Next Day: Survival, sopravvivenza nella steppa – 4

Eccoci giunti alla quarta parte del nostro AAR ispirato a Next Day: Survival. Quale sorte ci attende all’interno dell’area contaminata?

 

 

Qui la terza parte del racconto.

Ultimamente faccio coppia con Epi. È un novellino ed in diverse occasioni avrebbe fatto una pessima fine senza il mio supporto e i miei consigli; ma quattro occhi sono meglio di due, ed avere un compagno fidato con cui uscire di pattuglia è un valore aggiunto inestimabile. E poi è molto collaborativo e, anche se c’è ancora da lavorarci, ha qualche rudimento su come muoversi in squadra durante una sortita. Nonostante questo, non siamo sempre insieme; la popolazione nella zona si sta riducendo, a causa di malattie, scontri a fuoco e tentativi disperati di fuga. Rispetto ai primi tempi in cui ero qui, tentare qualche sortita in solitaria non è impossibile; a volte passano intere giornate senza avere un incontro fuori dai campi base, se si evitano le zone notoriamente sorvegliate.

 

 

Mi chiedo, come tutti, se sia possibile stabilire un contatto radio con l’esterno. So che ogni tanto vengono lanciate casse con cibo e armi da aerei in volo, ma non ci sono radio al loro interno. Devo capire cosa succede, e scoprire un modo per andare via da qui. A volte il campo dei Civili mi assegna delle piccole missioni per risolvere il mistero, ma il più delle volte mi trovo da solo a cercare di trovare equipaggiamenti e provviste.

 

 

Non sempre le cose vanno per il meglio; bisogna essere attenti a gente impazzita, che ripara veicoli solo per cercare di investire altra gente, come mi è successo poco fuori il campo dei civili durante un lancio di rifornimenti da un elicottero. Sono poi stato seriamente ferito in un poco coordinato attacco al campo dei Saccheggiatori, dove forse per mia colpa abbiamo permesso che ci arrivassero alle spalle e ci mettessero in fuga. Anche se non mi avevano detto nulla, ero l’unico senza un’arma da cecchino, e avrei dovuto coprire la squadra. Quando mi sono risvegliato, con l’intenzione di andare a riprendere il mio equipaggiamento, ho commesso l’errore di non portare nulla con me per avere maggior capacità di carico; il risultato è stato che un incontro con un lupo mi ha costretto a scappare ed a rifugiarmi in una casa vicina, che per fortuna mi ha concesso riparo. All’interno ho trovato delle garze per tamponare le ferite, ma nessun tipo di arma, nemmeno da corpo a corpo. Dopo aver tentato di sgattaiolare fuori ed essere stato nuovamente inseguito un paio di volte e costretto a rintanarmi nuovamente nella casa abbandonata col rischio di perdere tutte le cose che stavo trasportando durante l’attacco, ho deciso di affrontare il lupo a mani nude. È stato un combattimento cruento e tutt’altro che veloce; il lupo non mollava la presa dal braccio, mentre continuavo a tempestarlo di colpi il più forte che potevo. Alla fine l’ho messo in fuga, proprio allo stremo delle mie forze, e mentre sanguinavo copiosamente. Dopo essermi suturato, sono finalmente giunto sul posto dove il mio equipaggiamento era rimasto, per trovarlo ovviamente parzialmente saccheggiato. La strada verso la base, privo di un’arma da fuoco, è stata piena di tensione.

 

 

Ieri ho ucciso un neutrale. È stata la prima volta che uccido una persona che non sembra essere una minaccia diretta. Ho ceduto alle pressioni del mio compagno del momento, il Conte, che continuava a ripetere di sparargli, che non sapevamo se allontanandoci e voltandogli le spalle ci avrebbe colpito. L’ho tenuto sotto tiro per una infinita decina di secondi, con lui a un metro da me che continuava a muoversi con in spalla la carabina, cercando di sottrarsi alla mira. Poi, ho premuto il grilletto. Forse se fosse rimasto fermo avrei provato a parlarci. Magari avrei chiesto di lasciare arma e zaino, per scoprire che non aveva munizioni. O magari mi sto solo trasformando in un mostro.

 

Qui la quinta parte del racconto.

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