Loki: la recensione

Joker ha dimostrato ai produttori che si potevano raccontare con successo i villains. Loki ha sublimato il concetto.

 

Loki

 

Perché per anni venivano bocciate tutte le sceneggiature che avevano come protagonista “un cattivo”? La gente non ci si immedesima, dicevano ai piani alti. E invece la gente ama i borderline più degli eroi impomatati (io Superman lo prenderei a schiaffi!), tanto di sano di mente in questo mondo non c’è rimasto nessuno. Dal fuoco di queste premesse ha preso vita la serie di Loki, composta da 6 episodi di circa un’ora l’uno trasmessi su Disney+. Il Dio dell’inganno, le cui uscite sono state centellinate con un sapiente calendario, ha dipanato la sua storia sui nostri televisori con un risultato è… pazzesco.

La storia inizia alla fine di Endgame quando, approfittando della confusione creata dagli Avengers, il nostro terribile maghetto si appropria del Tesseract e fugge. Un battito d’ali e, voilà, il cattivo dalle corna gialle va subito bevuto dalla Time Variance Authority, l’agenzia che preserva la linea temporale dell’universo correggendo le alterazioni del corso degli eventi prefissato grazie all’impiego di agenti un filino fascisti che proteggono i momenti storici fondamentali. Come fuggire da loro? La risposta al quesito non la spoilero ma chiarisco subito che di supereroistico non c’è una mazza. E la scelta paga.

Infatti Loki è un intreccio fantascientifico e distopico alla Philip K. Dick bagnato di crime-thriller che merita di essere gustato puntata dopo puntata, colpo di scena su colpo di scena. La solidità della sceneggiatura è il primo pregio di questo prodotto atipico. I dialoghi sono equilibrati tra serio e cazzeggio e anche le scelte più fantasiose sono appoggiate su un pavimento di credibilità. Chissà se l’immaginava così riuscita questa serie il Presidente della Marvel Kevin Feige? Chissà se l’aveva davvero ideata così tanto psichedelica lo sceneggiatore Michael Waldron? Chissà se da bambina sognava un successo simile la bravissima regista Kate Herron (quella di Sex Education)?

Di certo in questo gol all’incrocio dei pali il cast ha un peso specifico non indifferente; è, a tutti gli effetti, un altro punto di forza. Il fratellastro di Thor è sempre impersonato dall’attore britannico Tom Hiddleston, il piacione con i capelli leccati dalla mucca che assomiglia a Povia ma, a differenza sua, è bravo. Nei panni di Mobius, poi, c’è uno stellare Owen Wilson, ormai definitivamente smarcatosi dalle commedie di Ben Stiller che francamente hanno un po’ rotto le palle. Ma la rivelazione vera è Sophia Di Martino, già amata nel film di Danny Boyle Yesterday, che qui si lancia nella variante femminile di Loki (dal nome Sylvie). Molto molto liquido e molto molto attuale.

 

Loki

 

La serie sta, senza dubbio, tra WandaVision, per l’estetica retrò, e Legion, per i ritmi incalzanti. Ma se proprio dobbiamo trovare un riferimento ancora più chiaro, molto è stato preso da Doctor Who dove Loki è Doctor Who e i tre saggi che monitorano il tempo evocano i Signori del Tempo. Non solo. Gli eventi miliari della Storia sono i Punti Fissi della storia, il Tva sono gli Agenti del Tempo prima e il Torchwood dopo. Non a caso Waldron non nasconde le similitudini tra i due soggetti quando, in un’intervista, si concede la battuta “a criminal in a Blue Box”.

Se anche voi detestate l’ammasso di muscoli del Dio del tuono e amate far uscire di testa le persone per il puro gusto di vederle soffrire… questa è la scelta giusta.

Loki – la serie, 2021
Voto: 8
Per condividere questo articolo: