Raffaele Minichiello: marine, dirottatore e gentiluomo

La storia del primo dirottamento aereo intercontinentale e del più lungo di sempre, ad opera di un personaggio unico.

 

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È il 1967. Un giovane marine si addentra coi suoi commilitoni nella fitta vegetazione vietnamita quando, nel guado di un corso d’acqua resta bagnato dalla testa ai piedi col suo equipaggiamento; una spiacevole situazione che per quanto banale è alla base di un’incredibile catena di eventi.
Il marine in questione è Raffaele “Ralph” Minichiello, un italo-americano di origini campane, di Melito Irpino (AV), nato nel 1949 e trasferitosi nel 1963 a Seattle in seguito al drammatico terremoto che nel ’62 coinvolse la sua terra natia. La difficoltà con la lingua gli rende difficile tanto l’integrazione quanto gli studi, che decide di interrompere nel ‘67 arruolandosi volontario nel Corpo dei Marines dove diviene mitragliere paracadutista, ed è così che parte per il Vietnam.
Al termine dei tredici mesi di servizio, trascorsi in prima linea, si reca per riscuotere il rimborso di quanto risparmiato dalla sua paga da militare; ma non potendo mostrare alcune delle ricevute, poiché rimaste bagnate in precedenza, non gli vengono riconosciuti 200$ che pur gli sarebbero spettati. Gli viene inoltre rifiutata la possibilità di tornare in Italia per poter vedere il padre malato. Deluso dalle ingiustizie subite e dai traumi della guerra, inizia a bere e una sera, ubriaco, decide di farsi giustizia da solo depredando uno spaccio militare di merce per il valore della somma mancante, ma la sua impresa fallisce dal momento che vi resta addormentato fino all’arresto da parte della polizia militare.

 

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Il volo TWA85 in rifornimento di carburante a Denver

 

Trascorre dieci giorni in stato di arresto per poi aspettare il processo. Il suo avvocato gli consiglia di dichiararsi colpevole dinnazi alla corte marziale, così da scontare una pena di appena un mese e mezzo, ma Raffaele non è della stessa opinione: si sente dalla parte della ragione e non vuole proprio cedere, rifiuta i consigli, e anzi decide che ne ha proprio abbastanza di quel paese. Così il giorno prima dell’udienza, il 28 ottobre 1969, compra un biglietto aereo e si imbarca a Los Angeles sul volo TWA85, destinazione San Francisco. Passa inosservato benché in anfibi e tuta mimetica, e non desta troppi sospetti neanche quando la hostess Del Monico gli chiede cosa sia quel tubo di metallo che sporge dal borsone; “una canna da pesca” le risponde lui. Dopo quindici minuti dal decollo il tubo si rivela in effetti essere una carabina M1 carica con altre 250 pallottole pronte all’occorrenza. Rimontato il fucile in bagno, arma alla mano Minichiello si avvicina disinvolto alla hostess Del Monico consegnandole un proiettile e chiedendole educatamente di condurlo in cabina. La procedura per le hostess di bussare con la mano era stata cambiata di recente con l’uso del campanello, Del Monico prova ad avvertire i tre ufficiali di volo in cabina usando la vecchia procedura, ma le aprono lo stesso.

 

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Il Boeing 707 a New York, in cabina il nuovo capitano

 

Una volta dentro Minichiello ordina i piloti di virare verso New York; gli spiegano di non avere il pieno di carburante, che basterebbe per raggiungere la destinazione designata, ovvero San Francisco, e dopo alcune negoziazioni decidono quindi di raggiungere Denver, come scalo. Atterrato a luci spente, l’aereo è atteso da agenti dell’FBI che non sanno come gestire la situazione e si limitano a soccorrere i 39 passeggeri rilasciati da Minichiello. Rifornito di carburante, l’aereo decolla per New York, stavolta con a bordo solo cinque persone d’equipaggio e il marine. Le sette ore di volo trascorrono tranquille, il clima all’interno dell’aereo è rilassato e Raffaele, sempre molto educato, fraternizza con l’equipaggio, in particolare con la hostess Del Monico; si instaura tra loro una strana confidenza che porta il dirottatore a lasciare perfino il fucile in più d’una circostanza (e che tra l’altro non punterà mai verso nessuno per tutta la durata della sua “missione”).
Atterrati a New York lo attendono un centinaio di agenti dell’FBI, stavolta ben più organizzati, molti dei quali travestiti da meccanici e uomini di servizio, pronti ad abbordare l’aereo. La tensione è alta, Minichiello avverte gli agenti di non avvicinarsi quando per il nervosismo un colpo gli parte accidentalmente, colpendo per sua fortuna una bombola d’ossigeno senza scalfire la carlinga. Dopo lo sparo la situazione si scalda in fretta. Appena i due piloti abilitati al volo intercontinentale salgono a bordo Minichiello ordina il decollo, senza aspettare che si rifornisca abbastanza carburante, motivo per cui si effettua un ulteriore scalo a Bangor, Maine.

