A volte anche i giochi casual raggiungono vette molto alte. È il caso di Rebuild 3, un gestionale molto semplice ma capace di creare dipendenza.
Rebuild 3: Gangs Of Deadsville è un gioco tutt’altro che recente e tutt’altro che famoso. Uscito nel 2015, propone un gameplay molto semplice che ci vede inviare i nostri sopravvissuti in diverse zone della città cercando di ricacciare gli zombi e le gang a noi ostili. Tutto il gioco si svolge sulla schermata principale, dove vengono riportati i vari isolati e la presenza di zombi e di possibili risorse.
Nonostante la sua apparente semplicità, Rebuild 3 offre una serie di piccole chicche ed integrazioni tipiche dei giochi più avanzati che stupiscono, ed alla lunga il gioco crea dipendenza, tanto da perderci le ore senza nemmeno accorgersene (come per Civilization 4 o il più simile Fallout Shelter).
Intanto, c’è un ottimo bilanciamento nelle fasi di gioco, che ci vedono iniziare con un piccolo manipolo di sopravvissuti alle prese con le necessità di trovare cibo e materiali, tenere a bada gli zombi nelle zone circostanti (che se ignorati troppo a lungo attaccheranno i nostri territori), trovare altri sopravvissuti e nel lungo periodo stabilire una nuova società in barba (o insieme) ai gruppi organizzati e spesso ostili che possiamo trovare intorno a noi.
La forza del gioco è nei dettagli: dal fatto che ogni attività fa riferimento ad uno dei cinque valori che regolano le abilità dei sopravvissuti (combattimento, costruzione, ricerca di materiali, scienza e leadership) che migliorano con l’utilizzo e con l’esperienza, ma solo quando stiamo effettuando attività relative all’abilità primaria (cambiabile studiando… nelle scuole); alla necessità di assegnare i sopravvissuti giusti per le varie diverse attività; al fatto che abbiamo troppe priorità allo stesso tempo; fino al dubbio legato al poter portare con noi solo quattro sopravvissuti (ed il loro equipaggiamento) da una mappa all’altra, peraltro tutte generate proceduralmente.
Interessante il sistema che regola il combattimento e le varie missioni, tutte legate a schermate pressoché statiche: in base al totale di abilità dei nostri personaggi presenti sull’isolato, ed in base alla minaccia presente, ci sarà una percentuale variabile di pericolo e di eventi che possono scatenarsi. Inviare un gruppo di sopravvissuti inesperti a ripulire una zona con una icona zombi “rossa” equivale ad esporli ad un rischio molto elevato: non sono rari i casi in cui i nostri sopravvissuti vengano feriti, o peggio muoiano, senza che noi possiamo far nulla se non recriminare sulle nostre scelte troppo aggressive. L’unico modo per cercare di orientare l’esito degli scontri e scegliere l’opzione che preferiamo, ognuna con i suoi pro ed i suoi contro, è sperare che la percentuale di successo mostrata ci sorrida.
Oltre a quelli legati al combattimento, ci sono molti altri eventi che possono accadere, alcuni anche qui legati a scelte multiple o alla soddisfazione di determinati prerequisiti (un personaggio con un’abilità abbastanza alta, il possesso di un edificio, eccetera); altre volte semplicemente non avremo scelta, e le cose (positive o negative) accadranno.
L’unico punto debole del gioco è la ripetitività delle situazioni di livello in livello: lo schema per proseguire è sempre lo stesso, e non ci sono veri colpi di scena o introduzioni tali da stravolgere le nostre strategie. Una volta trovata quella vincente è solo questione di tempo e di pazienza prima di battere gli avversari presenti in quella determinata cittadina.
Nonostante questo, Rebuild 3: Gangs Of Deadsville ha una capacità incredibile di catturare il giocatore, continuando a trattenerlo grazie ad una sapiente gestione della pressione e della necessità di completare una missione prima che si scateni un attacco. È tipico passare ore intere a tentare di tamponare le priorità senza accorgersi del passare del tempo, classico segno di un gioco che coglie nel segno.
Anche se l’approccio è quello di un gioco casual, Rebuild 3: Gangs Of Deadsville è un titolo fra il gestionale e lo strategico capace di acchiappare anche i giocatori dediti ai 4X più profondi; è un ottimo passatempo in grado di divertire e di scatenare la sindrome da “ancora cinque minuti” che ricorda classici ben più blasonati.