I Tre Giorni Dopo La Fine: la recensione

La tragedia di Fukushima viene raccontata in una miniserie di otto puntate; ma è in grado di affondare il colpo dove è necessario?

 

 

Quando si tratta di film o serie tv, spesso i più tragici eventi della storia recente vengono romanzati o stravolti per presunte esigenze di spettacolo. Si tratta di una pratica in grado di causare gravi conseguenze, visto che ormai la gente apprende le nozioni dalla tv piuttosto che dai libri di storia. I Tre Giorni Dopo La Fine è uno di quei prodotti a metà fra verità e finzione che sotto una patina di buoni propositi potrebbe alla fine mascherare un’operazione di comodo.

Solo i giovanissimi non hanno vissuto gli eventi legati allo tsunami del 2011 che ha colpito le coste del Giappone settentrionale, causando migliaia di morti, la distruzione di interi insediamenti costieri e provocato una devastante fuoriuscita di materiale radioattivo dalla centrale nucleare di Fukushima. I Tre Giorni Dopo La Fine si propone di raccontare proprio la storia di coloro che tentarono di evitare conseguenze peggiori ed irreversibili sul luogo del disastro.

 

 

L’attenzione è posta sui lavoratori della centrale, isolati dal mondo dopo lo tsunami e alle prese con una serie di emergenze concatenate dagli esiti potenzialmente apocalittici. Vedremo le loro difficoltà, vivremo le loro paure, condivideremo le loro talvolta eroiche azioni.
Durante la visione alegga sicuramente un’aura di tensione, ma non c’è mai un momento sguaiato, ostentatamente eccessivo o apparentemente fuori posto.

Analogamente a Chernobyl, I Tre Giorni Dopo La Fine non è un romanzo corale ma durante il suo svolgimento incentra la sua attenzione su pochi personaggi chiave. Nel caso specifico, l’attenzione è puntata sul direttore della centrale di Fukushima, interpretato da Koji Yakusho, sul capoturno del reattore 3, interpretato da Yutaka Takenouchi, e sul Primo Ministro giapponese, interpretato da Fumiyo Kohinata; intorno a costoro ruotano numerose figure minori, ognuna con un ruolo ed un’importanza ben precisa, ma che non sono dettagliatamente approfondite.

 

 

La serie viene fortemente filtrata attraverso le lenti della cultura locale: sebbene si noti chiaramente un’impostazione che strizza l’occhio al pubblico occidentale, è innegabile il fatto che molte situazioni, reazioni, comportamenti e decisioni sono maggiormente comprensibili tenendo a mente come funziona la società giapponese. Se una sua conoscenza perlomeno basilare aiuta in tal senso, I Tre Giorni Dopo La Fine è comunque pienamente godibile anche da un pubblico scevro da tali nozioni.

Quello che però convince poco è l’apparente tentativo di alleggerire la responsabilità della Tepco, la società privata che all’epoca gestiva la centrale di Fukushima. Solo sul finale della serie è infatti presente una critica comunque non approfondita, mentre la maggior parte della responsabilità sul caos di quei giorni sembra essere addossato al Governo giapponese. Tramite i lavoratori della centrale la Tepco non fa la figura che avrebbe dovuto, mentre ministri e responsabili del Governo sembrano spesso essere personaggi senza particolari qualità e privi di capacità decisionali.

 

 

Ci sarebbe da discutere su come la Tepco si sia comportata durante l’emergenza e di come invece venga presentata in I Tre Giorni Dopo La Fine; la serie ha però il merito di raccontare i dettagli ed alcuni retroscena poco noti al pubblico generalista, oltre che rendere omaggio a chi si è sacrificato per scongiurare una catastrofe ambientale ben peggiore di quella accaduta (ma della quale continuiamo a subire silenziosamente le conseguenze).

I Tre Giorni Dopo La Fine è una serie che, pur non convincendo dal punto di vista “politico” (è curioso sia stata distribuita poco prima del rilascio nel Pacifico di enormi quantità di acqua altamente contaminata da radiazioni), è in grado di coinvolgere lo spettatore ed ha uno stile narrativo sicuramente valido.

 

I Tre Giorni Dopo La Fine, 2023
Voto: 7
Per condividere questo articolo: