni casi che peraltro sembrano poco comprensibili. Lo stravolgimento del campionato appena concluso per il problema Covid ha portato parecchia bufera: con la produzione industriale fortemente rallentata vuoi per le incertezze economiche vuoi per le chiusure forzate, le case e gli sponsor debbono necessariamente rivedere i loro budget in maniera importante.
Se fino allo scorso anno un team ufficiale investiva sui 30/40 milioni di euro l’anno ed uno privato 8/10 (il solo Marquez costava 13 milioni a stagione) quest’anno le cifre saranno sensibilmente più basse, anche per i piloti.
Ma torniamo alle scelte poco comprensibili e apriamo le danze con una su tutte: il caso dell’appiedato Andrea Dovizioso. Si, perché il pilota che tolto il marziano della Honda ha raccolto di più negli ultimi anni è proprio lui, eppure l’essere arrivato 3 volte secondo negli ultimi 4 anni non è stato sufficiente a fargli trovare una manopola del gas da girare per la prossima stagione. Ma ciò che stupisce di più non è il fatto che la Ducati non gli abbia rinnovato il contratto quanto sia sembrato non fare gola a nessun team, neanche satellite; eppure non è ancora vecchio, sta bene fisicamente, va ancora forte, ha senz’altro un buon carattere in squadra ed una grossa esperienza.
Anche la stessa Aprilia ha dimostrato di essere cresciuta parecchio nella seconda parte di quest’anno; sicuramente non è la moto migliore del lotto ma per un pilota che si avvia ormai a fine carriera l’idea di far crescere grazie alla sua esperienza la moto di Noale sarebbe stato bella e sicuramente avrebbe tolto tanta pressione dalle spalle del forlivese, magari concludendo con un sogno la sua carriera. Ma sono sicuro che la sua assenza non durerà molto, bene ha fatto a rifiutare le offerte come collaudatore, quelle si fanno a carriera finita e la sua ancora non lo è.
A seguire nelle scelte che sanno di spostamento forzato c’è Alex Marquez che proprio nelle ultime gare sembra aver trovato il bandolo della matassa e si è messo a tirare staccate su tutti senza timori reverenziali; quello che suona stranissimo è che questa scelta è stata fatta praticamente da prima che si accendessero i motori, quando su quella moto aveva fatto solo un test. Ma allora cosa lo hanno preso a fare? Neanche dargli il tempo di mandare in temperatura le gomme e cartello box, punto. Lo ha forse imposto il fratello alla casa Alata e non è stato digerito? Nulla da dire su Cecchinello ed il suo team, per carità, ma di certo non si può dire di averlo mandato via per i suoi scarsi risultati, e passare ad un team privato non si può certo considerare un progresso.
La KTM più di tutte ha fatto una scelta ben precisa fin dallo scorso anno, piloti giovani da far crescere in casa che peraltro hanno dimostrato talento e concretezza sulla moto che più progressi ha fatto dallo scorso anno: Binder sembra cresciuto e non gioca più a bowling in pista, anche Oliveira sembra aver trovato la quadra nella seconda metà del campionato e fa il salto di carriera al team ufficiale; fa eccezione Danilo Petrucci che va in Tech3 a cresce un po’ l’ancora incostante e giovanissimo Lecuona. Il pilota Ternano ha grande esperienza ed è un uomo squadra, può dare ancora tanto (ha solo 30 anni) e potrebbe trovare nella casa austriaca lo spunto per tirare fuori gli artigli che un po’ sono mancati in Ducati.
La stessa Ducati blinda Jack Miller: l’australiano ha ampiamente meritato la promozione ed il prossimo anno darà battaglia con la Desmosedici ufficiale insieme a Francesco Bagnaia che si è fatto il suo anno di apprendistato e conosce già la cavalcatura, anche se mai come quest’anno le moto dei team satellite hanno dimostrato di andare veramente forte; basta vedere le moto del team Petronas e le Factory della casa di Iwata a cui quest’anno mancava un diapason all’appello.
Pramac porta dalla Moto2 il giovane Jorge Martin che va a fare compagnia a Johann Zarco. A proposito, ma il patron Paolo Campinoti avrà calcolato i costi del francese per il prossimo anno? Non tanto nel senso dell’ingaggio quanto dei ricambi, vista la propensione del transalpino a mettersi comodo e riportargli la moto piena di ghiaia. Anche qui se il team lo ha scelto avrà i suoi buoni motivi e poi sicuramente è un pilota veloce e determinato, ma un po’ incostante e umorale al punto da aver cambiato 4 moto negli ultimi 4 anni. Veramente ha pesato solo il suo talento?
Il team Esponsorama Avintia Racing continua il suo gemellaggio con la Ducati ma cambia entrambe le guide in un colpo solo: si porta dalla Moto2 il freschissimo campione Enea Bastianini che in quanto a voglia, talento e concretezza promette veramente bene, benchè ovviamente dovrà fare il suo percorso nella classe regina, ben diversa non solo per la potenza quasi doppia ma per tanti fattori. Si ritroverà in squadra con il contendente al titolo appena conquistato Luca Marini: il fratello d’arte del Dottore avrà sicuramente voglia di rivincita e dato che il tuo primo avversario è il tuo compagno di squadra credo che le scintille non mancheranno.
E in casa Petronas? Riconferma per Franco Morbidelli (meritatissima) che gli affianca sua Maestà Valentino Rossi, il veterano per eccellenza, ma soprattutto uomo immagine come nessun altro al giorno d’oggi. Rossi muove folle oceaniche, porta sponsor e visibilità mediatica e perché no anche risultati, ma il sospetto che non sia stato scelto solo per questo c’è eccome; d’altronde insieme a lui arriva il supporto pieno della casa di Iwata, che invero il team merita tutto per i suoi brillantissimi risultati.
Concludo con uno dei più grandi punti interrogativi del mondiale: Maverick Vinales. Lo spagnolo è indecifrabile, alterna prestazioni in prova d’eccellenza e poi precipita a fine gara spesso nell’anonimato più totale: veramente la sua moto va così male? Soprattutto possibile che sia così diversa da quella del team satellite che invece ha garantito ai suoi alfieri di lottare per il titolo fino all’ultimo? I dubbi restano e vedremo se nel 2021 Top Gun tornerà veramente al top.
Stesso discorso per Fabio Quartararo, quello che a inizio stagione sembrava il predestinato: anche lui tanta velocità ma poca costanza, ed il sospetto che non sia ancora così solido mentalmente c’è, anche perché se è vero che sia Rossi che Vinales si sono lamentati a 360° della moto, il suo compagno di squadra ha chiuso la bocca e aperto il gas: come avrebbe detto il suo grande amico “fatti, non pugnette”.
Il Motomondiale e la MotoGP ancora di più sono profondamente cambiate: decenni fa i piloti non sapevano cosa fosse la palestra e l’allenamento spesso era la sera in birreria, e non credo che avremmo ritrovato uno dei più forti piloti a soli 34 anni a piedi senza una sella. Ora a dettare le regole sono contratti, manager, sponsor senza i quali nessuna casa potrebbe portare in pista tutte le moto che ci sono ora.
Non ci resta che attendere i primi test per la prossima stagione, sperando che due grandi incognite ci abbandonino lasciando spazio allo spettacolo: il Covid che ha allontanto il circus da alcune belissime piste e tenuto lontano il pubblico, e le gomme Michelin, ree a detta di molti piloti di una incostanza di rendimento allucinante: addirittura nello stesso turno con quasi identico setup ritrovarsi con un secondo di differenza getta i piloti nell’insicurezza e spesso anche in terra.