Cile e Bolivia si preparano allo scontro che cambierà gli equilibri di tutto il Sudamerica.
Non appena le gravi notizie dei primi di Febbraio 1879 raggiungono Valparaiso e Santiago, il governo cileno in accordo con il suo Presidente decide di forzare la mano e ordina a circa 200 soldati di sbarcare nei pressi del porto di Antofagasta. Il piccolo contingente occupa la città senza spargimenti di sangue, ben accolto dalla popolazione per lo più composta da cittadini cileni.
Il 22 Febbraio, il Perù si attiva con una missione diplomatica guidata da José Antonio de Lavalle, inviato nella capitale cilena nel tentativo di scongiurare uno scontro aperto tra le due nazioni confinanti. Il 27 Febbraio la Bolivia di fatto dichiara lo stato di guerra senza tuttavia inoltrare formale dichiarazione al Cile, mentre da Lima arriva l’ordine di preparare la flotta peruviana in vista di future missioni belliche. L’ultimatum boliviano con la richiesta al Cile di ritirare le sue truppe da Antofagasta va a vuoto, e alla metà del mese di Marzo viene formalizzata la dichiarazione di guerra.
Da subito, il Ministro per gli affari esteri cileno richiede una formale dichiarazione di neutralità al governo peruviano, ma il temporeggiare di Lima, insieme alla scoperta dell’esistenza di un patto segreto di natura difensiva tra Bolivia e Perù, spinge il Cile a dichiarare guerra anche al vicino del nord, il 5 Aprile 1879.
A entrambi gli schieramenti appare chiaro da subito che, data la conformazione arida e desertica delle zone contese, gli scontri principali (o almeno quelli iniziali) dovranno avvenire per forza di cose a largo, sul mare. Prima di poter sbarcare in territorio nemico, bisogna infatti neutralizzare la flotta avversaria: una marcia via terra attraverso l’Atacama significa morte certa. In questa fase di scontro prettamente marittimo, a confrontarsi sono le marine peruviane e cilene: nonostante l’accesso all’Oceano Pacifico, la Bolivia non dispone di alcuna flotta militare e dunque non partecipa attivamente alle operazioni dei primi mesi del conflitto.
Ad aprire le danze è la flotta cilena che si muove per prima, spostando parte delle unità nei pressi della città peruviana di Iquique. Non solo riesce a bloccarne il porto ma avvia incursioni e bombardamenti anche sulle altre piccole cittadine costiere di Huanillos, Pisagua e Mollendo. La speranza è quella di attirare la flotta peruviana fuori dai porti fortificati più a nord, e sconfiggerla in una battaglia decisiva sfruttando la superiorità della propria flotta in termini numerici e di armamenti. L’inattività delle navi peruviane frustra la controparte che decide di provocare una reazione spostando il grosso delle navi ancora più a nord, nei pressi di Callao, lasciando alla sola corvetta “Esmeralda” e ad altre due piccoli navi (Covadonga e Lamar) il compito di mantenere il blocco navale su Iquique.
A Lima, il Presidente Ignacio Prado, assunto il ruolo di capo supremo delle forze armate, ordina alla propria flotta di dirigersi a sud per tentare di rimuvere quel blocco commerciale che alla lunga avrebbe causato danni irreparabili. La flotta cilena diretta a nord e quella peruviana diretta a sud si passano praticamente accanto, senza tuttavia avvistarsi. Arrivati al porto di Arica, Ignacio Prado (a bordo di una delle navi) e i circa quattro mila soldati imbarcati scoprono che Iquique è tenuta in scacco da forze insufficienti e decidono di attaccare. Miguel Grau, contrammiraglio e futuro eroe nazionale di Perù e Bolivia, assume il comando e si dirige verso Iquique a bordo del monitore Huàscar, e seguito dall’ammiraglia Indipendencia, una fregata blindata capitanata da Juan Guillermo More.
Il 21 Maggio ha inizio lo scontro navale che vede Miguel Grau e il suo Huàscar affondare l’Esmeralda cilena dopo lunghe ore di combattimenti davanti al porto di Iquique. La goletta Covadonga, inseguita invece dall’Independencia, riesce a trascinare la nave nemica in zone dai fondali molto bassi. La blindata peruviana colpisce diverse rocce emerse, si incaglia e affonda in poco tempo nei pressi di Punta Gruesa. L’aver tolto l’assedio marittimo a Iquique e l’affondamento della cilena Esmeralda non compensano però l’affondamento della fregata, che smorza in maniera decisiva il potere offensivo della flotta peruviana costretta nei mesi successivi a fare affidamento solamente al monitore di Grau.
L’Huàscar riesce a tenere in scacco la marina militare cilena per tutta la fase iniziale della guerra. Qualche mese dopo i fatti di Iquique, grazie anche al supporto della corvetta Uniòn, riesce a catturare il Rìmac, nave con funzioni di trasporto e con a bordo un’intera compagnia di cavalleria cilena. Tanta la vergogna a Santiago che il comandante in capo della flotta cilena si dimette all’istante. Le linee cilene sono continuamente minacciate dalla veloce e forte nave ai comandi di Grau, tanto che tutti gli sforzi cileni in questo momento sono dedicati alla sua cattura o al suo affondamento.
Dopo mesi di incessante caccia, l’8 Ottobre 1879 il monitore Huàscar cade in una trappola nei pressi di Punta Angamos e si vede costretto a dare battaglia. Ad affrontarlo c’è il nocciolo duro della flotta cilena, composto da due fregate blindate e due corvette, supportate da alcune piccole imbarcazioni in legno.
Aprofittando anche dei nuovi cannoni in grado di penetrare le corazze navali, i cileni attaccano per primi, provocando in poche ore grossi danni al monitore e causando la morte di Grau. La battaglia finisce con la cattura del pezzo più pregiato e temuto della marina da guerra peruviana. Da questo momento il Cile ha il pieno controllo del mare e la prima fase di questa guerra, prettamente marittima, può dirsi vinta.
Il monitore Huàscar è divenuto in tempi moderni un museo, ed è visitato dagli appassionati nel porto di Talcahuano, Cile.