I giochi invernali asiatici 2029 in Arabia Saudita: tra ambizione ed impatto ecologico

Con una scelta che ha come unica ragion d’essere quella economica, lo stato arabo ospiterà i giochi invernali asiatici del 2029; ovviamente non senza conseguenze.

 

 

Una delle cose che appaiono sempre più chiare è come l’attenzione al dramma planetario del cambiamento climatico sia sentito in modo molto diverso a seconda delle zone in cui si vive. Se l’Europa sta prendendo misure sempre più stringenti, anche a costo di uccidere la propria economia, Usa, Russia, Cina, India e Brasile sono molto meno attente a mettere un freno alle emissioni dannose per il pianeta.
Ed apparentemente, a loro si possono aggiungere Stati danarosi come il Qatar, con i discussi mondiali di calcio, e l’Arabia Saudita.

La scelta di ospitare in pieno deserto i giochi invernali asiatici del 2029 non può non far aggrottare le ciglia. Di primo acchitto questa sembra una totale follia, in infatti andando a sviscerare la proposta più di qualche dubbio sulla sua attuabilità non può non sorgere.

 

 

La zona che ospiterà i giochi è quella di Neom, esattamente al centro della penisola araba e territorio montagnoso; più precisamente la località prescelta è quella di Trojena, dove è già in corso la costruzione di un impianto da sci fra i 1500 e i 2600 metri. Il problema è la neve: la zona infatti non vede solitamente precipitazioni tali da poter evitare un abbondante apporto di acqua desalinizzata e trasportata dal mare, ed il lago artificiale destinato a fare da riserva idrica rischia di restare drammaticamente vuoto per lunghi periodi dell’anno. Insomma, per far funzionare la cosa servirà un enorme dispendio di risorse e di energia elettrica a fronte di un ritorno tutt’altro che assicurato, soprattutto nel lungo periodo.

 

 

Il progetto, del valore stimato di circa 500 miliardi di dollari, serve a dimostrare la grandezza della famiglia reale Saudita. Ma se da un lato si possono parzialmente capire i presupposti di una mentalità eccentrica, non necessariamente allineata col pensiero moderno, al tempo stesso non si può ignorare il fatto che ci troviamo di fronte all’ennesimo esempio di come si voglia piegare la natura ai voleri dell’uomo anche di fronte ad evidenti assurdità di fondo; scelte miopi e non condivisibili in nessuna maniera.

Ma Neom è un progetto ancora più ambizioso. Il progetto complessivo inquadra infatti l’impianto invernale di Trojena solamente come un corollario: la componente più incredibile è quella della costruzione di una metropoli in pieno deserto lunga 120km e composta unicamente da due lunghissimi palazzi alti 488 metri, contrapposti e coperti di specchi; un’opera da oltre mille miliardi di dollari la cui reale fattibilità è tutta da dimostrare. Oltre agli ovvi dubbi sulla realizzazione tecnica e sulla veridicità delle affermazioni che promettono di realizzare queste strutture a impatto ambientale zero, ci si chiede chi mai potrebbe decidere di trasferirsi in una città fantasma dove viene riproposto per l’ennesima volta il concetto di “zone autosufficienti”, con appartamenti, servizi, scuole e negozi chiusi in una struttura autoconclusiva. Un concetto non dissimile dai tanti quartieri europei che si sono nei anni dimostrati degli asettici dormitori di cemento.

 

 

E non è tutto: sempre a Neom dovrebbe nascere Oxagon, una città artificiale galleggiante di sette chilometri di diametro parzialmente già in costruzione. E Neom vorrebbe avere serre verticali in grado di autosostentare la popolazione; una scelta visionaria ma oggettivamente difficilmente realizzabile, soprattutto considerando che l’energia elettrica utilizzata dovrebbe arrivare unicamente da fonti eoliche e solari.

L’impatto ecologico necessario per la costruzione di Neom, Trojena e Oxagon viene definito irrilevante da parte dei sostenitori del progetto, ma la cosa sembra semplicemente impossibile. Nel frattempo 20000 persone che vivevano nella zona sono state spostate di forza e senza compensazione, in linea con il potere dittatoriale e miope esercitato dalla famiglia reale Saudita; la stessa coinvolta in casi di efferati omicidi nei confronti dei giornalisti troppo curiosi, come è stato per Jamal Khashoggi.

 

 

Se il progetto Neom nel suo complesso sembra quasi l’esercizio di stile di un architetto di grido, Trojena è un vero controsenso per un Paese privo di zone coltivabili: invece di spendere una cifra irreale per costruire una località alla moda e sprecare una incalcolabile quantità di risorse per farla funzionare, non sarebbe meglio lavorare sul creare campi coltivabili, visto che l’Arabia Saudita importa annualmente l’80% del cibo consumato?

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