L’Iran dopo Soleimani: come i Pasdaran si prendono Teheran

La morte del Generale Soleimani nel gennaio 2020 ha dato il via ad una ristrutturazione dell’establishment iraniano.

 

 

L’ascesa della forza rivoluzionaria è la chiave di lettura per interpretare il futuro del paese: con la Rivoluzione khomeinista del 1979 si è instaurata a Teheran una teocrazia sciita che governa il paese ancora oggi. Tale paradigma di governo si basa su principi sciaraitici sciiti che contemplano, a differenza del sunnismo, la presenza del clericalismo affiancato da istituzioni democraticamente elette. Questo sistema, che vede al vertice la figura dell’Ayatollah, è quello comunemente conosciuto in Occidente; ciò potrebbe però essere messo in discussione dal cambio generazionale che sta incrinando gli equilibri dell’ex Impero Persiano.

La terza linea di potere, dopo i vertici clericali e le figure di Governo, è costituita dai Pasdaran (anche conosciuti come il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica dell’Iran), forza militare che dal 1979 ha dapprima affiancato e poi soppiantato l’Artesh, l’esercito regolare iraniano, nella difesa della Repubblica Islamica. Tutto il mondo ha conosciuto mediaticamente i Pasdaran il 7 gennaio 2020, giorno dell’assassinio del Generale Qasem Soleimani da parte delle forze USA in Iraq. Soleimani era il vertice dei Pasdaran, in particolare della Forza al-Quds, divisione per le operazioni militari in territori esteri. Dal giorno del “martirio” del Generale Soleimani hanno preso il via in Iran alcuni processi tuttora in corso che stanno mutando, non solo la postura di Teheran nei confronti degli avversari occidentali, ma anche gli equilibri interni del paese attraverso una ristrutturazione dell’establishment iraniano.

Soleimani rappresentava una delle ultime figure mistiche della Rivoluzione del 1979, un baluardo dei principi su cui venne fondata la Repubblica Islamica dell’Ayatollah Ruhollah Khomeini. Non solo, Soleimani incarnava lo spirito belligerante insito nella cultura rivoluzionaria iraniana, uno spirito costruitosi prima con il rovesciamento della monarchia, e in seguito con il sanguinoso conflitto con il vicino Iraq. La sua dipartita ha frammentato il potere e il peso politico che si accentravano nella sua figura e impresso un’accelerazione al cambio generazionale all’interno della forza rivoluzionaria.

 

 

Il peso dei Pasdaran non si esaurisce in ambito militare anzi, trova il proprio acme sul piano economico. I vertici della forza rivoluzionaria, infatti, sono a capo della maggioranza dei komiteh, associazioni parastatali che fungono da catalizzatori dei fondi pubblici della Repubblica Islamica e nelle cui casse passa la stragrande maggioranza delle risorse statali. In quest’ultimo aspetto troviamo l’intricato nodo gordiano che le prime due linee di potere di Teheran vogliono sciogliere. I governi iraniani hanno negli anni combattuto in modo silente il potere sociale ed economico dei Pasdaran, cercando invano di delegittimarne il ruolo simbolico e carismatico presso la popolazione. Ad oggi, l’esercito rivoluzionario rappresenta però il gruppo di potere più vicino ai cittadini iraniani poiché ne incarna le tendenze demografiche e sociali. Degli 84 milioni di abitanti presenti in Iran, un’altissima percentuale è costituita da under 35 cresciuti non nel mito rivoluzionario sciita bensì nel contesto del conflitto iracheno. I giovani iraniani hanno giovato inoltre di un sistema-paese che ha incentivato la professionalizzazione e un’educazione laica specialistica. Queste generazioni si troveranno nel giro di non molti anni a subentrare nelle posizioni apicali di Governo, posizioni ad oggi occupate dai protagonisti della Rivoluzione, figure che spesso esercitano sia funzioni amministrative che religiose.

Il contestuale cambio generazionale che coinvolge popolazione e Pasdaran consegna a quest’ultimi un accresciuto patrimonio decisionale da esercitare ai massimi livelli. Non è un caso che il Presidente iraniano Raisi, protégé dell’Ayatollah e suo probabile successore, abbia adottato nell’ultimo anno una politica pro-Pasdaran.

 

 

Il Corpo dei Guardiani possiede dunque un enorme capitale politico spendibile ai massimi livelli: non è un caso che i negoziati sul nucleare iraniano si siano interrotti, tra le altre cose, sulla questione delle sanzioni occidentali nei confronti dei Pasdaran.

L’Iran quindi si presenta oggi come uno Stato teocratico frammentato al proprio interno da sottintese dinamiche che potrebbero portare nel medio termine a scelte inedite sul piano degli equilibri interni e delle relazioni internazionali di Teheran.

Per condividere questo articolo: