Le promesse territoriali trascinano la Bulgaria nel primo conflitto mondiale a fianco degli Imperi Centrali dopo un anno di neutralità.
Il primo anno di guerra vede la Bulgaria non schierata e neutrale nonostante le posizioni apertamente filo-tedesche del Primo Ministro Vasil Radoslavov. La decisione appare quasi obbligata data l’esperienza appena conclusa delle guerre balcaniche (1912-1913) dalle quali la Bulgaria ne esce sconfitta e ridimensionata. La nazione ha bisogno di tempo per ricreare le proprie forze economiche e militari mentre sia l’Intesa che l’Alleanza iniziano a guardare verso Sofia come un possibile jolly da usare al momento opportuno.
Per l’Intesa, l’importanza della Bulgaria è principalmente data dalla posizione strategica e dalla vicinanza alla capitale nemica di Costantinopoli, cuore dell’Impero Ottomano alleato dei tedeschi e austriaci. Per le potenze centrali invece, l’alleanza coi bulgari garantisce una pressione mortale sulla Serbia che una volta sconfitta porterebbe a un collegamento diretto sulla rotta Berlino-Vienna-Costantinopoli. L’interesse ultimo del governo bulgaro e della casa reale è quello di aspettare, osservare ed eventualmente schierarsi con chi è in grado di offrire più territori e risorse alla nazione.
Per tutto il 1914 e la prima parte dell’anno successivo, i diversi tentativi da ambo gli schieramenti di trascinare la Bulgaria dalla propria parte falliscono miserabilmente. Lo stallo che si va creando sui vari fronti, così come la posizione sempre più strategica della nazione dopo un anno di conflitto, spingono le Potenze Centrali ad offrire non solo la Macedonia tanto agognata dai bulgari, ma, in caso di attacco rumeno o greco, anche dei territori persi dalla Bulgaria a vantaggio di questi vicini. È ciò che la Bulgaria attendeva da un anno a questa parte. Per Settembre, l’accordo con Germania e Austria è definitivo e formalizzato con un trattato di amicizia valido per cinque anni. La Germania eroga anche 200 milioni di marchi come aiuto allo sforzo bellico bulgaro. L’Intesa rimane all’oscuro dell’accordo continuando a pressare diplomaticamente Sofia.
Il 22 Settembre 1915 la Bulgaria inizia a mobilitare le truppe, nonostante i discorsi in chiave neutrale rivolti ai vicini. La Serbia, resasi conto della situazione, avverte con urgenza i propri alleati chiedendo disperato aiuto ma senza successo. Per i primi di Ottobre la Bulgaria riesce a mobilitare 600.000 uomini, schierando in campo ben 12 divisioni, 8 in più rispetto a quanto richiesto dai nuovi alleati. Le forze vengono poi divise in tre armate, due delle quali subito indirizzate verso il confine serbo. Il piano è quello di attaccare la Serbia da più direzioni, con le divisioni tedesche e austriache che attaccano dal nord e le armate bulgare dal fianco destro del paese. Il 14 Ottobre finalmente Sofia dichiara guerra al vicino.
Le due armate avanzano rapidamente occupando le prime città a ridosso del confine, per poi addentrarsi verso l’interno e virare a sud in direzione Skopje che viene occupata il 22 Ottobre. Gli attacchi coordinati e il rischio di accerchiamenti spingono le forze serbe a ritirarsi in direzione Kosovo, cercando di rallentare il più possibile le forze nemiche, riunite dopo la caduta della città di Nis, in un unico fronte. Entro due mesi dall’entrata in guerra della Bulgaria, la questione serba sembra essere stata liquidata in quanto l’intero territorio è caduto in mano nemica e il fronte si è spostato molto più a sud, verso la Grecia, dove l’Intesa si posiziona e non arretra più. Il corridoio tra Berlino e Costantinopoli è finalmente aperto, e l’ago della bilancia si sposta in favore delle potenze centrali.
L’anno seguente è il turno della Romania di entrare in guerra a fianco dell’Intesa, quindi si aprono le ostilità tra i due vicini confinanti sul Danubio. La posta in gioco è la Dobrugia, ceduta ai rumeni nel 1913. A guidare le operazioni a nord è la terza armata che, aiutata da ingenti forze tedesche, riesce a sfondare le difese rumene e riprendersi il territorio senza però fermarsi lì. In ripetuti attacchi coordinati tra il fronte transilvano e danubiano, i rumeni cedono sempre più territorio e la forza germano-bulgara riesce ad occupare rapidamente gran parte delle pianure rumene della storica valacchia per poi vedere il fronte stabilizzarsi in direzione Moldavia, ultimo territorio rimasto in mano alla Romania.
Ha inizio uno stallo che dura fino al 1918, con le armate bulgare impegnate fondamentalmente sul fronte greco-macedone a sud. Il deteriorarsi della situazione interna alle Potenze Centrali si riflette anche sulla tenuta del fronte, troppo debole per resistere all’Offensiva Vardar scatenata dall’Intesa nell’autunno del 1918. È l’inizio della fine non solo per la Bulgaria, ma per tutto il blocco centrale. La resistenza si disgrega rapidamente e le divisioni francesi, greche, britanniche ed italiane avanzano rapidamente verso l’interno, liberando i territori precedentemente occupati e forzando la Bulgaria all’Armistizio di Salonicco firmato il 29 Settembre 1918. L’11esima armata tedesca capitola, Sofia depone le armi e il Re Ferdinando I abdica in favore del figlio. Le forze britanniche si dirigono verso la parte europea dell’Impero Ottomano mentre il resto degli alleati proseguono nella liberazione della Serbia.
La Bulgaria si vede costretta a cedere nuovamente territori ai vicini precedentemente coinvolti ed attaccati dalla stessa, oltre ad ingenti riparazioni di guerra che terranno in ginocchio la politica e la ripresa del paese negli anni a seguire.