Una parte di Goonies, uno spruzzo di Nightmare, punta di Stand by Me e quel tanto che basta di E.T. l’extra-terrestre, mischia sapientemente, decora con un buon cast e otterrai una bellissima serie.
Stranger Things è una serie ambientata negli anni ’80, con il chiaro intento di trasmettere agli spettatori moderni le stesse sensazioni generate dai classici di Steven Spielberg e John Carpenter o dai romanzi di Stephen King.
Il 6 novembre 1983 a Hawkins nell’Indiana, il dodicenne Will Byers, interpretato dal giovane Noah Schnapp, sparisce in circostanze misteriose; allo stesso tempo in un laboratorio segreto nei dintorni della stessa cittadina qualcosa d’inquietante e misterioso avviene in un laboratorio.
Dallo stesso laboratorio, una stramba ragazzina, interpretata da Millie Bobby Brown, approfitta della confusione generata dall’incidente per fuggire e, durante la sua fuga, si imbatte nei tre migliori amici di Will: Mike, Dustin e Lucas, (rispettivamente interpretati da Finn Wolfhard, Gaten Matarazzo e Caleb McLaughlin) che si erano messi sulle tracce dell’amico svanito nel nulla.
La madre di Will, Joyce, straordinariamente interpretata da Winona Ryder, non sì da pace per l’accaduto e si aggrappa a qualsiasi traccia o segnale per ritrovare il figlio, mentre Jonathan (Charlie Heaton), il fratello maggiore di Will, inizia a indagare con Nancy (Natalia Dyer), sorella di Mike, su una misteriosa ombra che appare in una foto scattata vicino al luogo in cui si presume che Will sia scomparso.
Anche lo sceriffo Hopper, interpretato da David Harbour, segue diverse piste che si accavallano tra loro e si imbatte nelle strane cose che stanno accadendo a Hawkins.
Le ricerche di Hopper, Joyce, Jonathan, Nancy e di tutti i ragazzi convergeranno verso un’unica direzione e la storia si tingerà ancora di più di fantascienza.
In questa serie si sente tutta l’atmosfera che permeava i film degli anni ’80 che provavano a trasmettere la bellezza della fantascienza e il terrore per l’ignoto, una nostalgia di un genere di film che da tempo non si vedono sul grande schermo.
Di certo l’esperimento di trasporre in serie televisiva quello che i grandi autori sopraccitati hanno infuso nei loro lavori cinematografici è un azzardo, ma è anche pienamente riuscito.
Ho provato letteralmente la nostalgia di quei tempi, dove il mondo era più a portata di uomo, ma la vita era soggetta a quella spada di Damocle della guerra fredda.
Andare in giro in bicicletta con gli amici, giocare a Dangeons & Dragons, divertirsi con la tecnologia della radio che metteva in comunicazione mondi distanti, un paradiso per un ragazzino di 10/11 anni che si voleva sentire il mondo sotto i piedi e l’avventura in tasca.
Gli autori hanno voluto osare di più scegliendo di dotare la serie di elementi soprannaturali con un minimo di fondamento scientifico, in modo da renderla più credibile e quindi più paurosa. Ovviamente si naviga in un mondo di riferimenti teorici, nulla di pratico con cui poter interagire, ma gli spunti sono ben pensati e gradevoli non solo per i nostalgici come me, ma anche per tutta la nuova serie di spettatori che si approcciano per la prima volta a questo genere di lavoro.
Tutto sommato la trama scorre, quasi come un placido fiume in primavera; l’avventura fatta di scoperte e di suspance è ben mescolata e l’uso di più storie che si affiancano svelando dettagli che permettono allo spettatore di avere una visione d’insieme chiara è una scelta certamente azzeccata. La scoperta di quello che è accaduto è fatta a piccole dosi, lasciando sempre allo spettatore la curiosità di ipotizzare il come e il perché di quello che sta avvenendo; sembra quasi di seguire i sassolini bianchi che qualcuno ha lasciato per farsi trovare.
La storia fantascientifica è delle più classiche, i personaggi hanno un non so che di garbatamente familiare, l’ambientazione nostalgica, il mistero e l’avventura fanno di questa serie un fantastico tributo a quei classici immortali, e se ci aggiungete una ciotola di pop corn e spegnete le luci, potete quasi immaginarvi su quelle poltrone rosse davanti al grande schermo di un cinema dei tempi che furono.
Appunto interessante da fare è la buona idea di rendere autoconclusiva la stagione, che quindi può essere vista senza rimanere con dubbi ed incertezze sull’accaduto, ed ancora più interessante è la scelta di inserire, proprio nei momenti finali dell’ultimo episodio, qualche riferimento che apre nuovi scenari da approfondire.