Il pubblico degli amanti delle sale giochi e del retrograming è enorme ed aspettava da tempo un film dedicato; finalmente Chris Columbus lo ha accontentato.
Pixels (qui la prima recensione sulla Tana) è un film con un un marchio di garanzia: la regia di quel Chris Columbus che ci ha regalato chicche come Mamma, Ho Perso L’Aereo e un paio di episodi della saga cinematografica di Harry Potter. Si tratta di un’ottima premessa accompagnata da una solida idea del soggetto: tre ragazzi campioni di videogames ai tempi delle sale giochi si ritrovano in età adulta a combattere un’invasione aliena… a suon di sfide su vecchi titoli come Space Invaders, Pac-man e Tetris. Anche il cast, infine, sembra perfetto con il re di questo genere, Adam Sandler, e la spalla ideale, Kevin James; il tutto arricchito dalla solita performance sopra le righe di Peter Dinklage che tutto il mondo ha imparato ad amare nei panni di Tyrion Lannister ne Il Trono di Spade. Tutto molto bello… oppure no, perché qualcosa s’inceppa.
Non si ride quasi mai. Considerando il livello di umorismo di altre pellicole di Sandler come Big Daddy – Un Papà Molto Speciale e 50 Volte Il Primo Bacio, e le “bombe atomiche” di Columbus (compreso Mrs. Doubtfire) siamo davvero lontani anni luce (citazione non casuale) da quei livelli. Sembra che gli sceneggiatori si siano dimenticati che si tratta di una commedia per puntare forte solo sull’amarcord. La cura dei dettagli, in tal senso, è quasi maniacale con il cameo di Q*Bert quasi da Oscar e titoli citati che sono addirittura più di venti. Ma tutto questo è anche la zavorra di questo titolo; i quarantenni se la godono, il resto del pubblico no.
Se, infatti, togli i sentimenti di chi una sala giochi l’ha frequentata davvero, resta ben poco: lo svolgimento della storia è a dir poco irreale e i colpi di scena sono molto prevedibili; basti pensare all’evoluzione del personaggio di Dinklage Fireblaster, prima cattivissimo e scorretto e poi salvatore della patria. E la prova finale? Ovviamente contro Donkey Kong, usato meglio nel film di Super Mario. Sono schemi narrativi visti e rivisti anche per le nuove generazioni che, inoltre, non si scaldano come noi per qualche pixel sullo schermo o per Bon Jovi che lancia al mondo una sfida minacciosa.
Probabilmente qualcuno in fase di scrittura se ne deve essere accorto perché qualcosa di strano avviene. Il problema è che è troppo strano; troppo. Wonder Kid è sempre stato innamorato della bionda Lady Lisa e così, quando i retrogames prendono vita, il suo più grande desiderio assume finalmente una forma fisica. Tutto romanticamente perfetto? No. Perché, per non infrangere il suo cuore, quando tutto svanisce di nuovo, Q*Bert, che invece può restare sulla terra, si tramuta per lui nella bionda ragazza dei sogni. Neanche nelle più sfrenate categorie di Youporn è immaginabile un atto sessuale tra quei due, tanto che, quando compaiono i loro piccoli, salgono i brividi sulla pelle. Per favore, non soffermatevi neanche un istante a pensare cosa si possa fare a letto con quella lunga proboscide arancione.
L’unica trovata divertente di questo lavoro minore di Columbus è il mostrare integra l’amicizia tra i due nerd di videogiochi nonostante uno sia un semplice tecnico di elettrodomestici e l’altro… il Presidente degli Stati Uniti! Una piccola intuizione che consente al lungometraggio di strappare una sufficienza stiracchiata figlia della media tra il voto alto che gli darebbe un ragazzo cresciuto in quel decennio e il quattro che gli affibbierebbe uno della Generazione Z.
Consiglio finale ad un uomo di cinema che ha scritto la sceneggiatura de I Goonies e di Gremlins: col genere videogiochi del passato… game over.