Polveriera Baltica: l’indipendenza estone 1917-1920

Tra il 1917 e il 1920 i territori baltici si infiammano sotto le spinte autonomistiche già duramente schiacciate dai potenti vicini.

 

 

Nel corso dei secoli, i territori attualmente occupati dalle tre repubbliche baltiche, Estonia, Lettonia e Lituania, sono stati divisi tra le potenze regionali che, a seconda del momento storico, riuscivano ad imporre il proprio dominio. Russi, svedesi, danesi e tedeschi si sono ferocemente impegnati, in diversi momenti chiaramente, ad esercitare la propria influenza sull’area baltica, in un moto perpetuo che mai prima del Ventesimo secolo aveva permesso alle popolazioni autoctone di battersi per una vera indipendenza. Come per moltissime altre realtà nazionali e regionali, è lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, ed il suo proseguire a fasi alterne, a rimescolare le carte in gioco ed a permettere alle popolazioni baltiche di guadagnarsi lo statuto di nazione.

Il processo di indipendenza estone segue da vicinissimo le sorti del conflitto. Nonostante la lontananza dal fronte e l’assenza di combattimenti visti sul proprio territorio prima del 1917-1918, il governo zarista inquadra più di 100.000 soldati di etnia estone tra i propri ranghi, nella lotta alle Potenze Centrali. Se da una parte il risvegliato sentimento nazionalista estone riserva odio per quello che viene percepito come l’occupante russo, si teme tuttavia anche una penetrazione tedesca verso l’area baltica con una conseguente germanificazione delle popolazioni autoctone, che sancisce di fatto una nuova e ferrea dominazione straniera.

Con la disintegrazione dell’Impero zarista, già nel 1917 l’Estonia si ritaglia un po’ di autonomia grazie alle pressioni fatte sul governo provvisorio russo che acconsente alla creazione di una giunta composta dalle più importanti figure politiche del panorama estone, che avviano un processo di riorganizzazione politica e militare arrivando persino a reclutare battaglioni interamente estoni che presto raggiungono la forza di una divisione. Sono i bolscevichi a complicare nuovamente la situazione interna del Governatorato estone: con la rivoluzione bolscevica di Ottobre 1917 e la scacciata del governo provvisorio russo, sull’Estonia si riversano le mire dei comunisti che non vogliono e non permettono pericolose autonomie nei territori che considerano di propria competenza. Nelle città estoni, infatti, nuclei di bolscevichi prendono il potere forzando la Giunta ad operare in clandestinità.

 

 

La situazione cambia nuovamente con il Trattato di Brest-Litovsk e la conseguente assegnazione dell’area baltica, così come dell’Ucraina e della Bielorussia, alla Germania. Le guarnigioni russe abbandonano l’area e l’Estonia riesce giusto in tempo a proclamare per la prima volta l’Indipendenza il 24 Febbraio, un giorno prima che i tedeschi, impegnati nell’Operazione Faustschlag già dalla metà di Febbraio, facciano la loro entrata nella capitale Tallin. Accolti con un po’ di riguardo, ma pur sempre come coloro che hanno scacciato i russi, presto gli Estoni si rendono conto che il vicino tedesco non ha alcuna intenzione di impegnarsi nella causa indipendentista. Anzi, arrestato il neo Primo Ministro Konstantin Pats, funzionari germanici si insediano nei principali centri di potere locali, vietando qualsiasi organizzazione politica e applicando una dura censura. Si arriva persino alla creazione di un Ducato Baltico sotto la guida tedesca, che tuttavia ha brevissima vita in quanto poco dopo la Germania capitola perdendo e concludendo di fatto la Prima Guerra Mondiale.

La dissoluzione e la rivoluzione tedesca creano il vuoto di potere atteso dagli estoni per rialzare la testa e nuovamente tentare la via indipendentista. Una nuova minaccia infrange le rinnovate speranze: i bolscevichi, dichiarando nullo il Trattato di Brest-Litovsk all’indomani della sconfitta tedesca, avviano una serie di offensive verso i territori estoni già dalla fine di Novembre 1918, scontrandosi dapprima con le guarnigioni tedesche in ritirata, e poi con le poche forze estoni in grado di opporsi all’avanzata. Il sud del paese viene occupato: Varu, Valga e Tartu cadono sotto le armate rosse. A fine Dicembre anche Tapa, molto vicina alla capitale, si arrende. Gli estoni contrattaccano all’indomani del nuovo anno, supportati da reparti volontari finlandesi e dalla marina britannica che scarica nei porti estoni materiale bellico a supporto degli sforzi contro i bolscevichi; anche volontari svedesi e danesi prendono parte alla riconquista dei territori estoni in mano comunista. L’azione di riconquista può dirsi conclusa il 4 Febbraio, nonostante una serie di offensive nemiche lanciate nel mese successivo al fine di scoraggiare e far capitolare gli estoni.

Con i confini nazionali assicurati, a partire dal Maggio 1919 i reparti estoni, cresciuti fino ad arrivare a circa 75.000 truppe ben equipaggiate, iniziano a spingersi nei territori vicini, dando una mano ai lettoni nella lotta contro il nemico comune e avanzando in territorio russo a seguito di un’innaturale alleanza con i russi “Bianchi” che non digerivano l’idea di un’Estonia indipendente. Insieme alle forze bianche, tra l’estate e l’autunno, vengono lanciate diverse campagne in direzione della futura Leningrado, fermate però all’ultimo da reparti bolscevichi accorsi in aiuto. In questa fase del conflitto si registrano scontri anche con formazioni tedesche intervenute contro i comunisti, ma che combattono occasionalmente anche nel tentativo di reprimere l’indipendentismo baltico, cercando di assicurare una continua influenza germanica nella regione divisa.

 

 

I bolscevichi, sempre più in difficoltà e incalzati da una coalizione sempre più internazionale, muovono i primi passi verso un accordo di pace con gli estoni. Le discussioni tra le due parti, avvenute in una Pskov appena ricatturata dai rossi, vengono portate avanti con un protocollo che di fatto pone l’Estonia al rango di Stato e non di una mera regione all’interno di una struttura più ampia. A causa, in parte, della pressione di Stati quali la Gran Bretagna, i quali spingono per un fronte comune per debellare definitivamente la minaccia comunista e ripristinare la situazione russa nell’ottica dell’Intesa, nelle prime discussioni non viene stipulato alcun accordo.

Una nuova offensiva dei russi comunisti incontra a Narva la strenua resistenza estone, che non si piega e spinge nuovamente la parte politica a riprendere le trattative che questa volta sono ben più concrete. Il 31 Dicembre 1919 viene firmato un armistizio che entra in vigore a partire dal 3 Gennaio 1920, mentre il Trattato finale, quello di Tartu, viene ufficialmente firmato il 2 Febbraio 1920, sancendo il positivo esito della guerra di indipendenza estone.

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