Ucraina in Occidente: NATO o Unione Europea?

Sebbene formalmente distinti, i processi di adesione alla NATO e all’UE sembrerebbero, per l’Ucraina, strategicamente connessi.

 

 

Da tempo l’Ucraina ha espresso in maniera netta la propria volontà di entrare sia nella NATO che nell’Unione Europea. Nel primo caso, la richiesta, molto discussa e mai formalmente accolta, è pervenuta da Kiev nel 2002 ed è stata ribadita in più occasioni successive; in particolare a seguito dell’aggressione russa della Crimea (2014) e della definitiva invasione del territorio ucraino (2022).
La domanda formale di adesione all’UE è stata invece presentata dal presidente ucraino Zelensky a fine febbraio 2022; in questo caso però, la richiesta ha avuto maggior successo. A seguito, infatti, del parere favorevole espresso dalla Commissione Europea a giugno 2022, l’Ucraina ottiene lo status di “Paese candidato”, dando via ai negoziati con l’UE nel dicembre 2023. Due esiti nettamente opposti.

È doveroso premettere che si tratta di processi distinti e indipendenti, legati a logiche geopolitiche diverse. L’ingresso nella NATO di un Paese non ne mina, almeno teoricamente, l’adesione all’Unione Europea e viceversa ma, in questo caso, ci sono alcune considerazioni da fare.
La NATO nasce come alleanza militare volta a garantire la difesa comune e reciproca dei Paesi che vi aderiscono. L’ingresso di un nuovo Paese è subordinato all’osservanza di requisiti specifici di sicurezza e competenza militare, previo parere unanime dei suoi facenti parte. L’UE, invece, è un’organizzazione politico-economica che non prevede impegni di difesa collettiva per i suoi membri. La sicurezza è garantita da meccanismi di integrazione e cooperazione in settori ritenuti di interesse comune (commercio, politica economica, diritti umani).

In entrambi i casi, l’ingresso dell’Ucraina nelle rispettive organizzazioni rappresenterebbe per la stessa un passo cruciale indirizzato verso l’Occidente “anti putiniano”; questo, considerando quanto Trump possa essere, ad oggi, definito tale. Infatti il suo secondo mandato alla Casa Bianca (ne parliamo qui) potrebbe destare ulteriori preoccupazioni rispetto alle sorti dell’Ucraina in Europa.

 

 

Non bisogna dimenticare che, a prescindere dalle nobili motivazioni che hanno portato alla nascita dell’Unione Europea, essa rappresenta anche il primo alleato e interlocutore politico degli USA nel vecchio continente; parallelamente, la NATO costituisce l’estensione dell’egemonia militare statunitense in Europa. Si tratta, in entrambi i casi, di istituzioni mediante cui gli Stati Uniti rafforzano la propria presenza nel continente europeo; per questo motivo, nonostante le opinioni fortemente critiche espresse dalla presidente Von Der Leyen nei confronti di Putin, non è possibile, ora più che mai, ignorare le conseguenze dei recenti risultati elettorali americani. Trump sembrerebbe molto più incline ad un dialogo con la Russia, il che lascerebbe l’UE da sola ad occuparsi dell’Ucraina.

L’equilibrio è tanto sottile quanto indispensabile. Il Cremlino ha apertamente espresso la richiesta di lasciare l’Ucraina fuori dalla NATO ed è cruciale, per poter arrivare ad un accordo con la Russia, che le sue condizioni non vengano messe in discussione. Come? Lasciando all’UE il difficile compito di fungere da ponte tra Ucraina e Occidente, preservando così i rapporti di Washington con Mosca. Un’Ucraina fuori dalla NATO e da tutti gli accordi militari ma membro dell’Unione Europea comunque potrebbe ben disporre il Cremlino ad un accordo per l’interruzione delle operazioni militari contro Kiev. Un colpo al cerchio e uno alla botte.

Entrambe le adesioni non sono viste di buon occhio dal Cremlino, ma è lecito pensare che l’ingresso di Kiev nell’UE possa risultare più facilmente digeribile dalla Russia. È evidente quindi che la questione riguardi l’Ucraina solo in parte: i veri equilibri da preservare saranno, in primis, quelli tra Trump e la Von Der Leyen, che dovrebbe farsi carico di ulteriori, ingenti, aiuti economici da erogare a Kiev.
Resta la considerazione sul fatto che la chiusura delle porte della NATO non dia alcuna garanzia di un cessate il fuoco da parte di Mosca, ma rende solo più concreta la possibilità di un accordo.

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