Her Story: la recensione

Può considerarsi videogioco un’esperienza dove non si può sbagliare e si arriva inevitabilmente alla conclusione? Un esempio di successo può aiutarci a rispondere.

 

 

Non è ben chiaro quando si raggiunga la linea di confine tra il videogioco ed il film. Numerose opere del passato hanno usato intensivamente video recitati da attori reali come complemento o parte integrante della giocabilità, ma con Her Story il punto focale si sposta interamente sulla recitazione. La creazione di Sam Barlow si concentra completamente su una serie di brevi filmati che formano un grande collage, e l’unica missione del giocatore è quella di vederli tutti in modo da ricostruire una storia.

 

 

Dopo una schermata iniziale estremamente minimalista, ci si trova davanti allo schermo di un PC che imita una vecchia installazione di Windows 98. Destreggiandosi tra le poche icone, si intuisce che il computer si trova in una stazione di polizia, e chi lo sta utilizzando vuole ricercare delle informazioni archiviate su vecchie videocassette digitalizzate. L’indicizzazione però lascia molto a desiderare, e si dovrà quindi cercare costantemente delle parole chiave nel database per ritrovare via via i pezzi perduti di una serie di interrogatori.

 

 

Questo è l’unico tipo di input che viene richiesto al giocatore: il resto del lavoro avviene nella sua testa, dove dovrà elaborare una sua teoria su quanto raccontato dall’unica persona presente nelle registrazioni e di conseguenza pensare a quali termini ricercare per poter accedere a nuovi video (il motore di ricerca ne restituisce solo cinque alla volta). Infine, quando ogni singolo frammento sarà stato svelato, si capirà anche il nome ed il ruolo della persona che pilotiamo davanti al monitor. Un approccio molto scarno, ma che sposta completamente l’attenzione sulla narrazione.

 

 

Tutti i filmati sono recitati da Viva Seifert, musicista e ginnasta nelle insolite vesti di attrice, che sfodera però una performance di altissimo livello. Il ritmo della recitazione è eccellente, merito anche di un buon copione chiaramente scritto non solo per raccontare la storia ma anche per renderla funzionale al tipo particolare di media. Se Her Story fosse stato un film, infatti, probabilmente avrebbe avuto un ritmo ben differente e probabilmente sarebbe stato bollato come troppo sperimentale. In un contesto simile invece dà al giocatore la giusta dose di atmosfera e curiosità, togliendo per contro qualcosa che viene dato per scontato: l’interazione.

 

 

Scrivere delle brevi stringhe di testo è tutto ciò che bisogna fare, e probabilmente in questo contesto sarebbe meglio sostituire il termine “giocatore” con quello di “fruitore”. Chiunque può immergersi nelle torbide acque di un giallo, pur senza avere alcuna abilità videoludica, e del resto neanche serve dare qualcosa in più della propria capacità di ragionare e scrivere (in inglese, va specificato). Un modo diverso di intendere il media, lontano dal classico vincere o perdere, con il solo scopo di godersi i monologhi fino alla conclusione.

 

 

Sarebbe però un peccato perdersi questa esperienza solo per la sua diversità rispetto al videogioco classico. La durata è azzeccata, e durante tutto il percorso ci si sente incollati alla storia, che non può essere descritta senza il pericolo di rivelarne i particolari più clamorosi ma che di sicuro non lesina in colpi di scena ed eventi a sorpresa. A volte ci si chiede se fosse stato il caso di aggiungere degli altri personaggi, ma tirando le somme si apprezza l’unicità della soluzione con una sola telecamera ed una sola protagonista, amplificata dalla scelta stilistica di applicare un pesante filtro che simula un tubo catodico usurato e polveroso su cui si osservano videocassette trasportate con mezzi non esattamente moderni.

 

 

Per rispondere alla domanda iniziale, Her Story si può considerare un videogioco? Forse sì, forse no. Ognuno ha la sua risposta al quesito, e quella di chi vi scrive è probabilmente negativa. Ma ciò che ha messo d’accordo chiunque ne abbia fruito è che questo tipo di media, qualunque nome gli si voglia dare, sa regalare grandi soddisfazioni, specialmente se come in questo caso è sfruttato per regalare un bel viaggio di sola andata dentro un fittissimo e appassionante mistero.

 

Her Story, 2015
Voto: 7
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