The Creator: la recensione

The Creator è un film fantascientifico con uno spunto interessante sul futuro delle AI; purtroppo si rivela molto meno originale del previsto.

 

 

L’ambientazione di The Creator ci porta in un futuro in cui l’uomo è in guerra con le macchine; se la vostra mente è andata subito a Terminator o a Matrix la cosa è più che comprensibile, ma in questa proposta cinematografica è l’uomo che sta provando a sterminare i robot muniti di Intelligenza Artificiale. Il regista e sceneggiatore di questo film, Gareth Edwards, ha voluto inserire tantissimi riferimenti alla cinematografia fantascientifica presente e passata, così come molti spunti sono stati rubati da maestri del calibro di Isaac Asimov. Purtroppo non è automatico che ottimi spunti e mitici riferimenti si trasformino in un prodotto eccellente, ed infatti The Creator ha diversi problemi.

La storia inizia con un evento isolato accaduto negli Stati Uniti, dove una IA si rende protagonista di un attentato nucleare che devasta Los Angeles. Lo stato americano bandisce qualsiasi ulteriore utilizzo di questa tecnologia ed comincia una campagna militare volta alla soppressione della minaccia. Un abilissimo scienziato, il Creatore, però continua lo sviluppo delle intelligenze artificiali e della robotica trovando rifugio e supporto nelle popolazioni dell’Asia. A vent’anni dall’attacco nucleare, e dopo una folle “caccia alle streghe” in giro per il mondo, l’America sta per porre fine a questa guerra senza quartiere contro un nemico ormai allo stremo.

Joshua, ex agente delle forze speciali, viene reclutato nuovamente dai militari per fermare una fantomatica arma sviluppata dalle IA. La destinazione della missione è in Asia, proprio dove il nostro protagonista aveva svolto, sotto copertura, la sua ultima missione. L’arma però si rivela essere una bambina artificiale, di circa sei anni chiamata Alfie che non ha la minima idea di quello che sta succedendo.

 

 

The Creator prende immediatamente le sembianze di un film di guerra, ma lo fa mettendo in contrapposizione una tecnologia bellica avanzatissima e delle sequenze praticamente copiate da pellicole sul Vietnam uscite oltre cinquant’anni fa. Guardando queste scene infatti viene spontaneo esclamare: “chi diavolo ha sganciato il napalm su dei poveri contadini?”. Assistiamo a diverse sequenze condite da esplosioni nei campi di riso, denso fumo, tanti cadaveri ed una valanga di braccianti feriti che scappano in preda al panico; ma tutto questo cos’ha a che fare con i robot e le AI? Niente, probabilmente è pura e semplice voglia di citare pellicole ben più riuscite.

Questo dualismo nella contrapposizione tra passato e futuro, meravigliose tecnologie e misticismo, politica e religione, uomo e macchina, oriente ed occidente viene proposto costantemente, con alterna efficacia, durante tutta la durata del film. Ci sono passaggi in cui questi estremi si fondono in modo quasi artistico dando una spinta positiva alla pellicola, ma purtroppo ci sono altri momenti in cui lo spettatore può rimanere quantomeno perplesso da quanto offerto. Il ritmo sostenuto del film aiuta a dimenticare velocemente i pensieri che affiorano nelle menti degli spettatori, ma questo non basta a rendere efficace la narrazione che comunque risulta sempre appesantita dagli innumerevoli riferimenti a qualsiasi opera sia venuta in mente a Gareth Edwards.

Le scene di combattimento si alternano a momenti meno vivaci che provano ad accennare questioni più impegnate, senza però mai arrivare ad un approfondimento vero e proprio. Onestamente non sono ancora riuscito a capire se questa è stata una scelta per far riflettere gli spettatori o semplicemente si è buttata altra carne al fuoco tanto per riempire ulteriormente una storia che probabilmente fa della banalità e delle citazioni il suo momento più alto.

 

 

Inizialmente ho pensato che John David Washington avesse interpretato Joshua in maniera più che onesta, esaltando da subito il lato più paterno e sentimentale del suo personaggio; purtroppo, riflettendoci a mente fredda, mi sono reso conto che un militare, in missione su suolo nemico, non si sarebbe mai comportato in questo modo. La giovanissima Madeleine Yuna Voyles, che interpreta la ragazzina artificiale, si comporta bene, mantenendo un buon feeling con il suo collega più anziano. Lo strano duo funziona, pur lanciandosi un po’ troppo presto in quel rapporto tra padre e figlia che, a mio avviso, sarebbe invece dovuto subentrare lentamente con lo scorrere degli eventi.

La fotografia e gli effetti speciali sono indubbiamente più che riusciti e probabilmente sono anche la parte migliore di questo film che si districa tra le troppe citazioni e la scarsa originalità. The Creator è un film che indubbiamente non entusiasma, ma che comunque, grazie ad un ritmo sostenuto e ad una buona fotografia, si lascia vedere.

 

The Creator, 2023
Voto: 6
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