Trent’anni fa il Sudafrica era visto come il Paese che avrebbe guidato l’Africa verso il progresso; perché oggi però viene percepito diversamente?
Subito dopo essere uscito dal periodo dell’Apartheid, negli anni ’90 lo Stato sudafricano sembrava avere tutte le carte in regola per ritagliarsi un ruolo rilevante all’interno del panorama economico globale: una leadership dinamica e inclusiva, una democrazia giovane e non ancora disillusa, e un’economia in forte crescita che in breve tempo portò ad un calo della disoccupazione e ad un aumento della produzione di capitali.
Lo sforzo politico, sociale ed economico fatto dalla popolazione sudafricana, che portò contestualmente ad un miglioramento generale delle condizioni del Paese, venne di fatto certificato dall’ingresso del Sudafrica all’interno dell’organizzazione intergovernativa del BRICS, creata e composta dalle maggiori economie, all’epoca in via di sviluppo (Cina, Brasile, India e Cina), con lo scopo di creare una rete commerciale globale parallela a quella incentrata sul dollaro americano.
Da quel momento in poi però gli indicatori economici del Paese hanno iniziato a registrare cali continui di anno in anno, fino ad arrivare alla stagnazione attuale del PIL, la cui crescita nel 2023 è stata appena dello 0,1%. È inopinabile dunque affermare che il Sudafrica ha disatteso di gran lunga le previsioni di crescita che lo riguardavano; ma com’è stato possibile il verificarsi di tale tracollo?
Probabilmente la causa è da ricercare all’interno di una classe dirigente dimostratasi incapace di quella delicatezza che un certo ruolo politico richiede, soprattutto in un Paese dal così alto potenziale economico, ma dalla storia così turbolenta segnata dalla corruzione: il Sudafrica è uno degli Stati africani con i più alti indici di corruzione politica, segno tangibile di una classe dirigente più propensa all’interesse particolaristico rispetto a quello nazionale.
Questo fenomeno è probabilmente dovuto a due fattori l’uno complementare dell’altro: un alto quantitativo di risorse da destinare ai mercati e la mancanza di una cultura unitaria d’interesse nazionale sia a livello sociale che a livello politico. In pratica, in Sudafrica sembrerebbe che tutto abbia un prezzo, morale ed etica dei politici e dei maggiori gruppi imprenditoriali compresa.
La somma fra l’apertura ai mercati globali, con l’intento di attirare su di sé investimenti esteri, e le velleità personali degli uomini che si sono susseguiti al comando della nomenclatura del Paese, ha generato però un risultato ad oggi inatteso e totalmente in controtendenza: il Paese non solo ha tassi di corruzione politica molto alti, ma presenta anche una disuguaglianza sociale la cui forbice è in costante aumento, nonché un basso indice di fiducia nelle democrazia da parte della maggior parte della popolazione.
L’economia del Paese si basa ancora troppo sull’attività estrattiva, un elemento che sta comportando sia una stagnazione del mercato interno del lavoro che un esodo di giovani professionisti attratti da mercati lavorativi diversi e più variegati; in molti casi inoltre il settore estrattivo presenta ancora grosse lacune dal punto di vista della legalità e della sicurezza sul posto di lavoro.
Il Sudafrica è il Paese dei BRICS che non ce la sta facendo, soprattutto se paragonato ai risultati economici degli altri Stati dell’Organizzazione; forse proprio da uno di questi Stati arriverà la mano tesa utile a risollevare la situazione, magari dalla Cina o dalla Russia, entrambe estremamente interessate ad espandere la propria economia e la propria influenza nel continente africano.
Il Sudafrica probabilmente non vorrà rinunciare alla sua egemonia economica locale e per questo forse si lascerà aiutare da questi possibili partner; il prezzo però potrebbe essere un pezzo delle sue libertà nelle future scelte economiche nazionali. È noto infatti il meccanismo, messo in pratica ad esempio dalla Cina, attraverso il quale alcuni Paesi si assicurano partnership commerciali ed economiche per loro iper-vantaggiose attraverso aiuti economici ed infrastrutturali a Stati in declino o in crisi.
Il Sudafrica ha già pagato in passato scelte impostegli da potenze estere, e forse potrebbe risuccedere.