Benjamin Netanyahu è il miglior alleato di Hamas

I terroristi di Hamas governano da tempo sulla Striscia di Gaza anche grazie all’aiuto del Primo Ministro israeliano Benjamin Nethanyahu.

 

 

Dall’attacco sul suolo israeliano del 7 ottobre 2023, la narrazione del conflitto in Palestina ha vissuto un dualismo che ha contrapposto Tel-Aviv e Hamas senza approfondire le relazioni tra gli attori in gioco.
Dalla proclamazione dello Stato d’Israele, avvenuta il 14 maggio 1948, le relazioni tra lo Stato ebraico e i territori palestinesi sono deflagrate rapidamente; Israele, attaccata all’indomani della propria proclamazione da una coalizione di Paesi arabi, ha risposto promuovendo progressivamente una serie di politiche ostili nei confronti dei territori palestinesi. Negli anni diversi gruppi di estrema destra di Tel-Aviv hanno cercato di ostacolare la creazione di un’autorità statale palestinese indipendente, aiutando direttamente o indirettamente gruppi radicali come Hamas.

L’attuale Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, entra nel vivo delle scena politica a metà degli anni ’90 sostenendo attivamente l’ascesa del radicalismo a Gaza in contrapposizione e come alternativa all’Autorità Nazionale Palestinese. L’assassinio nel 1995 del Primo Ministro Yitzhak Rabin da parte di un ebreo ultra ortodosso aprì le porte alla strategia di Netanyahu; proprio Rabin aveva negoziato gli Accordi di Oslo con cui si istituiva l’Autorità Nazionale Palestinese e le si affidava il compito di autogovernare parte della Cisgiordania e la Striscia di Gaza.

Il primo mandato di Benjamin Netanyahu prese il via nel 1996, a seguito di una campagna elettorale incentrata sulla morte di Rabin e sulla messa in discussione degli Accordi di Oslo; l’obiettivo dell’ultra destra israeliana era quello di sconfessare l’intesa raggiunta da Rabin con Yasser Arafat, Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, alimentando la polarizzazione tra israeliani e palestinesi. Anche negli anni successivi, soprattutto in concomitanza del ritorno di Netanyahu al Governo nel 2009, la strategia della destra israeliana è stata rilanciata, favorendo una strategia della tensione che ha portato gli estremisti di Hamas ad imporsi come guida politica e militare della Striscia.

 

 

Il conflitto tra Hamas e il partito Fatah, fondato da Arafat, aveva già portato nel 2007 ad una separazione politica tra la Cisgiordania, guidata dall’Autorità Nazionale Palestinese, e la Striscia di Gaza in mano ad Hamas. La strategia di Netanyahu mirava ad isolare Gaza favorendo economicamente la stessa Hamas affinché preservasse il Governo nella Striscia a discapito di esponenti moderati; emblematico è il caso delle valigie piene di soldi qatarioti trasportate nel 2016 e nel 2018 da Israele verso Gaza attraverso il valico di Erez.

La strategia del Primo Ministro israeliano è stata criticata a più riprese anche dai suoi compagni di partito ma, seppur nelle turbolenze che hanno caratterizzato i vari Gabinetti di Netanyahu, questa politica ha continuato ad essere applicata fino al 7 ottobre 2023.

Così come Hamas è riuscita ad emergere grazie alle politiche della destra israeliana, anche il Primo Ministro Netanyahu oggi trova la forza per restare al Governo grazie alla creatura che lui ha aiutato a crescere. La radicalizzazione del conflitto ha infatti rafforzato il potere di Hamas nella Striscia, rendendo i terroristi il baluardo difensivo dei palestinesi; in questo contesto, la resistenza di Hamas è diventata il miglior alleato di Netanyahu che giustifica gli attacchi israeliani come risposta alle crudeltà di cui Hamas si è macchiata il 7 ottobre.

Il conflitto a Gaza continua a perdurare con dinamiche ben lontane dalle regole umanitarie che dovrebbero essere rispettate in ambito bellico; alla testa dei due schieramenti troviamo due guide intransigenti che adoperando mezzi e strategie efferate che paradossalmente giustificano la permanenza al potere della controparte. Questo equilibrio di ruoli stona in un contesto così logoro ma è lecito pensare che nel momento in cui una delle due parti soccomberà, verrà meno la ragione di esistere dell’altra.

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