La crisi fra Kabul e Teheran e le possibili influenze statunitensi

Il confine fra Iran e Afghanistan sta diventando un concentrato di tensione; e se i talebani fossero tornati di nuovo utili per Washington?

 

 

La frontiera fra Teheran e Kabul è lunga 900 chilometri, quasi quanto tutto il territorio italiano da nord a sud, e separa ben più di due semplici stati nazionali: il confine fra questi due paesi è infatti una netta separazione fra due sistemi politici fondati entrambi sulla religione islamica, ma con due matrici ben differenti.

A occidente c’è l’Iran degli Ayatollah, il baluardo nonché simbolo dell’Islam sciita, a oriente l’Afghanistan, stato sorto proprio dalla ribellione e dalla successiva separazione dell’etnia Pashtun dai territori orientali dell’Impero persiano nel XVIII secolo; attualmente governato dai Talebani, è uno stato prettamente sunnita.

La questione religiosa si estende e causa anche una serie di alleanze trasversali che non fanno che aumentare la tensione nell’area: è presumibile infatti che la nascita dell'”emirato” afghano sia avvenuta grazie a consistenti aiuti delle monarchie sunnite, come quella saudita o qatariota, interessate alla destabilizzazione dell’Iran per il controllo dell’area, soprattutto in virtù della loro fede sunnita, la maggioritaria nell’area.

 

 

Alla destabilizzazione dell’Iran, sia in chiave Medio Oriente che in chiave anti-Cina, sono interessati anche gli USA; l’operazione in Afghanistan post 11 settembre degli Stati Uniti avrebbe avuto come scopo anche quello di assicurarsi un territorio strategico in chiave anti-iraniana nell’area vista la prossimità fra i due stati.

Ora gli USA, fallito il tentativo di instaurare un regime politico amico in Afghanistan dopo anni di controllo militare del territorio e guerriglia con i fondamentalisti talebani, potrebbero sfruttare proprio il desiderio del governo talebano di riconoscimento e istituzionalizzazione internazionale per strumentalizzare a proprio favore le dinamiche geopolitiche di quell’area.

Gli Stati Uniti già in passato hanno sfruttato il fascino del loro arsenale bellico e delle proprie conoscenze militari per assicurarsi i favori dei fondamentalisti afghani: nel corso dell’invasione sovietica dell’Afghanistan del Novecento infatti furono proprio gli USA a foraggiare le linee militari talebane per resistere e respingere l’invasione sovietica.

 

 

L’alleanza iraniana con lo Stato del Dragone poi è probabilmente una dei peggiori scenari che si potevano concretizzare nel continente asiatico per gli USA, soprattutto alla luce della nuova Via della Seta, un progetto dall’enorme portata economica che renderebbe Pechino la potenza egemone globale e l’Iran il suo più prezioso partner energetico e infrastrutturale del continente.

Generare confusione e tensione nell’area renderebbe più instabile la realizzazione del progetto cinese e costringerebbe Pechino a rallentare sia in termini commerciali che economici, visto che i prestiti erogati da Pechino ai partner per la realizzazione delle infrastrutture necessarie alla nuova Via della Seta continuerebbero a non sortire l’effetto desiderato.

Il Medio Oriente è una regione politicamente suscettibile alle sollecitazioni, e le tensioni spesso culminano repentinamente in situazioni di conflitto, come nel caso delle guerra fra Iraq e Iran o nelle due Guerre del Golfo; pertanto lo scenario che si sta profilando in queste settimane fra Iran e Afghanistan potrebbe degenerare.

 

 

Secondo il Governo iraniano, Kabul starebbe costruendo nuove dighe lungo il corso del fiume Helmand, un fiume che attraversa i due stati e che risulta essere fondamentale per l’approvvigionamento idrico ed energetico di entrambi; la regione a valle del fiume infatti, situata in Iran, starebbe subendo gravi problematiche legate alla scarsità d’acqua.

Il problema dell’acqua potrebbe essere la causa scatenante di un conflitto dalla portata locale ma dai risvolti globali, oltreché il campo sul quale si scontrerebbero inevitabilmente le due potenze mondiali.

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