 

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Agenti di polizia in cerca di Minichiello nelle campagne romane – L’equipaggiamento abbandonato da Minichiello in una fattoria durante la fuga

 

L’aereo, stavolta col pieno di carburante, può finalmente riprendere la sua rotta. Nel lungo volo, seduti in prima classe, Raffaele e i membri dell’equipaggio hanno modo di conoscersi e, per calmare gli animi, Minichiello insegna alle ragazze dei giochi di carte per passare il tempo. L’aereo fa scalo a Shannon, Irlanda, per poi arrivare a Roma. Raffaele fa atterrare l’aereo lontano dai terminal di Fiumicino e dà ordine che un solo uomo disarmato si avvicini all’aereo con un’auto per fargli da autista. Dopo diciannove ore l’avventura termina per l’equipaggio, ormai stremato, e Minichiello non può che scusarsi per il fastidio procurato. Passerà alla storia come il più lungo dirottamento aereo e primo dirottamento intercontinentale.

Come ordinato, un agente di polizia doganale si avvicina all’aereo con un’Alfa Romeo e Raffaele salta su. Sono seguiti da quattro volanti, ma Minichiello le fa seminare, spegne la radio e ordina di muoversi verso Napoli, ma ad un certo punto, persi nella campagna, ferma l’auto e fugge a piedi. Trova rifugio nella chiesa del Divino Amore, ma il suo volto è ormai noto e, riconosciuto, viene fatto arrestare. Chiede di farsi portare subito dal padre malato, scopo di tutta la sua epopea, ma benché condotto in fretta al suo capezzale, arriva venti minuti dopo la sua morte.

 

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Minichiello in varie occasioni del processo – La rotta di volo

 

La giustizia americana lo vorrebbe estradare, ma in Italia si fa di tutto per evitarlo, in quanto andrebbe incontro alla pena capitale; inoltre il giudizio è anche benevolo nei suoi confronti per via della sua gentilezza e, nonostante tutto, delle sue buone intenzioni. Diventa un eroe popolare che raccoglie un elevatissimo favore, perfino negli USA: la stampa e gli stessi membri dell’equipaggio ne parlano in toni positivi ricordandolo sempre per la sue buone maniere.

Raffaele viene processato in Italia per dirottamento, ma solo per quanto concerne l’area territoriale italiana, ed ingresso di un’arma da guerra (che poi non risulterà tale, in quanto acquistata regolarmente come arma civile) e condannato alla pena di sette anni. In carcere, come spesso accade, riceve numerosissime visite e migliaia di lettere da tutto il mondo, anche da celebrità, come la moglie di “Bob” Kennedy che gli invia un telegramma con scritto “BRAVO!”. Intrattiene anche per un lungo periodo una corrispondenza con la Del Monico, con la quale era nato una sorta di flirt a bordo dell’aereo.

 

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 I membri dell’equipaggio del TWA85 concedono delle interviste – Folla in protesta contro l’estradizione di Minichiello

 

Dopo appena un anno e otto mesi viene scarcerato per buona condotta e può dirsi finalmente un uomo libero. Poco dopo aver ottenuto la libertà conosce la prima moglie, Cinzia, che, qualche anno dopo, muore durante il parto perché abbandonata dai medici senza ragione. Nuovamente innescato, l’animo esplosivo di Raffaele rischia di scoppiare, sviluppa un odio irrefrenabile nei confronti della classe medica in generale per quel che hanno fatto alla moglie. Vorrebbe vendetta e, accecato, ha un nuovo progetto, forse una strage ad un convegno di dottori a Fiuggi, per la quale ha i mezzi e le possibilità per farlo. Un amico lo fa desistere, proponendogli la lettura di un vangelo che in effetti lo calma; riesce a perdonare chi ha spezzato la vita della moglie e a placare definitivamente il suo animo così infuocato, oltre a diventare un convintissimo fedele.

Oggi Ralph Minichiello, il pluridecorato marine campano, il dirottatore gentile, perdonato dalla giustizia americana, continua a vivere in Italia, a Milano, diffondendo al prossimo la sua fede in Dio. Un personaggio unico e sui generis, icona di quegli anni tanto travagliati ma che furono allo stesso tempo frutto di storie tanto particolari.

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