Non Morirò Stanotte: la recensione

La seconda autobiografia di Karim Franceschi è un interessante spaccato sulla raffazzonata ma durissima guerra combattuta dai curdi contro l’ISIS nel Rojava.

 

 

Gli anni che hanno visto la battaglia contro l’ISIS spingere sul suo territorio sono anche quelli in cui molte contraddizioni sono venute alla luce. Il fronte curdo è stato uno di quelli dove maggiormente le ipocrisie internazionali hanno dimostrato il loro cinismo e la loro spregiudicatezza.

Il popolo curdo è storicamente avversato da ogni fronte; il suo territorio nativo è diviso fra Turchia, Siria, Iran e Iraq, e da sempre i curdi sono schiacciati fra tante diverse etnie. Il medio oriente è una polveriera sin dai tempi antichi, e la situazione curda è specchio di quel quadrante geopolitico.
Durante la guerra contro l’ISIS, curdi ed arabi si sono trovati alleati contro gli integralisti islamici, e quanto riporta Karim Franceschi è la storia – almeno dal suo punto di vista – di quanto successo in quei mesi sul fronte.

 

 

Karim Franceschi è infatti uno degli italiani che hanno combattuto all’estero sotto bandiera straniera in tempo di pace, ed uno dei pochi di cui si conosce l’identità. Franceschi racconta la sua realtà, quella della sua squadra e del suo vissuto; evita quasi del tutto di parlare dei livelli strategici decisi dai comandi; tutto il suo racconto si concentra sulla vita con i compagni d’arme, nel senso più politico del termine.
Sì, perché la guerra curda è una guerra fortemente politicizzata; ed anche se non in modo fastidioso, l’intero libro è permeato di richiami al comunismo, alle ideologie di sinistra e a tutto quello che gira loro intorno.

Il rischio di derivare in una ridicola esaltazione di una bandiera politica era forte, ma Franceschi è riuscito a concentrare le sue parole sui fatti e sulle situazioni concrete, tralasciando comizi o esaltazioni di parte; e pur rimandendo giustamente convinto delle sue idee politiche non risparmia critiche, anche feroci, ai suoi compagni più indottrinati che per questo motivo sono incapaci di vedere la realtà per quella che è.

 

 

In Non Morirò Stanotte c’è molto dedicato al dietro le quinte, alla vita fatta di noia e preparazione in attesa di essere inviati al fronte. E c’è anche molto orgoglio, quello provato da chi passa dall’essere un ospite non del tutto desiderato (come quasi tutti i membri internazionali dell’esercito curdo) all’essere un punto di riferimento per tutti i reparti operativi. Come dicevo poco sopra, la campana è unica (come in ogni autobiografia) e bisogna prendere lo scritto con un pizzico di attenzione. Eppure, proprio per le critiche presenti qua e là nel racconto, è plausibile che quello che racconti Franceschi sia tutta verità.

Non Morirò Stanotte è un buon libro di guerra, ma soprattutto appare come un onesto resoconto in prima linea di un conflitto durissimo e che, paradossalmente, dalle pagine del libro non sembra essere stato così crudo. È palese e comprensibile l’odio nei confronti dei miliziani dell’ISIS, ma non c’è un solo passaggio sulle loro nefandezze e sullo scempio fatto nelle città, sui civili e sui soldati nemici (tralasciando quanto accade normalmente, putroppo, in ogni guerra).
A Karim Franceschi va il merito di averci messo la faccia e di aver raccontato la sua storia in modo pulito e senza fare sconti verso le ipocrisie tipiche di certi ambienti di sinistra.

 

Non Morirò Stanotte, 2018
Voto: 7.5
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