Il primo chip dell’azienda Neuralink di Elon Musk è stato impiantato nel cervello di un essere umano: quali potrebbero essere le conseguenze?
Si chiama Telepathy il primo chip neurale sviluppato ed impiantato nel cranio di un paziente tetraplegico, è stato prodotto dall’azienda del magnate sudafricano Elon Musk Neuralink, ha le dimensioni di un bottone ed è composto da una batteria wireless, 64 fili e 1024 elettrodi; il chip è stato impiantato da un robot (costruito dalla stessa azienda) programmato per gestire a livello chirurgico le micro-componenti sottili come un capello umano che compongono questo strumento, una sorte di matrioska del progresso.
Volendone spiegare in poche parole il funzionamento, il chip ha il compito di raccogliere gli impulsi neurali che si creano quando il paziente pensa ad un movimento, decodificarli e successivamente trasmetterli in modalità wirless ad un dispositivo che li trasforma in azione; recentemente è stato diffuso un video in cui il paziente tetraplegico oggetto della sperimentazione controlla con il pensiero il cursore di un PC riuscendo a giocare e a completare una partita di scacchi online.
La questione ha ovviamente suscitato reazioni di sfumature diverse all’interno dell’opinione pubblica internazionale; se da un lato infatti è inopinabile sia il grado di sviluppo tecnologico raggiunto che il potenziale applicativo della tecnologia, dall’altro è lecito pensare che il confine raggiunto da quest’ultima nel rapporto con l’uomo possa spaventare.
Dietro allo spavento della massa si può pensare che ci sia l’immagine di uno scenario distopico, abbastanza diffuso nei film, in cui le macchine prendono il sopravvento sul genere umano; la fattispecie qui raccontata può essere vista come l’inizio di questa realtà, soprattutto in virtù della parte del corpo interessata, il cervello, ovvero quell’organo che in termini aristotelici rappresenta la nostra essenza.
Quello che però dovrebbe spaventarci maggiormente alla luce del nostro odierno rapporto con la tecnologia è la potenza con la quale quest’ultima ha impattato le vite di tutti noi; al di là del semplicistico riferimento ai social media, ciò che dovrebbe far riflettere è la rivoluzione che questi strumenti hanno dato ai concetti umani di “limite”, “distanza”, e “possibilità”.
Pensare a venti anni fa vuol dire pensare ad un mondo senza AirBnB, senza Glovo, senza TikTok o senza Netflix, e quel tipo di la società che lo viveva era inopinabilmente diversa da quella attuale; questo ovviamente non significa che il passato sia meglio del presente, perché dipende certamente dal punto di vista con cui si percepisce questa evoluzione, ma il dato di fatto è che la società è nettamente cambiata, e lo ha fatto con la velocità delle rivoluzioni.
Il peso di questo cambiamento e la sua velocità hanno investito la nostra società, e nei casi peggiori la piega che ha preso la tecnologia nella mani dell’uomo ha creato enormi danni alla struttura sociale; è il caso ad esempio del fenomeno delle “fake news”, delle influenze politiche tramite acquisizione di dati rubati, dello sfruttamento del lavoro perpetrato dagli algoritmi, delle profonde modificazioni territoriali subite da alcune città turistiche o del “revenge porn”.
Il chip di Elon Musk non è ovviamente il male del mondo e presumibilmente non ne causerà la rovina, però dovremmo chiederci se, date le possibili implicazioni che lo sviluppo di tale tecnologia può comportare, il genere umano sarà in grado di controllare le sue pulsioni speculatrici legate alle possibilità intrinseche di questo progetto.
Cosa potrebbe accadere se tale tecnologia un giorno riuscisse ad arrivare ad un grado di sviluppo più alto, magari tale da poter formulare lei stessa intenzionalità neurali traducibili poi dal sistema nervoso in azioni pratiche? In parole povere, come ci potremmo comportare davanti alla possibilità di poter condizionare dall’interno la nostra psiche o il nostro arbitrio?
30 anni fa il cellulare era visto come un bene di lusso funzionale solo ad una certa tipologia di persone, oggi si possono vedere bambini di 7 anni che con il proprio cellulare navigano in un oceano di contenuti, alcuni dei quali ingestibili vista la totale assenza di spirito critico in età infantile. Applicare a questa tecnologia un qualsivoglia tipo di dispositivo (amministrativo, sociale, educativo, economico..) in grado di assicurarne l’utilizzo all’insegna di un’eticità condivisa globalmente sarebbe la vera avanguardia per il genere umano; assicurarsi che lo sviluppo tecnologico futuro sia socialmente sostenibile sarebbe il vero progresso.