Perché il Saturn è così tanto amato

La console a 32 bit di Sega avrà anche avuto un magro riscontro commerciale, ma gli appassionati la mantengono nel cuore ad anni di distanza.

Siamo nei primi anni ‘90. Sega, dopo aver fatto discretamente bene in patria ed aver venduto più del previsto nel vecchio continente, si accingeva a lanciare sul mercato il proprio pezzo da novanta: il Saturn. Fin da subito le cose non andarono come sperato: la console era nata con l’intento di portare i giochi a due dimensioni oltre i limiti evidenziati negli anni precedenti, ma l’esplosione dei titoli poligonali (alimentata dalla stessa Sega nelle sale arcade) e le conseguenti mosse della concorrenza costrinsero ad una serie di correzioni in corsa sull’hardware: in parole povere, fecero aggiungere ai poveri progettisti una serie di chip che permettevano di adeguarsi alla nuova tendenza, ma di fatto rendevano la programmazione un vero e proprio incubo.

La console venne lanciata con Virtua Fighter, mito delle sale giochi e precursore dei picchiaduro 3D. La conversione fu talmente criticata che ne venne rilasciata una versione migliorata pochi mesi dopo.

E cos’altro si può fare per rendere più difficile la vita a chi già deve creare del codice su una piattaforma così complessa? Mettergli fretta, ovviamente. Tanta era la smania di uscire sul mercato prima degli altri, che il Saturn si trovò nei negozi accompagnato da pochissimo software, e neanche di gran livello. Il resto è storia, con l’arrivo della Playstation che si rivelerà drasticamente migliore sia nella grafica tridimensionale che nella quantità e qualità generale dei giochi. Ma allora, perché il Saturn ha sempre avuto una base di utenti così appassionata, nonostante lo scarso successo commerciale?

Daytona USA era bellissimo da giocare, molto meno da vedere. Un esempio di conversione frettolosa.

 

Torniamo all’inizio della storia. La grande S è un gigante delle sale giochi, ed è praticamente impossibile averne frequentata una senza aver trovato un cabinato con il logo azzurro bene in vista. Sembrava impossibile stare al passo delle sue continue evoluzioni ludiche e tecniche, e questo fece buon gioco al momento dell’uscita del Megadrive, la console deputata a far rivivere le stesse esperienze (pur in forma ridotta) sul 15 pollici di casa. Il Saturn voleva essere la stessa cosa, ma anche molto di più: l’attenzione posta ad aspetti come l’audio su CD, i filmati di intermezzo o la memoria espandibile fecero sognare tutti coloro che spendevano un capitale in gettoni, promettendogli di portare a casa quelle emozioni in forma inalterata. Anche se il risultato non fu eccelso, quasi ogni conversione aveva quelle sensazioni indescrivibili, quella cura e quell’amore che rendono una partita indimenticabile anche quando quello che compare a schermo non è perfetto. La possibilità di avere tutto questo senza le implicazioni di un locale pubblico era impareggiabile, e d’altronde chi poteva vantare di avere Daytona USA, Sega Rally o Virtua Fighter in salotto?

Con Sega Rally le speranze del Saturn erano altissime. Gran conversione, veloce, bella e giocabilissima.

 

Era tuttavia impensabile far leva solo su quel mercato, e non mancò il supporto delle terze parti, almeno inizialmente. Il gigante nero cadde rovinosamente su questo aspetto e non seppe più rialzarsi: semplicemente, a parità di gioco, le versioni per i concorrenti erano migliori. Ma ormai Sega era in ballo, e provò a compensare i fallimenti delle altre case creando delle esclusive sempre più distinte dalla massa. Nomi come Panzer Dragoon, NiGHTS ed il ritardatario Burning Rangers riuscirono a distinguersi dalla massa e diventare delle serie estremamente riconoscibili, riproposte in futuro sia con seguiti e rifacimenti che con apparizioni dei loro personaggi in altri ambiti.

NiGTHS era bellissimo da guardare e soprattutto diverso da giocare rispetto a quanto visto fin lì.

 

E Sonic? Abbastanza incredibilmente, la mascotte che aveva segnato profondamente la generazione appena passata non venne quasi presa in considerazione. Ci furono dei tentativi andati a vuoto di farlo debuttare nel mondo tridimensionale, ma nei negozi arrivarono solo un platform isometrico con grandi musiche e poca sostanza, uno spin-off con poche pretese (il gioco di corse a piedi Sonic R) ed una collezione delle uscite su Megadrive, condita da una sorta di minigioco tridimensionale che restò comunque l’unica apparizione canonica del porcospino su Saturn. Una situazione che i fan gradirono poco, ma che col senno di poi risparmiò loro il lungo periodo di assestamento della saga con la nuova tecnologia, che vedrà il compimento totale solo molti anni dopo.

Sonic R, non quello che i fan di Sonic avrebbero voluto su Saturn.

 

Cosa restava quindi ai possessori della macchina? Come scritto in apertura, avevano tra le mani un mostro della grafica bidimensionale, e sotto quel punto di vista avevano l’imbarazzo della scelta, dai colori lussuriosi di Astal alle animazioni di X-Men vs. Street Fighter, dall’innovativo Radiant Silvergun al maestoso Story of Thor 2. Il piatto forte arrivava dalla facilità di avere versioni fedelissime di picchiaduro e sparatutto che impazzavano nelle sale giochi, ma anche revisioni pressoché perfette di classici come OutRun, Super Hang On o Dungeons and Dragons. Un numero sempre maggiore di questi però, sfortunatamente per gli utenti europei, veniva confinato in Giappone man mano che le vendite internazionali della console calavano, alimentando paradossalmente l’amore dei fedelissimi che vedevano nell’importazione un ulteriore strato di fascino e di esclusività. Ormai fuori dal grande giro, il Saturn era diventato a fine carriera una nicchia con uno zoccolo durissimo di appassionati, che l’avrebbero sostenuta fino all’uscita definitiva dal mercato a fine millennio.

Astal è un quadro in movimento; è un peccato che non sia stato rilasciato ufficialmente in Europa.

 

Ad oggi i fanatici del 32 bit di Sega sono ancora tanti ed ancora pieni di passione. La riscoperta negli anni del valore artistico del 2D ha mantenuto in vita questa macchina nel cuore di molti, e le difficoltà nell’emulare il complicato hardware ha animato ancor di più questi sentimenti, oltre ad attivare un mercato del software originale tra i più bizzarri del suo genere. Per chi l’ha vissuta durante la sua epoca rappresenta la resistenza dei grandi classici allo scorrere del tempo ed al progresso, ed è per tutti un grande monito che ci insegna come un insieme di imperfezioni possa portare, grazie all’impegno ed alla dedizione, a qualcosa di unico che si ama incondizionatamente.

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