Addio ai propositi del COP26

Con l’invasione russa in Ucraina e la già esistente crisi energetica, è stata messa la pietra tombale sul tentativo di contenere il riscaldamento globale.

 

 

Sembra passato un secolo, ma solo sei mesi fa il mondo, quasi nella sua interezza, aveva preso degli impegni importanti per cercare di contenere il riscaldamento globale entro i due gradi centigradi. Il principale risultato era quello di interrompere il prima possibile con le fonti di energia fossili: quindi carbone, gas, petrolio.
Non tutti i grandi consumatori si erano però detti d’accordo, a cominciare dall’India, nazione non certo fra le più avanzate in termini di etica e lungimiranza. Con il personalistico obiettivo di mantenere la spinta industriale che sta garantendo una crescita del PIL nazionale, il governo indiano, supportatato da una popolazione che vede migliorare il suo tenore di vita, ha evitato di assumere qualsiasi impegno temporale per l’implementazione della proposta. E intanto Russia, Cina e Brasile facevano piccole concessioni a denti stretti pur continuando nelle loro pratiche inquinanti.
In pratica, solo l’Europa e gli USA, dopo l’arrivo dell’amministrazione Biden, hanno sposato la tesi della necessità di un’immediata conversione alle fonti pulite e rinnovabili costi quel che costi.

 

 

La crisi del costo dell’energia comincia proprio col COP26, quando manovre speculative e forse anche di indirizzamento energetico comportano un aumento dei prezzi spesso ingiustificato. Ma deve essere successo anche qualcos’altro: la Cina inizia infatti contestualmente ad accumulare petrolio per le sue riserve strategiche e parzialmente lo fa anche l’India, come se avvertissero (o sapessero) di ciò che sarebbe accaduto in Ucraina qualche mese dopo.

Fatto sta che oggi i risultati e gli accordi sottoscritti al COP26 sono carta straccia. La Russia non ha minimamente iniziato la sua riconversione e non ha nessun progetto in cantiere in merito; anzi dovrà puntare molto sulla vendita dei suoi prodotti petroliferi (proprio a India e Cina) per sostenere l’economia, colpita dalle sanzioni e dal progressivo taglio delle forniture richieste dall’Europa, che a sua volta in questo periodo sta riaprendo le centrali a carbone come misura tampone.
Insomma, la guerra in Ucraina ha comportato enormi passi indietro in materia.

 

 

Quello che stupisce noi altri che non siamo alle leve del potere è l’apparente ottusità dei leader mondiali, guidati esclusivamente da motivazioni economiche e totalitaristiche ed incapaci di fare il loro lavoro, che consiste fondamentalmente nel guidare i propri popoli verso il benessere a lungo termine.

Trump, Putin, Xi Jinping, Mohdi e Bolsonaro sono i nomi più evidenti ma non certo gli unici ad essere colpevoli di aver condannato la Terra ad un futuro ormai non più evitabile. Finanzieri, multinazionali, grandi gangli di potere, sono tutti equamente responsabili per una situazione che il sito Climate Action Tracker mostra in modo evidente ed inequivocabile: nessun paese al mondo sta realmente cercando di fare il dovuto per garantire un futuro al nostro pianeta.

 

 

Con scenari che portano all’innalzamento dei mari ad un metro entro il 2100 nel caso le temperature dovessero essere contenute entro i 2° Celsius, è drammatico pensare che le prospettive di crescita siano attualmente oltre i 3°, con la maggior parte delle previsioni che non sono calcolabili per quell’aumento. Ma basti pensare che l’acidità del mare è prevista al 30-50% per i 2°, con la conseguente morte della maggior parte delle specie marine. Per non parlare dei ghiacciai e delle precipitazioni nevose, storicamente fonti di acqua per le popolazioni della fascia temperata del globo, ed un contestuale aumento del 36% delle precipitazioni che solitamente chiamiamo “bombe d’acqua”, e che sono devastanti per i centri urbani come per le coltivazioni, che soffriranno al tempo stesso di prolungate ondate di calore e siccità, con mezzo miliardo di persone esposte alla mancanza d’acqua.
Gli effetti dell’aumento del riscaldamento globale sono esponenziali, come ben riportato dal sito Carbon Brief.

 

 

Sarebbe bello poter dire che c’è ancora tempo per rimediare, ma la realtà è ben diversa. Anche se il vecchio continente sta spingendo fortemente verso le energie pulite, una delle poche cose buone implementate dall’Unione Europea nonostante l’impoverimento che questo sta causando alle proprie industrie ed alla propria popolazione, il resto del mondo ha completamente chiuso gli occhi di fronte a questo drammatico problema. Cina, USA, Russia e India producono da soli il 55% del CO2 mondiale, e se anche gli USA dovessero abbattere il loro inquinamento resterebbe sempre un 41% fuori controllo.

La sensazione è che con il dramma del clima uscito fuori dai radar dei media (ma mai veramente presente), il destino del pianeta Terra sia ormai realmente segnato.

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