Polveriera Baltica: il sacrificio della Lettonia

La Lettonia trova stabilità e indipendenza dopo un biennio a dir poco turbolento.

 

 

Negli ultimi 500 anni, i territori che oggi conosciamo e riconosciamo come lettoni, sono stati occupati da varie potenze: ceduti, conquistati e riconquistati, i lettoni hanno conosciuto la dominazione della Confederazione Lituano-Polacca prima, quella svedese a partire dal 1621 sotto Re Gustavo II Adolfo di Svezia poi, per finire, un secolo dopo, sotto l’orbita della grande Russia che ne conquista integralmente i territori. I territori lettoni diventano teatro di aspri combattimenti quando le trincee dividono il paese tra tedeschi a sud-ovest e russi nel resto del paese, i quali riescono saldamente a tenere il controllo almeno fino al 1917. La Rivoluzione di Febbraio ’17, infatti, sancisce il collasso del secolare impero dei Romanov e le conseguenze creano il caos necessario per avanzare insistenti richieste di autonomia, quando non direttamente di indipendenza. Nel caso della Lettonia, già nell’estate dello stesso anno, viene a formarsi un Consiglio, composto da eminenti figure nazionali, rappresentante l’intera nazione lettone, il quale ha la funzione di interfacciarsi con il provvisorio governo russo.

La Rivoluzione di Ottobre e il Trattato di Brest-Litovsk permettono ai tedeschi di avanzare dalle proprie linee ed occupare la rimanente parte della Lettonia. L’avvicinarsi alla fine del conflitto mondiale, percepito anche nella regione baltica, porta le forze politiche lettoni a formare un governo provvisorio capeggiato da Ulmanis, il quale dichiara l’indipendenza il 18 Novembre 1918 nel teatro di Riga. L’atmosfera di festa però dura poco, pochissimo. Con i tedeschi in rotta dopo la rovinosa sconfitta e la caduta del Kaiser, i sovietici ammassano truppe nei baltici, decisi a riguadagnarsi con le armi ciò che è andato perso col precedente trattato. Il 3 Gennaio 1919 i bolscevichi occupano Riga, imponendo al governo provvisorio lettone di spostarsi a Liepaja. Bolscevichi e tedeschi si scontrano più volte, con gli ultimi che ripiegano sul fiume Venta e resistono ai successivi attacchi. Nella primavera successiva, i tedeschi guidati dal Gen. Von der Goltz, insieme a volontari anticomunisti passano al contrattacco partendo dalla linea del Venta, riguadagnando man a mano terreno, fino ad arrivare a liberare Riga il 22 Maggio.

La cacciata dei bolscevichi in seguito alle rinnovate operazioni militari tedesche nell’area, non permettono al governo provvisorio lettone di esercitare le proprie funzioni e anzi, con l’arrivo di Goltz, la situazione peggiora sensibilmente. Il Generale è intenzionato ad assicurare una continuità germanica in Lettonia, riuscendo ad imporre un governo fantoccio che entra in diretto conflitto con quello provvisorio e legittimato dalle potenze Occidentali. Lo scontro tra le prime forze lettoni indipendenti e quelle tedesche è inevitabile: a partire dalla metà del mese di Giugno, le truppe di Goltz incalzano le formazioni lettoni ed estoni che cedono molto terreno ma che sono capaci di sferrare un efficace contrattacco e respingere in direzione Riga i tedeschi che si preparano a difenderla. La mediazione delle potenze vincitrici della Prima Guerra Mondiale porta le due parti a firmare un armistizio il 3 Luglio 1919, riconoscendo di fatto come unico governo lettone quello di Ulmanis. Goltz viene richiamato in Germania e gran parte delle sue truppe, composte da tedeschi-baltici, passano sotto il comando britannico che poi ne permette l’inquadramento tra l’Armata Lettone agli etnici.

 

 

Sul territorio amministrato da Ulmanis (che esclude i territori di Daugavpils in mano bolscevica), tuttavia, le forze irregolari tedesche (Freikorps) non vogliono saperne di ripiegare e rinunciare alla lotta per la sovranità tedesca nell’area baltica. Decidono invece di appoggiare i Russi Bianchi di Avalov, concentrati nell’area di Jelgava a metà 1919 in vista di vaste operazioni contro i bolscevichi che ancora davano parecchio filo da torcere. Entro i primi di Ottobre, circa il 70% delle truppe al comando di Avalov sono composte da combattenti anticomunisti tedeschi. I Russi Bianchi, intenzionati a riportare l’Impero Russo alla situazione prebellica una volta sradicati gli odiati bolscevichi, si oppongono a qualsiasi spinta autonomistica all’interno dei confini storici della Russia. Non sorprende molto infatti che a partire dalla metà di Ottobre 1919, Avalov lanci le sue formazioni contro la Lettonia indipendente. La marcia, vittoriosa inizialmente, si interrompe sulle sponde del fiume Daugava, ben difeso dalle formazioni regolari lettoni, le quali non permettono ad Avalov di arrivare a Riga. In Curlandia i Bianchi occupano la maggior parte dei centri abitati, non riuscendo a mantenerne però il controllo dopo la controffensiva delle forze lettoni supportate dalla marina britannica. Il 21 Novembre, i lettoni occupano Jelgava, punto nevralgico per le operazioni dei Bianchi, e per la fine del mese le truppe di Avalov vengono scacciate oltre il confine.

Il governo lettone può adesso puntare gli occhi su quei territori rimasti in mano bolscevica fin dall’inizio del 1919 e, per lo scopo, unisce le proprie forze a quelle polacche, già impegnate in un durissimo conflitto con l’Armata Rossa. L’offensiva scatenata il 3 Gennaio si protrae per tutto il mese, raggiungendo i principali obiettivi militari, tanto che il 1 Febbraio viene firmato l’armistizio con i comunisti, primo passo che porta al definitivo Trattato di Pace siglato a Mosca nell’Agosto dello stesso anno. Seguono due decenni di relativa tranquillità prima della ripresa del calvario.

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