Hamas governa su Gaza da molti anni, ma nel terriotrio palestinese esistono altri movimenti politici che ambiscono a guidare la Striscia.
Sono passati quasi diciannove anni da quando si sono tenute le ultime elezioni legislative nella Striscia di Gaza. Era infatti il 25 gennaio 2006 quando Hamas ottenne la maggioranza dei seggi nel Consiglio legislativo palestinese; da allora ogni tentativo di organizzare nuove elezioni si è infranto contro le tensioni persistenti tra Israele e i Territori Palestinesi. Queste frizioni, caratterizzate da scontri politici e militari, hanno ostacolato il normale svolgimento di un processo elettorale democratico e contribuito a consolidare l’impasse istituzionale nella regione.
Prima del 2006, Fatah, movimento di ispirazione socialista fondato da Yasser Arafat, ha rappresentato il pilastro della politica palestinese governando ininterrotamente fin dagli Accordi di Oslo del 1994; tuttavia, il suo consenso si è progressivamente eroso a causa della corruzione interna e del fallimento delle negoziazioni con Israele. La vittoria di Hamas nel 2006 si inserisce in questo clima di disillusione: il movimento islamista è riuscito a capitalizzare il malcontento della popolazione, promettendo un’alternativa a Fatah e un approccio più deciso contro Israele.
La presa del potere da parte di Hamas ha scatenato un conflitto interno violento con gli stessi membri di Fatah, culminato in scontri sanguinosi che hanno portato all’uccisione o all’espulsione di tutti gli esponenti di Fatah dalla Striscia di Gaza. Questa frattura politica e territoriale ha diviso ancora di più i Territori Palestinisi: la Cisgiordania, sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese, e Gaza, amministrata da Hamas.
Nell’eterna crisi tra Palestina e Israele, è stato l’aspetto securitario ad aver garantito ad Hamas la vittoria nel 2006; grazie alla propria ala militare, le Brigate al-Qassam, Hamas è riuscita ad imporsi come esercito della Striscia contro le manovre militari israeliane. La necessità dei gazawi di armarsi contro Tel-Aviv ha portato al potere nel 2006 un movimento che ha dimostrato di essere un gruppo terroristico e autoritario, peggiorando la situazione di chi vive nella Striscia.
Uno dei rari momenti di dialogo tra Hamas e Fatah è stato l’annuncio di elezioni legislative e presidenziali per il 2021, in un tentativo di superare la divisione interna; il voto è stato tuttavia sospeso ufficialmente a causa dell’opposizione di Israele a far svolgere elezioni a Gerusalemme Est. Secondo diversi studi americani ed europei, il sostegno a Hamas nel 2021 si era notevolmente ridotto, attestandosi intorno al 20% tra i potenziali elettori. La lista con maggiori possibilità di vittoria sarebbe stata “Libertà”, guidata da Marwan Barghouti, figura centrale di Fatah e noto come il “Mandela palestinese”.
Barghouti, nonostante la sua prigionia in Israele, è considerato uno dei leader più popolari tra i palestinesi. La sua capacità di unire le diverse anime politiche della Cisgiordania e di Gaza, inclusi i sostenitori di Hamas e Fatah, lo rende una figura chiave per un possibile futuro di riconciliazione. Barghouti è ritenuto anche in ambito internazionale una figura centrale in vista di una possibile svolta pacifica nel conflitto israelo-palestinese; per questo motivo, nonostante il ruolo che ha avuto nel gruppo paramilitare Tanzim, il suo futuro potrebbe riservare novità in ambito politico.
Oggi, dopo gli eventi del 7 ottobre 2023 e l’intensificazione dell’occupazione israeliana nella Striscia di Gaza, l’opinione pubblica palestinese è ulteriormente polarizzata; se da un lato le azioni di Hamas hanno alienato una parte della popolazione, spingendo molti a sostenere figure moderate come Barghouti, dall’altro la percezione di Hamas come unica forza capace di opporsi militarmente a Israele ha consolidato il suo sostegno tra alcuni settori della società gazawa.
In un contesto segnato da conflitti e instabilità, l’organizzazione di nuove elezioni appare un obiettivo distante; se la comunità internazionale intende però promuovere la soluzione dei due Stati, sarà essenziale sostenere i processi democratici nei Territori Palestinesi. Un nuovo Governo, capace di rompere con il passato di corruzione e militarizzazione, rappresenterebbe un primo passo verso la ricostruzione della fiducia interna e il rilancio delle negoziazioni con Israele.