Il Capitale Umano e’ un film dalla struttura complessa, ed e’ l’ennesimo colpo messo a degno dal regista Paolo Virzi’.
Provincia lombarda, oggi. Seguiamo la vita di due famiglie, la cui vita e’ intrecciata da amori e rapporti finanziari: i figli maturandi, ribelli e maleducati; i padri imprenditori, assetati di soldi; le mogli, madri troppo accondiscendenti e lontane dal comprendere le dinamiche della propria famiglia. Eventi inattesi ma possibili, in questo contesto, andranno a far saltare il banco e a sconvogliere le loro esistenze.
E’ un film profondo, e anche avvincente, questo Il Capitale Umano. I segreti, le ombre, l’ignoto viene svelato pian piano con maestria focalizzandosi volta per volta su di uno dei protagonisti, cosa che consente di mantenere la suspance e di poter cogliere lo stesso momento, la stessa scelta da differenti punti di vista. Lo spettatore rimane incollato allo schermo durante l’intera proiezione, e sebbene non tutti gli attori sono di primissima scelta, un fortissimo sostegno della sceneggiatura guida in porto la pellicola.
Paolo Virzi’ tratteggia in modo implacabilmente negativo quella medio-alta borghesia che considera il danaro il fine e non un mezzo; il loro attaccamento ai soldi, il loro saper calpestare chiunque e qualunque valore per un ritorno d’investimento. E la pochezza di chi in quel mondo vive e ne fa parte; ma non si commetta l’errore di pensare che Virzi’ indichi i ceti meno abbienti come quelli che mantengono alto il valore morale; il regista toscano ne ha per tutti, e descrive una societa’ corrotta dove i pochi lampi di positivita’ sono equamente distribuiti fra ricchi e poveri.
C’e’ tutta la condanna a chi in questi anni ha speculato sulla finanza e a chi troppo sicuro di se ne e’ rimasto scottato; alla noia del alta societa’, all’intellighenzia arroccata sul nulla, alla pochezza di chi vive di sotterfugi.
Accennavamo agli attori: molto bravi Fabrizio Bentivoglio nel suo classico ruolo del meschino (ne parlavamo in sede di un’altra recensione) e Valeria Bruni Tedeschi in quello della donna di alta societa’ priva di vere abilita’; semplicemente immenso Fabrizio Gifuni nel ruolo dell’affarista – mi chiedo come mai non sia cosi’ valorizzato nel panorama cinematografico italiano. Un piccolo ruolo per Valeria Golino ne fa sospendere il giudizio, mentre non sono del tutto convincenti e quindi non raggiungono la sufficienza i tre piu’ giovani, Matilde Gioli, Guglielmo Pinelli e Giovanni Anzaldo. Nel complesso la prova attoriale e’ piu’ che buona.
Interessante la fotografia: un film i cui spesso toni tendono al grigio, al nero, o al bianco accecante della neve; una scelta che ci trasporta nel collinare contesto lombardo e che ci immerge in un inverno algido anche nei toni. I momenti piu’ rilassati sono scanditi dal verde della natura e da ampie vedute sul panorama bucolico. Claustrofobiche, come probabilmente deve essere, le scene negli interni – per quanto le stanze possano esser vaste. Tutto e’ studiato nei particolari.
Se non si fosse capito, Il Capitale Umano mi e’ piaciuto molto; non sono molti i film italiani di qualita’, ma questo rientra appieno nella categoria delle pellicole da ricordare.