Sacro GRA: la recensione

Una roba indefinita: Sacro GRA vorrebbe mostrare vite diverse senza dare un contesto o un filo logico. Ne esce una porcheria colossale.

 

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I documentari mi piaccono, davvero. Li ho sempre divorati, fin da ragazzino; all’epoca in televisione c’era un Piero Angela sulla quarantina e il suo Quark che era un programma rivoluzionario. Lo facevano il Giovedi’ sera, e poi iniziarono a trasmetterne anche alle 14.30 dopo il telegiornale, con i documentari sempre introdotti da lui.

La mia passione per il genere mi ha portato a vedere profondi cambiamenti nello stile usato per realizzare i documentari; e da quando e’ stato immesso nelle sale il rivoluzionario The Blair Witch Project, un film tanto insulso quanto nuovo nelle meccaniche di ripresa, anche i documentari hanno iniziato ad avere un approccio diverso.

Sacro GRA e’ interamente girato come se ci trovassimo nello stesso luogo dei protagonisti, ma senza alcun tipo di introduzione o narrazione. Questo approccio e’ comunemente usato nei documentari che cercano di raccontare la verita’ senza filtri (ad esempio il bellissimo Come de Carta sul terremoto di Amatrice del 2016), ma Sacro GRA manca di contesto e di mordente.

Vengono riprese scene dentro gli appartamenti appena consegnati ad una serie di famiglie, scollegate fra loro. Non si capisce quale sia il legame fra loro e nemmeno fanno provare alcun sentimento nello spettatore. Semplicemente, osserviamo degli intermezzi delle loro vite.
In altri momenti seguiamo momenti di vita di persone che vivono in tutt’altri posti, chi in solitudine in qualche casa di periferia, chi in una roulotte, chi in un barcone sul Tevere. E quando pensi di aver trovato finalmente un collegamento fra tutte queste persone, quello di mostrare il volto piu’ povero nella nostra societa’, ti arriva uno studioso un po’ inquietante che ti parla del Punteruolo Rosso, un insetto che a Roma sta facendo strage di palme.

 

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Insomma, Sacro GRA non ha ne’ capo ne’ coda, e’ un’accozzaglia di scampoli di conversazioni delle quali solo un paio sono interessanti. C’e’ l’infermiere che vive fra ambulanze e videochat, solo e isolato dal resto del mondo, o la coppia che vive sul gia’ citato barcone. Ma per il resto non c’e’ proprio nulla da salvare, e non si capisce che intenzioni avesse il regista durante la realizzazione della pellicola.

Eppure Sacro GRA e’ stato incensato dalla critica nazionale; e quando si scopre che dietro la macchina da presa c’era lo stesso Gianfranco Rosi che tre anni dopo avrebbe realizzato Fuocoammare, film radical chic simbolo del supporto all’immigrazione incontrollata, il sospetto che il favore ottenuto fosse dovuto alla frequentazione dei salotti giusti si fa molto forte.

Sacro GRA e’ una porcheria, e fa male all’intero comparto del documentario-realismo.
E pensare che una volta in televisione davano documentari scientifici e naturalistici senza storielle di contorno. Bei tempi.

 

Sacro GRA, 2013
Voto: 3
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