Europa, Unione Europea e democrazia sono concetti storicamente legati e oggi, purtroppo, fortemente a rischio.
Da quando ha visto la luce, dalla pancia dell’Europa, l’Unione Europea è un concetto in continuo divenire: incompiuto, dai confini labili e dagli equilibri sottili. Un’idea che va di pari passo con un altro grande principio: la democrazia.
In periodi di grande crisi, come quello che stiamo attraversando negli ultimi anni, abbiamo più che mai bisogno di poter parlare di UE e di democrazia. Ciò nonostante, la sensazione che si avverte, soprattutto da cittadini europei, è diversa. Sembrerebbe quasi che, nei momenti più difficili, la democrazia non sia in grado di stare al passo con i tempi e che ci sia bisogno di un potere più forte; eppure, la democrazia è da sempre un concetto occidentale che unisce vecchio e nuovo continente, tanto che la sua instabilità mette in discussione ruoli e valori di entrambi le parti: Europa e USA. La prima, fino ad oggi imbrigliata nei suoi stessi ideali che la nobilitano ma la immobilizzano; i secondi fin troppo mobilitati, invece, all’ottenimento di una pace (quella della guerra russo-ucraina) che sa tanto di negoziato strategico.
E ancora: la prima in una posizione ibrida, equivoca, falsamente confusa, che cerca di far convivere termini difficilmente conciliabili per tentare di mediare tra Washington e Kiev; tanto che sembra esser venuto meno quel giudizio netto, quella condanna ferma verso Mosca e quel sostegno aperto verso l’Ucraina. I secondi che assolvono Putin, antidemocratico per nascita, senza mai condannarlo come invasore ma anzi legittimandolo a sedere al tavolo delle trattative e a ricevere una fetta della torta; tanto che l’America rischia di uscire dal conflitto in una posizione diametralmente opposta rispetto a quella in cui vi è entrata.
Si tratta insomma di un progressivo allontanamento degli USA dall’Europa che si riflette in una NATO indebolita, non più in grado di garantire la pace all’unanimità; al punto che Trump la sua pace ha deciso di prendersela autonomamente mentre l’UE abbozza un piano di riarmo senza un vero soggetto politico europeo in grado di coordinarne gli sforzi. Questo, con il rischio che si amplifichino le differenze interne tra i Paesi dell’Unione senza alcun sostanziale impatto geopolitico (ne parliamo qui: Trump divide l’Europa). Eppure, un messaggio di forza comune, seppure ancora non concreto, bisognava trasmetterlo, soprattutto a quei giovani che sono nati nell’Unione Europea o che ci sono cresciuti dentro dimenticandosi, a volte, di doverla difendere.
Per avere un ruolo, nella crisi prima e nella pace poi, l’UE deve disporre dei giusti mezzi, militari ma anche (soprattutto) politici. Quel che oggi appare, invece, è un’istituzione impacciata ed emarginata, che cerca a tutti i costi di rivendicare un ruolo, di contare qualcosa. Ma l’equivoco nasce a monte: l’UE parla una lingua diversa, quella della democrazia, ed è con questa che prova a comunicare con i suoi interlocutori, USA e Russia, che invece si legittimano a vicenda e si comprendono benissimo tra loro, mentre cercano di dividersi il mondo.
Proprio per questo motivo in tre anni l’UE non è stata in grado di arrivare alla pace; ed è per lo stesso motivo che Trump, invece, pare riuscirci in pochi giorni: perché si tagliano fuori dal concetto di pace i valori sottostanti e si discute unicamente di come uscire dal conflitto (e a quali condizioni), dimenticando volutamente di come ci si è entrati. La tregua segna non solo un cessate il fuoco ma stabilisce anche un nuovo ordine mondiale in cui USA e Russia, storicamente nemici, riscrivono le regole del gioco e si accordano a discapito dell’Ucraina contro un unico, grande, nemico comune: la Cina.
In questo quadro, non può esserci spazio per l’Unione Europea. Non dobbiamo dimenticare l’ambizione ed il coraggio che animavano i suoi fondatori e che sono sfociati, ad esempio, nella creazione della moneta unica, nel salvataggio dopo la crisi del 2008, nella creazione di titoli di debito europei; però manca ancora una politica estera comune, con dei referenti politici, con dei ministeri come quello della difesa, degli interni o degli esteri europei, che vadano oltre i nazionalismi.
Il momento è difficile, cruciale ma anche prezioso: l’Unione Europea è in pericolo. Ma, oltre alla paura, deve restare la speranza.