God is an Astronaut – All is Violent, All is Bright: la recensione


Avevamo gia’ parlato del gruppo irlandese quando recensimmo il loro quinto album nel 2011, poco dopo la sua uscita. Oggi parliamo invece del loro secondo lavoro, del 2005.

 

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All is Violent, All is Bright e’ un album particolare. Ha molte pecche, eppure a suo modo si lascia ascoltare; entriamo nell’analisi dettagliata dei 10+1 pezzi componenti la release.

Nelle prime tre canzoni (Fragile, All is Violent, All is Bright e Forever Lost) sembra esistere un filo conduttivo talmente forte che in alcuni momenti sembra che si stia ripresentando lo stesso brano sotto altre spoglie. C’e’ un continuo crescendo di ritmo e di potenza nelle melodie, e manca quella malinconia tipica delle sonorita’ post-rock piu’ classiche: e’ un tratto distintivo dei God is an Astronaut.

 

 

Con Fireflies and Empty Skies cambiamo passo. Dalle melodie veloci ma suadenti, si passa ad una intro dal ritmo serrato di tastiere elettroniche che segnano una demarcazione con il trittico iniziale, sebbene una sorta di “gia’ sentito” rimanga nell’aria.

A Deafining Distance e Infinite Horizons sono i brani che smorzano il ritmo e consentono un minimo di introspezione. I brani pero’ sono piuttosto brevi e – specialmente il secondo – finiscono in modo piuttosto brusco.

Suicide by Star inverte la tendenza e specialmente in conclusione rialza il ritmo in maniera sostenuta, sempre con un grande uso di batterie e tastiere; Rememberance Day si contrappone immediatamente con una lunga, piacevole intro di pianoforte. Forse uno dei momenti piu’ riusciti dell’album.
Dust and Echoes ricorda invece moltissimo Hunted by a Freak dei Mogwai, tanto che il primo minuto si puo’ praticamente sovrapporre al pezzo uscito nel 2003 all’interno di Happy Songs for Happy People.

 

 

 

L’ultimo brano e’ When Everything Dies; completamente avulso dal resto dell’opera, e’ sia elaborato che vario, ed e’ decisamente piu’ curato e “pesante” del resto dell’album. Ha un tono marcatamente piu’ oscuro, forse piu’ adatto al tipo di sonorita’ del post-rock.

Chiude la hidden track Disturbance; ancora una volta, un completo cambio di stile, un brano adattissimo ad ambientazioni futuristiche e spaziali.

L’album soffre di un costante, slegato cambio di ritmo, di mancanza di continuita’ nello stile e nella chiusura brusca di molti brani. Allo stesso tempo c’e’ una costante sensazione di riascoltare la stessa cosa; mancano varieta’ e tratti distintivi fra una canzone e l’altra. Alcune traccie sono degne di nota, ma nessuna e’ di un livello tale da lasciare il segno; tutto l’album soffre un una sindrome da “musica di atmosfera”; sembra quasi che siano canzoni fatte tenendo in mente i sottofondi musicali di certi locali o di certe trasmissioni televisive. Difficilmente identificherete una canzone o entrera’ a far parte della vostra playlist.

Eppure, tirando le somme, non si puo’ affermare che All is Violent, All is Bright sia un brutto album; nonostante manchi di carattere e somiglii troppo a se sesso, puo’ essere un discreto riempitivo e valere un ascolto saltuario.

 

God is an Astronaut: All is Violent, All is Bright, 2005
Voto: 6
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