2 – L’incendio

Giada era seduta al centro della strada. Così, immobile, con gli occhi sgranati, ma fissi nel vuoto. Sembrava quasi in catalessi, a dirla tutta.
Il Toc la guardava, un pò preoccupato. L’idea di portarla con se durante le incursioni diurne per fare scorte l’aveva avuta Rocco, e sulle prime sembrava averla anche smossa un pò. Poi, giorno dopo giorno, era ripiombata in quello stato di assenza completa in cui l’avevano trovata in quell’appartamento qualche settimana prima, nascosta in un armadio da chissà quanti giorni.

 

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Della sua storia non sapevano nulla, e lei non aveva mai pronunciato una singola parola. Il medico del campo non aveva potuto far molto; lei non era ferita, aveva piuttosto bisogno di assistenza psicologica. Inutile dire che in quella situazione, era l’ultima delle cose disponibili.

“La volete prendere si o no? Dobbiamo rientrare.” Il Sergente fremeva sul lato della jeep, con l’aria di chi aveva poche intenzioni di perdere tempo. Perdere tempo equivaleva spesso a perdere uomini. Toc si mosse nella direzione della bambina, si chinò e l’afferrò per la vita, tirandosela in spalla; poi si affrettò verso il secondo mezzo. Appena chiuso il portellone posteriore, la colonna si mosse in direzione del campo.

Seduto nell’APC, Toc ripensò agli ultimi giorni. In quattro sortite avevano avuto solo un contatto, con un piccolo nido, peraltro, distrutto senza eccessivi problemi. Dagli altri campi di sicurezza le squadre riferivano più o meno la stessa situazione, e non sapeva cosa pensare. Da mesi si trovavano a fronteggiare gli assalti dei coleotteri, e ora che la tensione si stava abbassando era un pò preoccupato. Non sapeva come prendere il fatto, se si stessero ritirando sotto terra o cosa. Non aveva mai pensato che fosse una razza eccessivamente organizzata, eppure determinati comportamenti avevano nei fatti dimostrato che erano in grado di coordinarsi ad ampio raggio… Anche se a guardarli gli ricordavano solamente delle specie di coccinelle troppo cresciute. E parecchio affamate.

Rientrarono a Forte Trigoria quando gli ultimi raggi del Sole illuminavano a stento la campagna. Toc fu lieto di mettere i piedi sullo spesso strato di cemento che formava una impenetrabile barriera per gli assalti dal sotto suolo; quello era l’unico luogo dove si sentiva al sicuro. Scaricò i veicoli da trasporto con gli altri, poi si diresse verso la sua tenda. Le baracche ed i container erano stati assegnati tutti ai civili, e sebbene fosse una scelta comprensibile, la vita in tenda non era l’ideale per tenere in efficienza per mesi una forza militare costantemente sotto pressione. Lui era a Forte Trigoria da quattro mesi, ormai, ed era fra i pochi che non avevano ancora trovato una compagnia femminile. Forse perchè più grande della media, con i suoi trent’anni abbondanti, forse perchè aveva visto troppa gente morire, specialmente nei primi tempi, alla fine si era trovato a preferire una vita solitaria nel tempo libero. Si era però affezionato alla bambina, tanto che qualcuno della sua squadra lo chiamava “papà”.

Senza rendersene conto si addormentò sulla sua brandina, col fucile ancora appoggiato sul materasso. Un boato lo svegliò di colpo. Il tempo di riprendersi, e uscì dalla tenda impugnando l’arma. Nell’imbrunire era chiara la colonna di fumo che si stagliava sopra il vicino centro abitato. “Toc, muoviti, dobbiamo andare noi”, gli urlò un altro soldato. Ecco, una cosa che odiava davvero: un intervento di copertura durante le ore buie: troppo pericoloso per i suoi gusti. Rientrò in tenda per prendere l’equipaggiamento e risalì sull’APC. Appena i due veicoli antincendio furono pronti, il portellone del campo fu abbassato, e i veicoli uscirono. La jeep illuminava la strada con i fari piazzati sul tetto, ed in breve i cinque veicoli della colonna arrivarono sul posto: un palazzo in fiamme ai margini della borgata. Mentre i soccorritori iniziavano a tenere a bada il fuoco, che altrimenti, incontrollato, avrebbe potuto dilagare e colpire, in ultima analisi, il campo stesso, i due APC si schierarono a protezione della strada, mentre le due squadre si dispiegavano. Toc si era accucciato dietro una macchina abbandonata, e vide i suoi compagni già coprire la posizione. I minuti passavano lenti, e mentre la tensione saliva, lo spegnimento proseguiva celermente; ormai il fuoco era arginato, si lavorava per impedirne la propagazione. Sì girò dietro, per controllare la situazione alle sue spalle, proprio mentre alla sua destra qualcuno iniziò a sparare. “Arrivano! Arrivano!” Eccoli, alla fine. Era prevedibile: praticamente erano un enorme punto nero su un foglio bianco, per quanto erano esposti. Gli spari aumentarono di intensità, mentre qualcuno iniziò a sparare anche dall’altro capo della strada. Improvvisamente uno sciamare di coccinelle gli riempì il campò visivo. Lui e Rocco iniziarono a far fuoco, facendo letteralemente esplodere i carapaci al contatto coi proiettili. “Quattro sotto attacco!” “Tre sotto attacco!” “Cinque sotto attacco!” Via radio i messaggi si sovrapponevano. Toc continuava a sparare, ma le coccinelle continuavano ad avanzare. Erano tante, come da parecchio non ne vedeva. “Qui sei, continuano a venire sotto! Si avvicinano!” “Tocchini, tieni la posizione”, rispose il Tenente. “Tenente, mandate supporto a quattro!! Non li teniamo!” Il Tenente mandò la squadra di riserva a dar man forte, ma le chiamate cominciavano ad arrivare anche dagli altri punti di difesa. Toc vide il Sergente muoversi dietro di loro a valutare la situazione, mentre si coordinava via radio col Tenente.”Tre arretra! Tre arretra!” Da quel che capiva, mentre sparava a bersagli sempre più vicini, è che il perimetro stava per cedere. Si chiedeva perchè non arrivasse l’ordine di saltare sui mezzi e darsela a gambe.
Poi, avvenne il peggio. Dall’unico lato sicuro, quello dell’incendio, le coccinelle sciamarono rapidamente, ora che le fiamme non erano più compatte. Coloro che stavano spegnendo l’incendio furono travolti, mentre i due soli soldati lasciati a protezione non riuscivano a tenerle a bada. Per radio le urla si facevano costanti, ora che la situazione sembrava compromessa. “Ai mezzi! Ai mezzi!” La voce non era del Tenente, ma del Sergente, o almeno cosi’ gli era sembrato; ma Toc poco importava: si alzò e arretrò sparando, fino a raggiungere l’APC poco distante. A quel punto potè intravedere il Tenente a terra, decapitato, mentre il lato opposto aveva ceduto completamente e i suoi compagni erano stati sopraffatti. Rientrò nell’APC insieme a Rocco e alle due squadre che aveva vicine, per poi richiudere immediatamente il portellone. L’altro APC si mosse nella loro direzione, quella del campo, col portellone ancora abbassato. Fece una decina di metri, poi sbandò e si fermò al centro della carreggiata. Nessuno mosse la jeep o i veicoli antincendio.
Mentre nessuno rispondeva alle chiamate via radio, il suo veicolo inizio’ a muoversi in direzione del campo, schiacciando le coccinelle che si stavano infilando sotto gli assi.

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