Comprate una vocale!

Il Ceppo ha una voglia irrefrenabile di sfogarsi e mi chiede di riportarvi ciò che lo infastidisce mortalmente: gli anglismi.

 

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L’andazzo consolidato all’esterofilia lessicale, l’uso continuo di anglismi soprattutto, è ormai dilagante tra gli italiani, questo è appurato. E il ceppo può pure tollerarlo quando si tratta di termini specifici legati al mondo dell’informatica, del marketing, dell’economia, della televisione, perché, in fondo, sono settori che l’Italia ha spesso “importato” e che necessitano di un’apertura e di una ribalta internazionale.

Ciò che però il Ceppo non riesce proprio a digerire è l’uso, anzi l’abuso, che si fa dei termini inglesi anche nella scuola italiana, proprio da parte di quelle figure messe a custodire, come Cavalieri Templari, la sacralità dell’Istituzione: i Dirigenti scolastici.

L’ormai compiuta metamorfosi della scuola nel format di azienda vera e propria ha trasformato i suoi dirigenti in goffi business men, senza però il profilo e la credibilità degli uomini d’affari. Il Ceppo si è soffermato spesso ad ascoltare i loro discorsi diretti a famiglie, alunni e docenti, restando sconcertato e al tempo stesso divertito dall’ascolto di frasi sulla “mission della scuola…”, che deve avere “una vision improntata al futuro”.

 

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Il Ceppo, in tutta onestà, avrebbe voluto darsi fuoco pur di non dover più ascoltare. Avrebbe voluto piroettare e urlare scoppiettando: comprate una maledetta vocale! Visione, non vision, missione non mission! In fondo, cari dirigenti, bisogna stare al passo, il Ceppo questo lo capisce, e capisce anche come certi termini siano ormai entrati di diritto nella parlata comune, pur tuttavia quello che lo intristisce amaramente è che proprio nella culla della cultura europea, proprio nella patria delle prime università, proprio dove il latino è nato prima di dividersi in mille affluenti e diffondersi in Europa alfabetizzandola, si debba sostituire alla pregiata lingua italiana un lessico internazionale in contesti in cui il più delle volte non è necessario usarlo. Insomma, l’uso di anglismi nel giusto contesto passi, anzi sia incentivato. Ma non l’abuso in contesti in cui suona ridicolo. Passi anche dover ascoltare in televisione plus pronunciato “plas” alla maniera inglese, ma sentirlo ripetere a scuola in cui il latino andrebbe ancora usato, incentivato e protetto come bene UNESCO, è ossimorico e fa prudere le mani.

A imporre questa tendenza, d’altra parte, è la società stessa. Il tempo è denaro, anche per i dirigenti scolastici, in concorrenza tra loro per accaparrarsi quei fondi europei che lo Stato italiano non è più in grado di erogare. In barba ad ogni dialettica e confronto democratico, costoro si chiudono ormai in comunicazioni fiume, con un lessico smart, ricco di anglismi che assolvono alla necessità di sintesi ma si riducono a meri slogan. Tempus fugit (lasciateglielo dire, povero Ceppo) e loro sono troppo concentrati a macinare montagne di bandi e progetti remunerativi per soffermarsi a curare il bello stile.

Se qualche illuminato e pentito dirigente scolastico fosse in ascolto e volesse convertirsi e tornare sulla retta via, il Ceppo rimanda a un bellissimo articolo del sommo linguista Tullio De Mauro del 2016 su L’internazionale, che affronta tale tematica e in cui trovare l’elenco elaborato dal Gruppo Incipit dell’Accademia della Crusca, con alcune varianti in lingua italiana di termini inglesi.

Fateci un pensierino, “le parole sono importanti” recitava Nanni Moretti.

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