Dieci episodi, tante piccole storie: lo spin-off di Ranking Of Kings svela emozioni, retroscena e momenti nascosti di un mondo fantasy tenero ma profondo.
Ranking Of Kings, la serie animata originale che abbiamo recensito un paio di anni fa, è stata una una scoperta sorprendente. A prima vista, infatti, questo anime può sembrare un po’ infantile: il tratto semplice, i colori pastello e il protagonista minuto e muto potrebbero far pensare a una storia per bambini, ma basta poco per capire che ci si trova davanti a un racconto tutt’altro che banale o scontato. La trama si sviluppa con una profondità sorprendente, tra colpi di scena ben orchestrati e una caratterizzazione dei personaggi che colpisce sul piano emotivo con grande naturalezza; ed è proprio questa capacità di sorprendere e commuovere che ha reso Ranking Of Kings una delle produzioni anime più amate degli ultimi anni.
Ranking Of Kings: The Treasure Chest Of Courage è una produzione differente. Non si tratta di un seguito diretto e nemmeno di un adattamento canonico del manga: le piccole storie narrate in questa stagione speciale prendono ispirazione dagli eventi della serie principale per esplorare momenti solo accennati o del tutto inediti, offrendo una prospettiva più intima su alcuni personaggi e situazioni.
La struttura della serie è quella di una raccolta di episodi autoconclusivi: ogni puntata contiene mini-storie ambientate nel mondo di Ranking Of Kings. Alcune si svolgono prima degli eventi principali, altre durante o poco dopo. Ciò consente di esplorare temi secondari, riflessioni personali e legami emotivi che nella narrazione centrale erano rimasti sullo sfondo; il tutto si svolge con il tono delicato e a tratti malinconico che ha sempre caratterizzato la serie. Non entrerò nei dettagli delle singole trame perché sono troppe, troppo brevi e frammentate per essere raccontate senza togliere il piacere della scoperta che questa serie, pur nella sua struttura episodica, riesce ancora a offrire.
The Treasure Chest Of Courage nasce da due esigenze. La prima è narrativa e punta ad approfondire momenti lasciati in sospeso o mai pienamente spiegati, dando spazio a sfumature che meritavano attenzione. La seconda è tecnica e ruota intorno al fatto che la prima stagione dell’anime ha quasi raggiunto la pubblicazione del manga, e quindi una seconda stagione non può essere prodotta troppo in fretta. In questi casi, creare un contenuto intermedio, anche se non attinente alla linea narrativa originale, aiuta a mantenere l’attenzione sul prodotto ed è una scelta delicata, non sempre ben accolta dai fan più esigenti. Fortunatamente questo spin-off funziona.
Nonostante l’assenza di una vera continuità tra gli episodi, il tono e lo spirito della serie originale vengono rispettati in pieno. I racconti proposti sono coerenti e curati, con un’attenzione particolare a ciò che ha reso grande Ranking Of Kings: l’umanità dei suoi personaggi, la loro fragilità e il loro coraggio. Le storie che coinvolgono Bojji e Kage sono toccanti, e quelle su personaggi come Daida, Miranjo e Ouken offrono una nuova profondità emotiva al racconto. Certo, non tutte le vicende hanno lo stesso impatto: alcune colpiscono di più, altre sono meno avvincenti, ma nel complesso il bilancio è positivo.
Dal punto di vista tecnico, WIT Studio conferma la sua capacità di mantenere alto il livello qualitativo. L’animazione conserva quello stile inconfondibile, fatto di linee morbide e un’espressività fuori dal comune, che rende ogni scena unica e immediatamente riconoscibile. In alcuni episodi vengono anche utilizzati stili diversi di animazione, con approcci visivi particolari e sperimentali che riescono comunque a integrarsi perfettamente nel contesto, senza mai tradire l’identità grafica dell’opera. Anche il comparto musicale fa la sua parte: le musiche accompagnano bene ogni momento e la sigla di apertura, pur semplice, è orecchiabile e simpatica.
In conclusione, Ranking Of Kings: The Treasure Chest Of Courage è un contenuto aggiuntivo che non altera la storia principale, ma la arricchisce. Non è consigliabile guardarlo senza prima aver visto la prima stagione, perché si perderebbe gran parte del contesto e del significato. I più puristi, forse, storceranno il naso di fronte a una serie non canonica (ed in generale potrei anche essere d’accordo), ma in questo caso, il lavoro svolto è degno di nota: emoziona, intrattiene e aggiunge profondità senza mai snaturare l’anima dell’opera originale. Vale davvero la pena concedergli una possibilità.