La notte in cui nacque We Are The World

Scoprire come è nato uno dei brani più famosi e abusati degli anni ’80 è come presentarsi alla cena di Natale delle star della musica.

 

 

Nel 2024, a quasi 40 anni dai fatti raccontati, il cantante Lionel Richie è protagonista e produttore di un docu-film sulla genesi del brano We Are The World: una canzone semplice, musicalmente trascurabile, ma che diventa iconica sia come fenomeno sociale che, soprattutto, per l’incredibile quantità di adesioni da parte degli artisti dell’epoca.

Il progetto Usa for Africa nasce per rispondere al britannico Band Aid nella contribuzione della raccolta fondi per mitigare una grave carestia in Etiopia. Lionel Richie e Quincy Jones, leggendario produttore funk e soul, coinvolgono la stella emergente Michael Jackson e registrano una demo che somiglia, per loro stessa ammissione, più a una marcia che a una canzone. Tra mille dubbi e perplessità, decidono comunque di inviare centinaia di musicassette (sì, proprio musicassette) agli artisti americani più in voga e, al di là di ogni previsione, quasi tutti aderiscono. Ora però bisogna metterli insieme!

 

 

We Are The World: La Notte Che Ha Cambiato Il Pop non è un documentario sulla musica, è il racconto di una sorta di impresa, di come ‘costringendo’ 46 cantanti dalle personalità estremamente differenti per un’intera notte negli studi A&M di Los Angeles si sia incredibilmente riusciti a raggiungere l’obiettivo; di più, a creare una famiglia, seppur per una sola notte. “Non voglio che finisca” è la frase che Diana Ross dice in lacrime alle luci dell’alba.

È partendo da questo inatteso risvolto che mi sono chiesto quali ruoli avrebbero ricoperto alcuni dei cantanti coinvolti se, invece che davanti a un docu-film, ci fossimo trovati a guardare una sit-com nell’immancabile puntata di Natale.

 

 

Lionel Richie è il padrone di casa; non è uno dei cardini della famiglia, ma finalmente ha la sua occasione! Ha organizzato la festa e vuole più di chiunque altro che tutto vada per il verso giusto. Per questo, con la sua energia, i discorsi motivazionali e la pazienza infinita, Lionel emerge in una nuova luce e può finalmente dire a tutti “Ci sono anche io”.
Stevie Wonder è lo zio eccentrico, con una sua visione, quello che qualunque cosa accada va dritto per la sua strada. È così che, con la disinvoltura di un bambino, nel mezzo della registrazione cerca di far inserire strofe in lingua Swahili tra lo sgomento generale.
Al Jarreau è lo zio anziano, quello che parla ad alta voce, fa battute su tutti e alza decisamente il gomito. Così, al momento di cantare la sua parte, si paralizza e non riesce neanche a leggere il testo.
Al suo opposto troviamo Micheal Jackson, il nipote modello, l’orgoglio di nonno Quincy: ogni volta che c’è da costruire un’armonia, esprimere un parere o eseguire un controcanto ha sempre la soluzione giusta.

 

 

Bob Dylan è il cognato che con la famiglia ha poco a che fare. Aria distaccata e severa, non rivolge la parola a nessuno, sembra sempre a disagio. Il motivo si scoprirà più tardi: una terribile paura di sbagliare. Vuole cantare il brano come gli altri, con la stessa vocalità, ma sa bene che quello non è il suo mondo. Ed è qui che avviene il miracolo di Natale: Stevie Wonder si mette al pianoforte, radunando con il suo magnetismo tutti attorno a sé, e fa sentire a Bob come dovrebbe cantarla… imitandolo! Tutti ridono, compreso Dylan, che finalmente interpreta la sua mezza strofa con una personalità che forse nessun altro è riuscito a mettere nel brano.

Una menzione particolare infine la merita il parente che non c’è: Prince. Per tutta la notte ci si chiede se il cugino che da giovane se n’è andato e raramente fa avere notizie di sé li degnerà della sua presenza. Per un attimo sembra accadere quando gira voce che, se c’è spazio per un suo assolo di chitarra, un salto per il caffè e l’amaro è anche disposto a farlo. Ma niente! Il cugino è così, se non può essere lui il protagonista unico della festa, tanto vale non esserci per niente. La famiglia gli vuole bene anche per questo.

Rispetto ai numerosi documentari musicali usciti negli ultimi tempi, la forza di We Are The World: La Notte Che Ha Cambiato Il Pop sta quindi nel conferire ai personaggi una dimensione più intima e personale, tra debolezze, ripensamenti e anche nevrosi, e la cosa paradossale è che lo fa reinterpretando un momento storico musicale, quello del pop, in cui divismo e idolatria avevano forse raggiunto i loro massimi livelli.

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