Within Temptation – Resist: la recensione


Cinque anni dopo Hydra, la band olandese ritrova la vena creativa e dimostra di essere ancora in forma.

 

20190313 Resist1

 

Nonostante il successo degli ultimi anni, anche per i Within Temptation a un certo punto è arrivato un momento di crisi in cui faticavano a trovare idee per il nuovo album. A quanto pare la situazione è arrivata a essere tanto grave da far aleggiare addirittura lo spettro di un clamoroso scioglimento. Nel frattempo la cantante Sharon den Adel ha pubblicato un disco solista, molto più vicino al pop che al rock e soprattutto al metal. Questa esperienza deve essere stata molto “rinfrescante”, visto che ha riacceso la scintilla della creatività anche nella sua band madre.

Da qui gli olandesi sono ripartiti e hanno dato alla luce il tanto atteso successore di Hydra.

Chiariamo subito: chi sperava in un ritorno alle sonorità gotiche degli esordi rimarrà deluso. Se non vi sono piaciuti i due dischi precedenti è praticamente certo che anche Resist vi lascerà con l’amaro in bocca. Ormai i Within Temptation hanno intrapreso, sembra definitivamente, la via della forma-canzone più radiofonica e, soprattutto in questo disco, contaminata dall’elettronica; ma a mio avviso il risultato resta molto positivo.
Prima di parlare del disco però, affrontiamo brevemente la questione “stile musicale che cambia”. Sono davvero pochissimi i gruppi che negli anni mantengono sempre invariato il loro sound. L’evoluzione dello stile musicale è un processo quasi inevitabile; lo hanno fatto praticamente tutte le band del mondo, e con risultati qualitativi molto diversi.

Potremmo stare a parlare per ore se del gruppo X siano meglio i primi dischi o gli ultimi. Io stesso ho opinioni differenti che variano ampiamente da gruppo a gruppo. Forse la cosa che conta di più è il primo impatto che abbiamo con la band. Magari chi ha iniziato ad ascoltare i Metallica da Load troverà insopportabili i loro primi quattro album (!); quindi è davvero un discorso che lascia il tempo che trova. I fan dei Within Temptation legati allo stile originale del gruppo di sicuro non condivideranno il mio giudizio positivo su Resist; ma la musica è viva (per fortuna), si evolve, e noi non possiamo farci niente. Sapeste quante volte sono rimasto deluso io dalle “nuove direzioni” intraprese da molti gruppi che adoravo…

Ma passiamo al disco.

 

 

Resist ripropone la melodia più diretta che aveva già caratterizzato Hydra, ma qui l’elemento elettronico è decisamente più marcato. Niente di eccessivo a parer mio, ma le tastiere e i sintetizzatori sono i veri protagonisti stavolta. La premiata ditta familiare den Adel-Westerholt ha nuovamente tirato fuori dal cilindro ottime melodie e deliziosi ritornelli. Il prezioso contributo degli altri membri poi, ha fatto il resto. In special modo, Spierenburg è colui che in questo album ha tessuto i riff più interessanti, quelli di tastiera, vera e propria spina dorsale di Resist. Non voglio spaventare nessuno ma sappiate che in tutto il disco l’unico assolo di chitarra è quello di Raise Your Banner!

State imprecando? Lo posso capire, ma non abbiate pregiudizi; questo non è sempre e necessariamente un male se poi la qualità della musica è buona. Anche perché secondo me proprio Raise Your Banner, nonostante sia uno dei singoli, è una delle tracce meno interessanti del disco, guarda un po’! E poi, ve li ricordate One Second e Host dei Paradise Lost? Due ottimi dischi del loro periodo meno “chitarristico” e più elettronico. In Host sembravano quasi i Depeche Mode e hanno fatto comunque un ottimo lavoro.

Ma torniamo a Resist. La trascinante The Reckoning, traccia d’apertura, è la perfetta presentazione del disco, ma spiccano decisamente anche l’ottima l’intensità di Endless War e Supernova e l’irresistibile incedere di Mad World, per poi passare alle più delicate Firelight e Mercy Mirror. Meno ispirate invece Holy Ground, In Vain e la conclusiva Trophy Hunter.

In generale ritengo che Resist sia un disco estremamente godibile. Quel giusto compromesso tra l’immediatezza dei brani, che ti rimangono subito in testa già al primo ascolto, e la qualità compositiva che non si lascia andare alla banalità. Il gruppo prosegue quindi il percorso intrapreso in parte con The Heart Of Everything e palesato pienamente con The Unforgiving e Hydra; tenendosi in linea con il livello degli ultimi due album. Siamo sempre decisamente in campo metal, insomma, ma con la melodia che dirige l’orchestra. Chi non ha apprezzato tale evoluzione non può fare altro che ripescarsi Enter e Mother Earth. Prendere o lasciare.

 

Tracklist:

  1. The Reckoning – 4:11
  2. Endless War – 4:09
  3. Raise Your Banner – 5:34
  4. Supernova – 5:34
  5. Holy Ground – 4:10
  6. In Vain – 4:25
  7. Firelight
  8. Mad World – 4:57
  9. Mercy Mirror – 3:49
  10. Trophy Hunter – 5:51

 

 

Formazione:

 

Sharon den Adel – voce

Ruud Jolie – chitarra solista

Robert Westerholt – chitarra ritmica

Stefan Helleblad – chitarra ritmica

Martijn Spierenburg – pianoforte, tastiere

Jeroen van Veen – basso

Mike Coolen – batteria

 

Within Temptation – Resist, 2019
Voto: 7,5
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