Cowboy Bebop: la recensione

Vi facciamo fare un bellissimo viaggio indietro nel tempo con un’animazione d’eccellenza e che fu, all’epoca, il prodotto di punta della Sunrise.

 

Parlare di Cowboy Bebop non è affatto facile. Si tratta di una serie recentissima, prodotta dalla celeberrima Sunrise (quelli di Gundam), che tocca vertici qualitativi altissimi. Vediamo perché.

 

Un po’ di background

Deducendo dalla visione delle puntate, si può affermare che la chiave del mondo di Cowboy Bebop sta nella scoperta dello “spazio a differenza di fase”, una sorta di canale veloce per viaggiare tra i pianeti del sistema solare, accessibile attraverso speciali strutture, i Gate in orbita intorno ai corpi celesti.

Proprio l’esplosione del Gate in orbita alla Terra, che semi distrugge il pianeta, rappresenta la cesura con il passato e l’inizio dell’epoca di Cowboy Bebop. L’umanità si sparge per il sistema solare, portando con sé anche la criminalità. Dove non arriva la polizia, ecco i cacciatori di taglie, itineranti a bordo delle loro astronavi e sempre in cerca di prede.

 

I personaggi

Gli strambi membri un gruppo di cacciatori di taglie, che vivono e lavorano su una bizzarra astronave battezzata “Bebop”, sono i protagonisti di questa serie. Attenzione, però. Ciascuno nasconde un passato più o meno misterioso e spesso, nel corso delle loro avventure, i protagonisti dovranno fare, per l’ennesima volta, i conti con vecchi nemici, vecchi amori o semplicemente vecchie faccende non ancora risolte.

Insieme al rude Jet, ex poliziotto al quale l’eccessiva onestà è costata un braccio, troviamo il misterioso Spike Spiegel, con un passato di killer al soldo della mafia cinese. Faye Valentine, invece,  il suo passato lo ha dimenticato per sempre: la ragazza, ibernata prima dell’incidente del Gate, ha perso la memoria al momento del risveglio e, di fatto, non sa chi è o meglio chi fosse prima del lungo sonno. Edward, a dispetto del nome, è una giovanissima hacker, una ragazzina geniale ed (apparentemente) insopportabile. Ein, infine, è il cane del gruppo, vera macchietta, intelligentemente sfruttata dagli autori.

 

L’atmosfera

Cowboy Bebop non vi annoierà mai: ciascuna puntata, e sono molte, tocca un tema diverso, implementando ogni volta un determinato genere cinematografico. La commedia, il giallo, il film hard-boiled sui gangster, il film d’azione, il dramma ed anche il tema delle struggenti “rimembranze” del passato: tutto passa nel “frullatore” degli autori e ne esce mixato con un gusto nuovo, mai provato prima in un anime. Fanno da contorno anche un nugolo di altri personaggi, più o meno collegati al passato dei protagonisti, al centro spesso di vicende d’ogni genere, bislacche o drammatiche che siano.

Tuttavia il genio degli autori traspare principalmente dal mondo in cui i nostri eroi vivono ed agiscono, anch’esso cangiante secondo le esigenze della trama. Si tratta proprio di un “mondo”, frenetico e pulsante, fatto di gente che ha i propri affari, un’esistenza a sé, ricordi o passioni. Nessuno, neanche l’indovino che s’incontra all’angolo della strada, sta là per caso, anche se così potrebbe sembrare.

Insomma, un road movie eclettico, sempre blindato da uno stile di regia e da inquadrature perfette. Una vera goduria.

 

 

La musica

Cowboy Bebop è musica: è stata scritta ed eseguita appositamente, sotto la supervisione della bravissima Yoko Kanno (un nome noto praticamente solo agli appassionati), già autrice della splendida colonna sonora di Macross Plus.

 

La tecnica

Anche in questo campo Cowboy Bebop primeggia e senza sforzo: l’esperienza della Sunrise unita all’integrazione, discreta e mai invadente, della grafica 3d hanno prodotto un cocktail che, se non rasenta la perfezione, rappresenta comunque il massimo risultato visivo mai raggiunto da un anime.

 

Lo staff

Anime:

Director: Watanabe Shin’ichirou

Screenplay: Nobumoto Keiko

Character Design: Kawamoto Toshihiro

Mechanical Designs: Yamane Kimitoshi

Set Design: Imakake Isam

Art Direction: Higashi Junichi

Color Coordination: Nakayama Shihoko

Director of Photography: Ogami Yoichi

Audio Director: Kobayashi Katsuyoshi ( A.P.U. )

Produced by Minami Masahiko ( SUNRISE INC ) and Ikeguchi Kazuhiko (BANDAI VISUAL CO., LTD.)

 

Seatbelts (colonna sonora):

Keyboards: Kanno Yoko

Synthesizer Manipulation: Urata Keishi

Drums: Sano Yasuo

Bass: Watanabe Hitoshi

Guitar: Imahori Tsuneo

Percussion: Misawa Mataro / Oishi Marie / Okabe Yoichi

Voices: Tim Jensen

Saxophone: Yamamoto Takuo / Koike Osamu / Honda Masato / Fuchino Shigeo

Trumpet: Araki Toshio / Hayashi Yusuke / Nishimura Kouji

Trombone: Murata Yoichi / Hirohara Masanori / Yamashiro Junko

Flute: Takakuwa Hideoyo / Iwasa Kazuhiro / Hayashi Mika

Tuba: Sato Kiyoshi

Strings: Shinozaki Masatsugu

 

 

Vederlo

Paradossalmente è facile: niente lunghe attese, ben note all’appassionato di animazione, nella speranza che un editore nostrano lo compri e lo doppi. Non solo: mamma Dynamic ha già provveduto alla bisogna, ma addirittura MTV vi permette di goderlo in prima serata!!!

Un evento storico! Mai in Italia si era vista una cosa del genere: un anime recentissimo che va in onda in prima serata, in un panorama di produzioni non idonee all’infanzia, mutilate dai censori a difesa dell’infanzia stessa. Speriamo che non si tratti di un caso isolato.

 

Il doppiaggio

È al livello della serie ed uno dei migliori che abbia mai sentito. Non solo è ben realizzato, sfruttando tra l’altro un cast numeroso e vario, ma gode di quella virtù che raramente si concede agli adattamenti: è appropriato all’atmosfera della serie. Non troverete voci fuori posto o personaggi resi detestabili da un’ugola fuori luogo. Un lavoro da grossi professionisti, considerando anche la fondamentale importanza sia dell’adattamento dei testi tradotti, che dell’interpretazione degli attori incaricati di dare voce ai disegni. In un anime, infatti, la gamma espressiva dei volti, ridotta dalla natura “disegnata” degli stessi o dalle inquadrature a distanza, viene necessariamente integrata dalle voci dei doppiatori. Si tratta di un aspetto molto curato in Giappone, dove i doppiatori spesso sono veri e propri “aidoru” (idol) che cantano le canzoni della serie.

 

Un giudizio

Non può che essere il più lusinghiero esprimibile, sotto ogni punto di vista: la trama, la regia, l’adattamento ed il doppiaggio. Sfido chiunque a trovare una debolezza in questo gioiello: dovreste odiarlo a pelle per evitare di vederlo!

Cowboy Bebop, 1998
Voto: 8
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